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Mercanti, artigiani e borghesi lungo le strade e
nelle città
La prima caratteristica del commercio era la
presenza di fiere nata nel mercato locale dove l'economia demaniale smaltiva i
suoi surplus, dove ci si poteva procurare alcuni prodotti artigianali e dove a
volte si scambiavano le derrate alimentari in ambito interregionale; alcuni di
questi mercati diventarono luoghi di incontri temporanei, a data fissa, delle
carovane dei mercanti. L'organizzazione generale di queste fiere poneva diversi
problemi; bisognava in primo luogo proteggere sulle vie dell'occidente, tutti
quelli che venivano o tornavano con le loro mercanzie e le loro ricchezze,
accordar loro un salvacondotto; sorvegliare le transazione e verificare che la
sicurezza dei mercanti fosse rispettata durante le fiere; era il compito delle
guardie che ebbero un po' alla volta una funzione di giurisdizione contenziosa.
Restava anche la questione dei pagamenti; questi non erano regolati
immediatamente; dopo le vendite avevano luogo delle compensazioni, una verifica
dei conti; chi aveva più venduto che comprato riscuoteva la differenza; chi
aveva più comprato la sborsava. Le attività di scambio attirano perciò
l'attenzione su un secondo carattere della ripresa commerciale che influenza
direttamente la vita quotidiana: l'uso degli strumenti di pagamento e della
moneta. Ma se la moneta diffusa dalla città e dai mercanti si afferma sempre di
più in campagna rivoluzionando più o meno la vita contadina, per i mercanti si
pongono altri problemi, in particolare la difficoltà di trasportare grosse somme
sulle strade, di utilizzare monete diverse secondo le regioni in cui si spostano
o di riunire somme considerevoli.
Il mercante comunque è considerato male dalla chiesa e resta come una specie di
fuorilegge; ha una mentalità razionalista di organizzatore metodico, che
calcola, computa, prevede, spiega tutto per via di ragione; esige un
insegnamento molto diverso da quello che si riceve nelle scuole o nelle
università, sotto il controllo dei chierici. La città e la vita cittadina:
All'epoca del basso impero l'occidente è disseminato di città; 1200 anni più
tardi è pure urbanizzato; tuttavia tra queste due date le città hanno assunto un
aspetto completamente diverso, anche se certe hanno conservato la stessa
posizione e hanno un numero di abitanti e una superficie paragonabili. La
trasformazione è cominciata nel secolo III, sotto l'imperatore Aureliano; la
città romana, largamente aperta sulle campagne è stretta dentro una cinta di
bastioni spesso tirati su frettolosamente con le pietre degli edifici distrutti.
Solo il centro di questa città ha potuto quindi essere protetto e le periferie
non difese, spopolate per il decremento demografico e perché i grossi
proprietari si sono ritirati sulle loro terre, sono state devastate e
abbandonate.
L'Italia stessa dove 5 città su 6 sono di origine romana e sedi vescovili, vede
un po' alla volta cambiare la loro funzione, la composizione della loro
popolazione a anche il loro tessuto urbano. Nel medioevo non sempre è facile
distinguere una città da un villaggio, prescindendo dalle città dove si trovano
i vescovi, che sono facilmente identificabili. Gli agglomerati devono presentare
un certo numero di caratteristiche per essere veramente considerati come
cittadini; non si contrappongono in modo assoluto alla campagna, poiché
includono numerosi campi, frutteti, giardini, granai, stalle e molti dei loro
abitanti continuano a svolgere attività rurali; e nemmeno il muto che li
circonda è tipico, perché ci sono dei villaggi fortificati; tuttavia esso separa
dalla campagna, protegge dagli attacchi; seleziona gli ingressi delle persone
come delle merci, obbliga gli abitanti a stringersi a pigiarsi, soprattutto in
periodo di sviluppo demografico o economico, a fare sopraelevazioni, a far più
ponti che chiese. Miniature, incisioni, quadri, sigilli, anche meglio delle
città medievali quasi intatte che si sono conservate, mostrano come queste città
apparivano alla popolazione: un ammucchiarsi di torri e di campanili all'interno
di una solida muraglia, il tutto arieggiato qua e là da numerosi giardini. Le
strade erano animate di continuo, dall'alba al crepuscolo, tanto più che la
maggior parte dei poveri, dei bambini e delle donne, male alloggiati in
abitazioni molte ristrette, vi scendevano a giocare, a chiacchierare con i
vicini, a fare qualche spesa, ad ammirare lo spettacolo costantemente offerto
dai negozianti, dai clienti, dai signori o dai chierici e dalla folla eterogenea
dei passanti. La città non è caratterizzata solo dal suo aspetto esteriore e
dalla vita della popolazione che ospita fra le sue mura; ma ancor più, dallo
statuto dei suoi abitanti, dal suo diritto che giuridicamente li differenzia da
quelli della campagna o da quelli della tradizionale società di classi.
