Home Introduzione Italiano Storia Arte Scienze Inglese Filosofia Bibliografia


Schopenhauer, filosofo tedesco, nacque a Danzica il 22 febbraio 1788, da padre banchiere e madre scrittrice di romanzi. Nella sua giovinezza viaggiò in Francia e Inghilterra e, dopo la morte del padre, che voleva destinarlo al commercio, frequentò l’Università di Gottica. Sulla sua formazione influirono soprattutto le dottrine di Platone e di Kant. Quest’ultimo fu sempre considerato da Schopenhauer come il filosofo più originale e più grande che sia mai comparso nella storia del pensiero. Negli anni successivi alla laurea (avuta nel 1811) visse a Dresda dove preparò per la stampa la sua opera principale: “Il mondo come volontà e rappresentazione”, pubblicata nel 1819. Dopo un viaggio a Roma e a Napoli tenne corsi liberi all’Università di Berlino. Nel 1832, dopo tre anni trascorsi nuovamente in Italia si stabilì a Francoforte sul Meno. Qui studiò approfonditamente le filosofie buddista e induista e il misticismo fino alla sua morte, avvenuta nel 21 settembre 1861.

Il mondo come volontà e rappresentazione

E’ questa l’opera più conosciuta di Schopenhauer dove è presente l’influenza di Kant.
In questa lo stesso filosofo afferma “la mia filosofia muove da quella Kantiana”. Infatti pone addirittura come punto di partenza della propria dottrina la distinzione Kantiana tra fenomeno e noumeno (o cosa in sé).
Per Kant il fenomeno è la realtà, l’unica realtà conoscibile e accessibile dalla mente umana.
Per Schopenhauer invece il fenomeno è illusione, sogno e parvenza, è quello che nella filosofia indiana viene chiamato “Velo di Maya” ossia l’illusione che vela la realtà delle cose nella loro essenza autentica.
“E’ Maya, il velo ingannatore, che avvolge il volto dei mortali e fa loro vedere un mondo del quale non può dirsi né che esista, né che non esista; perché ella rassomiglia al sogno, rassomiglia al riflesso del sole sulla sabbia, che il pellegrino da lontano scambia per acqua; o anche rassomiglia alla corda gettata a terra, che agli prende per un serpente.”
Da ciò si capisce che per il filosofo la realtà visibile è apparenza, e per l'appunto illusione. Nulla, a ben guardare, ci garantisce che quanto esiste o accade non sia solo un sogno.
L’essenza della realtà, o noumeno, che si nasconde dietro il fenomeno per Kant restava il concetto-limite della conoscenza e perciò inconoscibile. Invece ad avviso di Schopenhauer può essere raggiunta e di conseguenza è possibile squarciare il velo di Maya. Ma com’è possibile ciò?
Se l’uomo fosse soltanto coscienza e rappresentazione non potrebbe mai uscire dal mondo fenomenico, ma esso è dato a se medesimo anche come corpo e quindi può accedere al noumeno. Ora, il corpo è dato in due maniere: da un lato come rappresentazione e dall’altro come qualcosa di immediatamente conosciuto, e che viene designato col nome di volontà. Il corpo è dunque volontà resa visibile ed è attraverso il corpo e l’immersione nel profondo di se stesso che l’uomo sente la volontà di vivere. E’ proprio questa immersione che squarcia il velo di Maya. Per Schopenhauer questa volontà si sottrae alle forme dello spazio, del tempo e della causalità; infatti è unica, eterna e incausata. Inoltre è anche inconscia, poiché la consapevolezza e l’intelletto costituiscono soltanto delle sue possibili manifestazioni secondarie.
Il concetto iniziale di velo di Maya,ossia il fenomeno inteso come una sorta di illusione, di apparenza che vela la realtà delle cose, deriva dalla filosofia indiana e, in particolare, dai Veda e dai Purana (testi sacri). Nelle Upanishad antiche è ben spiegato che Tempo,  Spazio e Causalità danno origine alle rappresentazioni fenomeniche, cioè a Maya. Consapevoli di ciò, i saggi indù avevano già trovato la via per squarciare il velo di Maya. La Maya è il potere divino mediante il quale l’Essere supremo (Brahman) può far sorgere e scomparire le cose, da qui il significato di potere illusionante. Ed è proprio da queste considerazioni che Shopenhauer trova ispirazione per la sua filosofia.
Infine poiché  Schopenhauer paragona le forme a priori a dei vetri sfaccettati attraverso cui la visione delle cose si deforma, egli considera la rappresentazione come una fantasmagoria ingannevole, traendo la conclusione che la vita è “sogno”, cioè un tessuto di apparenze o una sorta di “incantesimo”. Andando alla ricerca di precedenti illustri di questa intuizione, Schopenhauer cita: i Veda e i Purana (che considerano l’esistenza come una sorta di illusione), Platone (il quale afferma che spesso gli uomini vivono il un sogno), Shakespeare ( il quale scrive che “noi siamo di tale stoffa, come quella di cui son fatti i sogni, e la nostra breve vita è chiusa in un sonno”), Calderòn de la Barca (il quale afferma “la vita è un sogno”) e altri. Sulla scia di questi pensatori il filosofo scrive “la vita e i sogni sono pagine dello stesso libro”.
Ma al di là del sogno e del fenomeno esiste la realtà vera, sulla quale l’uomo non può fare a meno di interrogarsi. Infatti l’uomo e un “animale metafisico”, che, a differenza degli altri esseri viventi, è portato a stupirsi della propria esistenza e ad interrogarsi sull’essenza ultima della vita.


Percorso interdisciplinare di marianna zilli anno scolastico 2004-2005 liceo scientifico "G.Oberdan" Trieste


Scuole


Home page