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I viaggi nel medioevo
di Claudia Giacomazzi

Alzi la mano chi in vita sua non ha mai sentito il desiderio di viaggiare, di esplorare nuovi lidi, mari lontani, o luoghi inesplorati. A volte si cercano posti incantevoli, paradisi fatti di oasi, palme e spiagge da sogno! Ma, a volte, se ci allontaniamo di pochi chilometri dalle nostre città, ci accorgiamo che esistono dei piccoli paradisi, anche senza attraversare gli oceani con aerei o navi! E per quelli che viaggiare non possono, c'è sempre la fantasia, che permette di compiere dei voli incredibili...
Siamo abituati a percorrere lunghe distanze in poco tempo... ma nel medioevo che cosa succedeva? Chi viaggiava? Quali erano gli itinerari preferiti? Quanto costava?.. A questi e ad altri interrogativi cercheremo di rispondere in queste pagine, che tentano di riscoprire un tema, quello del viaggio, da sempre caro un po' a tutti, non solo ai viaggiatori, ma anche ai letterati, ai filosofi, ai musicisti..
Sicuramente la maggior parte dei viaggiatori del medioevo non si spostava per motivi turistici, ma le esigenze erano varie comunque. In realtà erano innumerevoli i viaggiatori che si spingevano da una parte all'altra del mondo allora conosciuto, affrontando spesso pericoli e insidie, ma non per questo rinunciando a viaggiare.
Nel 1200 ci si muoveva quasi sempre a piedi su strade o sentieri di pessima qualità; soltanto i capi militari, i funzionari e i vescovi si spostavano a cavallo, di solito con un seguito di soldati. Oltre al cattivo stato delle strade, bisognava fare i conti con l'insicurezza del viaggio e con l'eccessiva quantità di pedaggi che venivano richiesti in ogni occasione per recarsi da un paese all'altro, per attraversare una valle, una città o un ponte. Per sicurezza si viaggiava solo di giorno, in gruppo, cambiando spesso strada. Si procedeva lentamente. Le merci venivano trasportate da animali da soma o da carri, che percorrevano dai 25 ai 30 chilometri al giorno se la strada era pianeggiante; i corrieri imperiali o i messaggeri dei conti riuscivano a percorrere a cavallo anche 60km al giorno. Chi invece si spostava con una certa tranquillità erano i pellegrini.
E’ noto che il Medioevo sia stata un’età di grandi spostamenti, in grado di esercitare una forte capacità omogeneizzante dei suoi tanti particolarismi. Individui di ogni strato sociale intraprendevano viaggi, più o meno lunghi ed impegnativi, rispondendo a sollecitazioni di varia natura, dettate da esigenze economiche e professionali, disegni di potere, afflati spirituali, ma anche dal semplice desiderio di conoscenza “. Pensare quindi che in una società come quella medievale, la maggior parte della gente restasse ferma per tutta la vita in un unico luogo, senza viaggiare mai, non è altro che uno dei tanti preconcetti su questo periodo storico.
Si trattava soprattutto di armati, pellegrini, monaci, mercanti, poveri laboriosi, disoccupati in cerca di lavoro, giovani apprendisti, venditori, schiavi, trasgressori della legge, lebbrosi e naturalmente anche i briganti… con ruoli spesso intrecciati.
Per esempio, l’articolata denominazione di un tratto viario del torinese, indicato in una fonte come strata publica peregrinorum et mercatorum, suggerisce ad esempio di evitare sia classificazioni legate a specificità di fruizione, sia di configurare, fra gli utenti, ruoli rigidamente distinti. Talvolta, i mercanti tentavano infatti di confondersi con gruppi di pellegrini per eludere il versamento di tariffe doganali ed altre forme di esazione . Al tempo stesso, chi intraprendeva un pellegrinaggio non era sempre mosso da profonde e personali convinzioni religiose. E’ il caso dei pellegrini ‘vicari’, ovvero di coloro che a pagamento svolgevano viaggi salvifici per conto di terzi (una sorta di mediazione dunque fra pellegrinaggio e commercio), o dei pellegrini ‘forzati’, penitenti ai quali il pellegrinaggio era stato imposto da confessori, inquisitori o anche giudici civili per espiare peccati contro la fede o per punire crimini compiuti contro il bene pubblico.


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