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Attorno al VII secolo a.C., a Corinto, gli artigiani iniziarono a creare di vasi
con delle tecniche molto particolari. Su questi vasi venivano rappresentate
delle sequenze di animali. Tutte le figure venivano riprodotte con il colore
nero, con incisioni e continue decorazioni sui lati del vaso: questa tecnica
viene detta TECNICA A FIGURE NERE.
I Corinti esportavano i loro vasi in tutte le colonie greche, specialmente in
Italia meridionale.
Questi vasi venivano utilizzati per contenere olii profumati e balsami.
Le testimonianze che si possono osservare oggi, non solo nel museo di storia da
noi visitato, sono state raccolte grazie a un collezionista dell’ ottocento che
si chiamava Sartorio e faceva parte di una famiglia borghese triestina.
Alla sua morte, Sartorio decise di donare tutta la sua collezione al museo
civico di Trieste.
Grazie a questi reperti si sa che ad Atene, i greci svilupparono una nuova
tecnica che donava più movimento alle figure: LA TECNICA A FIGURE ROSSE.
Assi iniziarono a rappresentare scene chiuse e non più continue raffigurando non
solo animali ma anche e principalmente uomini.
Ad Atene si sviluppò molto il colore della pittura che variava a seconda di
quanto ossigeno veniva introdotto nel forno durante la cottura.
Il colore nero veniva ricavato dal fumo del forno che si attaccava al vaso
grazie a una sostanza che lo ricopriva.
Questa tecnica ebbe la sua massima espansione tra il VI e il V secolo a.C.
Questi vasi venivano creati dai vasai (ceramisti) e successivamente dipinti dai
pittori (ceramoi) in uno specifico quartiere chiamato Ceramico che darà il nome
ai vasi in ceramica.
A Ceramico tutti gli artigiani si aiutavano l’un l’altro senza rivalità e
ostilità.
Nel VI secolo ebbe la meglio la tirannide che venne amata dal popolo ma odiata
dagli aristocratici.
Pisistrato, re dei tiranni, venne cacciato dagli aristocratici ma ritornò in
seguito con il nome di Ercole. Ercole è famoso nelle sue leggende per la sua
forza e per la sua semi-divinità. Nel V secolo venne al potere Pericle che
ripristinò l’aristocrazia.
In questo periodo ogni vaso aveva un suo utilizzo: l’Anfora e l’Oinocoe
contenevano il vino, le coppe servivano per bere, l’Idria è il tipico vaso che
conteneva l’acqua presa dalla fonte della città, ecc…Il cratere era un vaso con
una grande bocca.
Ai suoi lati venivano rappresentate delle persone distese sulle clinai, che
ascoltano un, etera (donnetta) che suona il flauto. A volte veniva rappresentato
“Bacco o Dioniso”, stesso nome del dio del vino.
Il cratere era tipico del Semposio, un banchetto in cui si beveva vino diluito
con acqua: era un luogo di incontro per parlare e “filosofare”, ma anche per
essere in dolce compagnia delle Etere. Durante questi banchetti, le mogli
restavano nel Gineceo, secondo piano della casa in cui le donne sposate
passavano la giornata.
In questi banchetti c’era un gioco particolare: il Cottabos.
Questo gioco consisteva nel far girare la coppa su un dito attraverso un buco
posto nel piede della coppa. Lo scopo era lanciare il fondo del bicchiere contro
un bersaglio posto al centro della sala. Questi vasi vennero esportati
successivamente in Etruria, attuale Toscana e alto Lazio.
Tra questi vasi c’era anche l’Anfora Panatenaica che veniva consegnata al
vincitore dei giochi di Atene. Al suo interno c’era l’olio alimentare degli
Olivi Sacri di Atene.
Nella collezione ottocentesca c’è anche un bicchiere d’argento con la
rappresentazione di un animale. Venne recuperata nelle colonie greche del Mar
Nero.
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