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La nascita della psicologia moderna, grazie a Freud, ha fornito molti spunti alla produzione artistica della prima metà del Novecento. Soprattutto nei paesi dell’Europa centro settentrionale, le correnti pre-espressionistiche ed espressionistiche hanno ampiamente utilizzato il concetto di inconscio per far emergere alcune delle caratteristiche più profonde dell’animo umano. Sempre da Freud, i pittori, che dettero vita al Surrealismo, presero un altro elemento che diede loro la possibilità di scandagliare e far emergere l’inconscio: il sogno. Infatti, il movimento surrealista, sviluppatosi negli anni Venti, si basava sulle immagini del sogno e dell'inconscio.
Il Surrealismo nacque nel 1924 e alla sua nascita contribuirono in maniera determinante sia il Dadaismo sia la pittura Metafisica. Teorico del gruppo fu lo scrittore André Breton. Fu lui a redigere il Manifesto del Surrealismo movendo dal pensiero di Freud. Infatti, si chiese come mai sul sogno, che rappresenta molta dell’attività di pensiero dell’uomo, ci si sia interessati così poco. Secondo Breton, bisogna cercare il modo di giungere ad una realtà superiore (appunto una surrealtà), in cui conciliare i due momenti fondamentali del pensiero umano: quello della veglia e quello del sogno.
Il surrealismo è un movimento che pratica un’arte figurativa e non astratta. La sua figurazione non è ovviamente naturalistica, anche se ha con il naturalismo un dialogo serrato. Questo per l’ovvio motivo che vuol trasfigurare la realtà, ma non negarla.
L’approccio al surrealismo è stato diverso da artista ad artista, per le diversità personali di chi lo ha interpretato. Ma è possibile suddividere la tecnica surrealista in due grosse categorie: quella degli accostamenti inconsueti e quella delle deformazioni irreali.
Gli accostamenti inconsueti sono stati spiegati da Max Ernst, pittore e scultore surrealista. Egli, partendo da una frase del poeta Comte de Lautréamont: “Bello come l’incontro casuale di una macchina da cucire e di un ombrello su un tavolo operatorio”, spiegava che tale bellezza proveniva dall’“accoppiamento di due realtà in apparenza inconciliabili su un piano che in apparenza non è conveniente per esse”. In sostanza, procedendo per libera associazione di idee, si uniscono cose e spazi tra loro apparentemente estranei per ricavarne una sensazione inedita. La bellezza surrealista nasce, allora, dal trovare due oggetti reali, veri, esistenti, che non hanno nulla in comune, assieme in un luogo ugualmente estraneo ad entrambi. Tale situazione genera un’inattesa visione che sorprende per la sua assurdità e perché contraddice le nostre certezze.
Le deformazioni irreali riguardano invece le metamorfosi. Le deformazioni espressionistiche nascevano dal procedimento della caricatura, ed erano tese all’accentuazione dei caratteri e delle sensazioni psicologiche. La metamorfosi è invece la trasformazione di un oggetto in un altro, come, ad esempio, delle donne che si trasformano in alberi (Delvaux) o delle foglie che hanno forma di uccelli (Magritte).
Entrambi questi procedimenti hanno un unico fine: lo spostamento del senso. Ossia la trasformazione delle immagini, che abitualmente siamo abituati a vedere in base al senso comune, in immagini che ci trasmettono l’idea di un diverso ordine della realtà.

René Magritte

René Magrittew

René Magritte (1898-1967, Belgio) è tra i pittori surrealisti più originali e famosi. Dopo aver studiato all’Accademia di Bruxelles, i suoi inizi di pittore si muovono nell’ambito delle avanguardie del Novecento, assimilando influenze dal cubismo e dal futurismo. Secondo quando egli stesso ha scritto, la svolta surrealista avvenne dopo aver visto il quadro di De Chirico «Canto d’amore», dove sul lato di un edificio sono accostati la testa enorme di una statua greca e un gigantesco guanto di lattice. Nel 1926 prese contatto con Breton, capo del movimento surrealista, e l’anno successivo si trasferì a Parigi, per restarvi tre anni. Dopo di che la sua vita artistica si è svolta interamente in Belgio.
La tipica tecnica surrealista consistente nella contrapposizione di oggetti comuni in contesti inaspettati ed inusuali caratterizza anche la pittura dell'artista belga René Magritte. Influenzato dal gruppo di Parigi, durante la sua vita si dedicò allo sviluppo di uno stile pittorico realistico e meticoloso, ma sempre con un continuo ricorso e un costante riferimento all'ambito della fantasia e del sogno, per realizzare immagini inconsuete e paradossali, che aprono squarci sulla superficie delle cose per rivelare verità nascoste.
Insieme con Paul Delvaux è il maggiore creatore in Belgio del Surrealismo e uno dei più originali esponenti europei del movimento. Il suo stile s'incentrò su una tecnica raffigurativa accuratissima basata sul trompe- l'oeil, alla pari di Dalí e di Delvaux. Magritte svolge un suo tipico illusionismo d'ordine onirico (illustra, ad es., oggetti e realtà assurde, come un paio di scarpe che si tramutano nelle dita di un piede o un paesaggio simultaneamente nella parte inferiore notturno e in quella superiore diurno), ricorrendo a tonalità fredde, ambigue, antisentimentali, quali quelle del sogno.
Magritte è l’artista surrealista che, più di ogni altro, gioca con gli spostamenti del senso, utilizzando sia gli accostamenti inconsueti, sia le deformazioni irreali. I suoi quadri sono realizzati in uno stile da illustratore, d’evidenza quasi infantile. Volutamente le sue immagini conservano un aspetto "pittorico", senza alcuna ricerca d’illusionismo fotografico.

