LA PENTECOSTE EBRAICA
di Lorenzo Pallini |
|
Fra la feste ebraiche bibliche più
importanti in assoluto, è nota con il nome di Shavuoth.
La sua celebrazione ricorre fra maggio e giugno ed era in origine una
festa agricola che coincideva i con l’ inizio della mietitura e la prima
raccolta di frutta e vegetali.
I contadini ringraziavano Dio per sette settimane con l’ offerta di
primizie, contate partendo dal giorno dopo la Pesah ( festa di
liberazione dalla schiavitù egizia ); al cinquantesimo giorno
terminavano le offerte portando due pani lievitati per famiglia,
preparati solo con fior di farina, ad un rito collettivo in sinagoga.
Cita la Bibbia:
“Conterai sette settimane; da quando si metterà la falce nella messe
comincerai a contare sette settimane. Conterete cinquanta giorni fino
all' indomani del settimo sabato e offrirete al Signore una nuova
oblazione. Porterete dai luoghi dove abiterete due pani per offerta con
rito di agitazione, i quali saranno di due decimi di efa di fior di
farina e li farete cuocere lievitati; sono le primizie in onore del
Signore” (Levitico 23, 15- 17). Da qui il nome Shavuoth, significante
proprio “settimane”, ed il nome alternativo Atzeret, conclusione. D’
altronde Pentecoste deriva dal greco “cinquanta”.
Dal II secolo d. C., a diaspora già avvenuta, si diffuse invece presso
gli ebrei una concezione più matura e profonda di questa festa, che
divenne la ricorrenza della consegna delle Tavole della Legge a Mosè sul
Monte Sinai.
Si mantennero anche le tradizioni precedenti, ma il significato della
ricorrenza cambiò radicalmente. Ora la pentecoste era divenuta scopo e
compimento della Pesah ed il premio per gli anni di schiavitù in Egitto:
tutte le sofferenze passate e tutti i miracoli compiuti per liberare il
popolo d’ Israele non erano altro che la preparazione ad un avvenimento
ben più importante, la consegna della Torah (legge).
Così, nel giorno di Pentecoste gli ebrei ricordano il patto di Alleanza
con Dio, suggellato con i Dieci Comandamenti; i quali non sono una
limitazione alla libertà umana, bensì un aiuto ed un sostegno nella
vita.
A questo proposito, molti rabbini paragonano la Torah alle ali della
colomba:
secondo una nota leggenda, la colomba andò dal Signore a lamentarsi: un
gatto la cacciava e lei era obbligata a correre tutto il giorno sulle
fragili zampine. Impietosito, Egli le donò un paio d’ali.
Poco dopo però la colomba tornò dal Creatore: quelle ali pesanti erano
un fardello da portare nella corsa. Ma Egli le rispose: “Non ti ho dato
le ali perché tu le porti addosso, ma perché le ali portino te”.
La liturgia si arricchì, e il rituale cominciò a prevedere la lettura di
determinati passi biblici:
la parashah ( Esodo, 19-20 ), racconto della consegna della Legge; l’
haftarah ( Ezechiele, 1-3, 12 ), visione dello splendore con cui Dio si
è rivelato; il rotolo di Rut (Rut, 2, 12 ), che racconta la scelta di
una straniera di appartenere al popolo ebraico, simbolo della
conversione; il tiqqun, che significa riparazione, miglioramento.
Nella notte poi viene letta la Torah in casa e in sinagoga, con modalità
diverse da comunità a comunità. Lo studio e la lettura della Legge non
sono però fine a se stesse: secondo alcune dottrine, questa lettura
aiuta moltissimo il vero compito dell’ ebreo, che consiste nel
miglioramento del mondo creato appositamente imperfetto da Dio.
Tra l’ altro, la Pentecoste cristiana coincide con quella ebraica. Non
c’è relazione diretta fra le ricorrenze, ma i simboli utilizzati per
indicare la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli ( forte vento e
lingue di fuoco ) ricordano molti quelli utilizzati dagli ebrei per
testimoniare la presenza di Dio sul Sinai.
Questo a sottolineare ancora una volta la derivazione ebrea del
cristianesimo. |