Improvvisa invasione dei Visigoti
di eleonora iona


 

C’era un gran temporale quella notte.
Non riuscivo a prendere sonno,ero una ragazzina di pressappoco 11anni e non avevo paura dei tuoni come le altre bambine ricche e viziate della mia epoca.
Poiché non riuscivo a chiudere occhio mi affacciai alla finestra e guardai più lontano che potei. Con lo sguardo scorsi le porte della mia città, Roma.
Stavo per fare un grande sorriso nel vedere la maestosità della città ma subito quel sorriso fu soffocato da grandi urla.. le porte della città si spalancarono, una massa scomposta di persone armate che non aveva nulla a che fare coi romani iniziò a bruciare case e uccidere i soldati che avrebbero dovuto sorvegliare quelle mura.
Donne che fuggivano piangendo e cercando disperatamente i loro bambini nella confusione; uomini che imbracciavano l’artiglieria e correvano nelle strade ancora un po’ assonnati per difendere la loro famiglia e la loro patria.
Una voce potente urlò “Sono arrivati i barbari !!” e le trombe risvegliavano le poche persone che stavano ancora sognando. Mia madre irruppe nella mia stanza e mi trovò affacciata alla finestra con gli occhi colmi di lacrime e il corpo paralizzato alla vista di tanto dolore e sangue. Prontamente mi prese in braccio e mi portò fuori dalla casa che ormai era in fiamme.
Mio padre era già sceso a combattere contro quei barbari, quelle persone così crudeli e spietate, i Visigoti, i quali ci attaccavano solo per il gusto di impossessarsi dei nostri beni e i nostri bottini accumulati con anni di battaglie e sacrifici da parte dei nostri valorosi soldati.
Non avevo mai visto tutto quel dolore e quella distruzione.. non eravamo pronti a tutto questo. Noi, i romani, eravamo abituati alla conquista del mondo intero e ora venivamo conquistati e ci vedevamo lo stesso mondo cadere addosso!
Vidi mia madre inginocchiata davanti a un corpo inerme, mi voltai verso di lei e scoprii con enorme dolore che era il corpo di mio padre. Scoppiai a piangere e intanto un uomo sconosciuto mi prese in braccio e mi porto lontano da mia madre, lontano da quel frastuono e da quelle scene cruente.
Piangevo e scalciavo mentre quell’uomo mi portò in un luogo isolato e tranquillo in cui vi erano già alcune donne scandalizzate che abbracciavano immobili e paralizzate i loro figli. L’uomo mi posò a terra e corse nuovamente sotto il temporale con la spada sguainata ed emettendo un urlo come per darsi la carica e il coraggio. Rimasi immobile nella stessa posizione in cui il soldato mi aveva lasciato e singhiozzavo. Con lo sguardo cercavo mia madre e poi.. la vista mi si annebbio. .vidi solo buio.. non ricordo più nulla dopo ciò.. ..
Rammento solamente il momento del mio risveglio. C’era il sole nel cielo, non più urla, non più sangue che scorreva come un fiume in piena.
Guardai fuori da quel luogo nel quale avevo passato la notte e vidi corpi senza vita di due popoli tanto diversi eppure in quel momento tanto uguali; distesi allo stesso modo con la spada impugnata nella mano destra e lo sguardo pieno di terrore che fissava il vuoto. Le case erano state rase al suolo, c’era ancora qualche fiamma che veniva spenta dai pochi soldati sopravvissuti e segnati sul volto e sul corpo da cicatrici indelebili.. ma mentre quegli uomini avevano segni evidenti, io ero segnata nel cuore e nell’anima.
Non rincontrai mai più i miei genitori e nemmeno ora che sono passati molti anni e che molti popoli hanno invaso e saccheggiato la mia patria, riesco a dimenticare quella notte tetra, quei volti, quel sangue, quelle grida e quelle persone che hanno fatto perdere tanto sia a me che al nostro vasto impero ormai distrutto e spezzato.


 

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