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La viabilità
medievale: eredità romana e trasformazioni
L'età romana lasciò in eredità al Medioevo una
rete impressionante di strade distesa su tutta l'Europa e con maggiore fittezza
in Italia, strade prevalentemente diritte, razionali, che sfruttavano la linea
più breve fra un capolinea e l'altro, selciate di pietre durissime e resistenti
(calcari, trachiti) oppure formate da massicciate di ghiaia, strade create, per
la verità, per le esigenze degli eserciti o del servizio postale dello Stato. Il
Medioevo si trovò impari di fronte a questa e ad altre eredità della civiltà
romana: le strade selciate, in particolare, erano scomode per gli animali da
tiro, che scivolavano sui lisci bàsoli, e anche per i cavalli, i cui zoccoli non
ferrati si consumavano rapidamente. Senza considerare poi che a una strada
selciata lasciata senza manutenzione è a volte preferibile una in terra battuta
mantenuta in uso dal passaggio continuo: le buche che si aprono con la
disselciatura di alcuni blocchi vicini rendono difficoltoso il transito degli
animali da soma e pericoloso quello dei carri; quando poi il dissesto idraulico
delle pianure ricoprì periodicamente di strati di fango i rettifili dei Romani,
nascondendoli alla vista e pian piano anche all'uso e infine alla memoria
collettiva, si aprì la strada alla nascita di nuovi percorsi, più funzionali
alle esigenze medievali.
Agli uomini di allora non interessava raggiungere per la via più breve e diritta
due grandi città, ma piuttosto toccare gli insediamenti principali del
territorio, cercando nella vicinanza dei propri simili aiuto e assistenza,
sostentamento e sicurezza dai malviventi. Anche la posizione dei monasteri
condizionava a volte i percorsi per la forza di attrazione che questi avevano
nei confronti dei viandanti; così il sorgere per motivi politici di castelli o
insediamenti fortificati attraeva le strade vicine, causando l'aprirsi di
bretelle di collegamento che magari a poco a poco sostituivano il percorso
principale.
Di rado le vie medievali erano vie costruite e non piuttosto sentieri creati dal
passaggio continuo di carri, animali e pedoni e comunque quando si decideva di
aprire e pavimentare una strada si usavano materiali locali, lastre di arenaria,
mattoni posti di coltello "a spina di pesce" e altri di facile reperimento e
poco costosi; ci si limitava generalmente, comunque, alla selciatura di brevi
tratti, quelli che ad esempio presentavano problemi di scolo delle acque.
Anche il tracciato generale di una strada era sempre attento ad evitare i
fondovalle o le pendici franose dei monti appenninici, preferendo le dorsali, i
crinali, che permettevano anche sempre una visione panoramica per ampi tratti
attorno, diminuendo così il pericolo di imboscate; e comunque, il generale
spostamento verso l'alto degli abitati, verso sproni, cucuzzoli, crinali,
attirava verso l'alto anche le vie di comunicazione, non solo quelle di portata
locale, ma anche quelle trans-regionali.
Un'altra importante componente delle strade erano i ponti, manufatti
tecnicamente raffinati ed esposti nelle regioni italiane che trattiamo alle
piene disastrose dei torrenti appenninici; erano quindi, quando costruiti in
legno, esposti a frequenti rifacimenti e se in muratura, a riparazioni più
costose e difficili. Anche per queste difficoltà le strade medievali preferivano
i crinali, dove non c'erano attraversamenti di ruscelli, e scavalcavano solo se
indispensabile i fiumi. Le bizzarre architetture dei ponti a schiena d'asino
medievali, con archi disuguali, arditi al di sopra di torrenti schiumosi,
valsero loro spesso il nome di "ponte del diavolo", come quello famoso di
Bobbio.
Anche i fattori tecnici legati ai mezzi di trasporto avevano la loro parte nel
determinare l'aspetto delle strade: nel Medioevo si viaggiava a piedi, o per
compiere un pellegrinaggio o per povertà, e anche perché la Chiesa lo riteneva
il mezzo di viaggiare più virtuoso, oppure su bestie da soma, asini e muli, che
permettevano anche di caricare un po' di bagaglio; spesso il trasporto di
materiale o il traino di carri anche per passeggeri era affidato ai buoi
(compatibili però solo ai trasporti di pianura), che aggiogati in coppie avevano
un'andatura lenta ma erano facili da governare, percorrevano solo una quindicina
di km al giorno ma permettevano il trasporto di molto più peso degli animali da
soma.
Il cavallo era il mezzo di trasporto per eccellenza dei nobili, laici ed
ecclesiastici, e un vero status symbol, ma la sua velocità e robustezza erano
controbilanciate dalle maggiori esigenze in fatto di cibo, dalla maggiore
delicatezza e sensibilità alle malattie e dalle maggiori spese che imponeva.
Finché infatti gli uomini si nutrirono principalmente di cereali inferiori e non
del più pregiato frumento, il cavallo fu concorrente dell'uomo
nell'alimentazione e fu quindi considerato un vero animale di lusso. La sua
maggiore diffusione nel basso Medioevo, a seguito dell'estendersi delle colture
e del maggiore uso di frumento nell'alimentazione umana, permise una maggiore
velocità dei trasporti e di conseguenza una maggiore diffusione delle merci
deperibili, come pesce e verdure, e un più alto tenore di vita diffuso.
I mercanti viaggiavano con le loro mercanzie su pesanti carri trainati da buoi e
su carretti leggeri viaggiavano le dame più ricche o le persone anziane di
riguardo. Non occorreva perciò che le strade fossero così regolari e progettate
come quelle romane: bastava che fossero sentieri o carrarecce a malapena segnate
dal passaggio, magari inghiaiate o acciottolate o pavimentate con mattoni a
spinapesce nei punti dove ristagnava maggiormente l'umidità e si formavano pozze
d'acqua e fango .
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