Tra le sue opere troviamo “Ceci n’est pas une pipe”, “La condition humaine” e “Euclidean Promenades”. Queste, infatti, più delle altre, mostrano l’illusione nella sua pittura.

Ceci n’est pas une pipe

Ceci n’est pas une pipe (Questa non è una pipa)
In questo dipinto è possibile trovare una riproduzione perfetta di una pipa accompagnata dalla scritta "questa non è una pipa". L’iniziale mistero di una simile incongruenza va ovviamente sciolto nella constatazione che un quadro, anche se rappresenta una pipa, è qualcosa di molto diverso da una pipa reale.
Il rapporto tra linguaggio ed immagine, ovvero tra rappresentazioni logiche ed analogiche, è un tema sul quale Magritte gioca con grande intelligenza ed ironia. In questo caso, guardando l’immagine di una pipa e leggendo la scritta sottostante che dice: "Questa non è una pipa", la prima reazione è di chiedersi: "Ma allora, cosa è?". L’illusione si svela ben presto, se si riflette che si sta guardando solo un’immagine, non l’oggetto reale che noi chiamiamo "pipa". Magritte tende a giocare con la confusione tra realtà e rappresentazione, per provocare nello spettatore un nuova riflessione sul confine, non sempre coscientemente chiaro, tra i due termini.
Di questo tipo di quadri Magritte ne ha prodotti molti perfezionando sempre più l’immagine della pipa aggiungendo dettagli, o anche cambiando soggetto. È questo il caso di “Ceci n’est pas une pomme”, nel quale è rappresentata una mela.

La condition humaine (La condizione umana)

La condition humaine (La condizione umana)

La condition humaine (La condizione umana)

Qui Magritte affronta il tema del confine tra illusione e realtà: un dipinto all'interno del dipinto potrebbe rappresentare esattamente e fedelmente la parte della città visibile dalla finestra ma nascosta dalla tela sul cavalletto, oppure potrebbe essere frutto dell'immaginazione o, ancora, si potrebbe pensare di vedere il paesaggio attraverso una superficie trasparente.
In questa serie di quadri, infatti, Magritte gioca con il rapporto tra immagine naturalistica e realtà, proponendo immagini dove il quadro nel quadro ha lo stesso identico aspetto della realtà che rappresenta, al punto da confondersi con lui.
Lo straniamento percettivo è indotto da Magritte attraverso uno sfalsamento e una totale sovrapposizione dei diversi piani dell'immagine: i cavicchi di legno, le gambe dei cavalletti e la luce di taglio sui lati delle tele. Questi inducono lo spettatore ad una rilettura dell'immagine e ad un ripensamento radicale dei suoi contenuti. Ciò che prima sembra essere un'apertura che dà su un paesaggio si rivela poi la sua raffigurazione.

Euclidean Promenades (Le passeggiate di Euclide)

Euclidean Promenades (Le passeggiate di Euclide)

Anche questo quadro appartiene alla numerosa serie che Magritte ha realizzato sul tema del quadro nel quadro. In esso è raffigurato l’interno di una stanza in cui si apre una finestra. Davanti la finestra è collocato un cavalletto e su di esso una tela che riproduce fedelmente una porzione dell’immagine esterna incorniciata dalla finestra. Il quadro è così fedele che diventa quasi impercettibile: lo si riconosce giusto per una sottile linea bianca sulla sinistra che corrisponde allo spessore del telaio su cui è montata la tela.
Già questa coincidenza tra immagine reale e riproduzione pittorica induce ad un attimo di perplessità. Anche in questo caso, come per i precedenti il cervello può ingannare l’osservatore.
Ecco dunque che Magritte gioca sul disagio che un quadro ambiguo trasmette alla persona che lo guarda. Se il disagio è positivo, se cioè la persona trova che la cosa è bella, cerca di capire il perché dell’illusione ottica, altrimenti l’illusione stessa passa inosservata.
Il titolo, con il richiamo al noto matematico greco Euclide, allude alle geometrie dei due elementi di spicco del quadro nel quadro: due triangoli dove quello a sinistra è il tetto di una torre cilindrica e quello a destra è un viale cittadino tra due file di caseggiati. I due triangoli hanno la stessa forma e dimensione, pur rappresentando due elementi completamenti diversi: un cono quello a sinistra, una lunga striscia rettangolare piana vista in prospettiva quella a destra.


Percorso interdisciplinare di marianna zilli anno scolastico 2004-2005 liceo scientifico "G.Oberdan" Trieste


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