Le popolazioni cittadine, minoritarie in un mondo amministrato dal signore, su
un suolo che gli appartiene, esercitano tanto attività rurali, pagandogli dei
diritti, come parzialmente artigianali o commerciali, versando dei tributi, dei
pedaggi, dei telonei; sono sottoposte alla sua giustizia, subiscono l'effetto
delle sue guerre e si sentono tanto più isolate in quanto costituiscono dei
nuclei densi e dinamici la cui solidarietà è accresciuta dalla muraglia che li
pigia gli uni contro gli altri pur proteggendo le loro ricchezze. Una volta
riconosciuta l'esistenza del loro comune e dell'assemblea costitutiva e
autorizzata la gestione di una parte dei loro interessi, molte di queste città
si limitano a farsi accordare e garantire alcuni diritti, il diritto di
percepire certe tasse, l'autonomia della bassa giustizia e qualche libertà
economica. Dalla più umile alla più facoltosa le città occidentali possiedono
così la loro assemblea deliberante e il loro organismo di gestione: il
consiglio, diviso talvolta in commissioni specializzate o indipendenti. Entro la
cerchia delle sue mura e nel suo distretto cittadino, il consiglio cumula un po'
alla volta la maggior parte dei poteri compatibili con quelli che si è riservato
il principe; la polizia, per esempio, per regolamentare il porto d'armi, gli
assembramenti illeciti, per proteggere la sicurezza delle passeggiate notturne,
fare applicare il coprifuoco.
Gli obblighi militari sono molto numerosi e pesanti; il cittadino è tenuto a
prestare servizio ma può farsi sostituire se il sorteggio lo designa per la
mobilitazione; senza di che non potrebbe dedicarsi alle sue normali attività.
Per quel che riguarda gli artigiani, si nota fino al secolo XIV un apparente
rafforzarsi delle corporazioni, cioè delle associazioni di lavoratori che
esercitano lo stesso mestiere e che si impegnano sotto giuramento a osservare le
prescritte norme e a rispettare l'autorità dei giurati che esercitano la
sorveglianza. Questi mestieri come altre persone giuridiche, avevano una cassa,
un sigillo degli emblemi. La loro origine è oscura; nessun legame dimostrabile
coi collegia romani; invece notevole influenza, in molti casi, delle
confraternite cioè associazioni di carità e mutuo soccorso. In generale il più
delle volte il laboratorio è piccolo e serve anche da bottega per lo smercio
della produzione; apprendisti e valletti pranzano col maestro e con la sua
famiglia per perdere meno tempo; di qui un carattere familiare molto marcato e
molto arcaico nei rapporti tra i lavoratori. La divisione interna del lavoro è
scarsa: il medesimo operaio fabbrica il medesimo oggetto dalla materia grezza
fino alla completa finitura; in compenso è grande a livello di mestiere.
Concludendo si può quindi dire che la società medievale era raggruppata per
categorie, secondo l'ordine voluto da Dio, e fortunatamente mantenuta ancora nei
vari legami delle molteplici solidarietà ne doveva essere definitivamente
frantumata.
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