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Le tombe dei Giganti sono monumenti funerari caratteristici della civiltà
nuragica, una civiltà nata in Sardegna nella prima età del Bronzo, nasce intorno
al secondo millennio a.C. e si prolunga fino al II secolo d.C. Nella sua
esistenza questa civiltà viene in contatto e influenzata da altre culture
estranee all’isola come quella fenicia, punica e romana.
Da questo popolo non ci sono pervenuti dipinti o libri (in quanto non
conoscevano la scrittura) ma bensì opere architettoniche come i nuraghi (da cui
la civiltà prende il nome). Queste erano delle torri con una funzione abitativa
e militare, posto a difesa e a dominio di un territorio. Altri monumenti di
epoca nuragica sono i pozzi sacri, edificati con una tecnica chiamata megalitica
e dedicati al culto delle acque attorno ai quali si sviluppavano o dei villaggi
o un santuario, ed infine le TOMBE DEI GIGANTI, chiamate così dalla fantasia
popolare per via delle loro dimensioni ciclopiche, questi erano invece dei
monumenti funerari, una sorta di gigantesca tomba del villaggio, non una tomba
reale o principesca come si può pensare e tanto meno dei titani. Erano delle
tombe collettive che potevano contenere fino a 200 defunti.
Attualmente le tombe dei Giganti conosciute sono circa 321.
Esse si compongono di una lunga camera funeraria che termina solitamente con un
abside ed è coperta da lastre di pietra disposte orizzontalmente. Naturalmente
la pietra usata è il basalto, che nel territorio è facile da rinvenire.
L’elemento più spettacolare è la facciata, al cui centro si trova la stele, una
lastra di pietra disposta in verticale con una cornice rotondeggiante; ai lati
della stele sono disposte delle lastre più basse che formano un arco detto
esedra che delimita un’area destinata al culto. Dietro la facciata stava un vano
rettangolare coperto di lastroni e costituito da filari di pietre. Questo tipo
di stile appena descritto viene chiamato stile dolmenico-ortostatico. Esso si
prolunga durante tutto il Bronzo Medio nella Sardegna centro-settentrionale, al
contempo nella Sardegna centro-meridionale fa la sua apparizione un altro tipo
di tomba dei giganti. La struttura di quest’ultima viene detta “nuragica”. In
essa troviamo sempre la sagoma rettangolare con esedra (portico semicircolare)
ma sparisce il tumulo. Nell’esedra inoltre non c’è più la stele o altro tipo di
ornamento, ma questa rimane un nudo muro concavo a file di pietra.
Spesso di fronte alla facciata della tomba dei giganti è presente un piccolo
menhir, chiamato in sardo betile. I betili, simboli fallici di fertilità, sono
simili a piccoli coni di pietra sui quali talvolta sono scolpite piccole
mammelle o due occhi: i betili mammellari simboleggiano l’unione della divinità
maschile e quella femminile per riaccendere la vita dei defunti, i betili con
occhi rappresentano delle divinità a protezione dei defunti.
Il culto dei morti si basava sulla coppia divina Dea Madre- Dio Toro, la prima
era la divinità della vita mentre il secondo era la divinità protettrice dei
morti, per questo la forma delle tombe, la facciata semicircolare unita al
corridoio, aveva una aspetto taurino.
Inoltre lungo il semicerchio, all’esterno, vi sono alcuni sedili in pietra sui
quali gli abitanti dei
villaggi dormivano per comunicare con i morti attraverso i sogni: questa
esperienza era la pratica dell’incubazione (dal latino incubo che significa
dormo).
I morti comunque prima di essere deposti in queste tombe venivano ridotti allo
stato di scheletro; questo lo si sa grazie ad alcune ossa rinvenute sulle quali
possiamo trovare delle incisione, come delle raschiature.
Queste tombe rappresentavano per cui il punto di contatto dei vivi con gli
antenati. I defunti venivano deposti attraverso un rito secondario, per il
portello, nella lunga camera sepolcrale ricoperta dal tumulo. Si crede anche che
queste tombe non venissero aperte alla morte di ogni componente del villaggio ma
bensì bisognava raggiungere un certo numero prima di decidere di incominciare il
rituale. Queste sono delle supposizioni di cui gli storici non hanno certezza.
Aristotele tramanda i riti incubatori e propiziatori praticati dai Sardi, che
duravano lunghi giorni, al fine di riottenere la salute mentale, avere presagi
per le decisioni importanti o per il progresso del clan.
Alla fine comunque molte sono le cose che si ignorano di questa civiltà e del
loro culto.
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