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Trieste 29 novembre 2005
L’AVVENTURA DI MARANO di Giulia Linassi

Devo fare presto, presto… mi sono svegliata tardi e alle otto meno un quarto devo essere in Viale Ippodromo, chissà se ce la faccio… semafori rossi, code interminabili, traffico mattutino ma finalmente si vede all’orizzonte un pullman e un gruppo di ragazzi.
Scendo dalla macchina e saluto i miei genitori… dopo un po’ siamo già in partenza per Marano! Il traffico ancora una volta provoca rallentamenti e così impieghiamo un’ora per uscire dalla città e imboccare l’autostrada. Durante il tragitto cori e musica ci accompagnano e facce, ignare di ciò che succederà dopo, sorridono ancora mezze addormentate. Dopo un’ora e mezza circa ci troviamo a Marano, cittadina situata in provincia di Udine; il tempo non è molto bello: piove, fa freddo ed è tutto grigio ma la laguna risplende di mille colori, tristi, grigi ma che sembrano essere usciti dalla tela di un quadro. In lontananza un debole raggio illumina un isolotto, creando calde tonalità di giallo.
L’azzurro grigio del cielo si accompagna armoniosamente con la scura vegetazione e, mentre alcuni pescatori, con stivali e impermeabili colorati, preparano le reti e le barche, ci avviamo verso la laguna. L’odore del salso di mare contrasta con quello della terra, bagnata dalla pioggia incessante; intanto si alza un forte vento.
Infreddoliti e strapazzati ci addentriamo nella riserva… brrr fa veramente freddo! Entriamo in un edificio dove ci fanno accomodare e la guida, con l’ausilio di alcune diapositive, ci descrive la laguna e tutti i suoi abitanti: pennuti, pesci e piante. Mi viene un po’ da ridere quando viene nominato il chiurlo, uccello migratore con becco lungo e curvato, perché mi ricorda una vecchia gag di Aldo, Giovanni e Giacomo (tre famosi comici). Finiamo di vedere le diapositive e andiamo a fare la “passeggiata sull’acqua” prevista dalla gita. Me l’immaginavo diversa, in quanto si è trattato di percorrere venti metri circa su alcune assi di legno messe alla belle meglio e per di più su un piccolo tratto di laguna non molto interessante, secondo il mio punto di vista. Ad ogni modo un gruppo di anatre ed i pochi cigni selvatici, presenti sul luogo e già abituati alla presenza di turisti, si sono messi in posa per le fotografie. Ma il bello deve ancora venire.
Partiamo poi, tra uno scatto e l’altro, con la barca, dove uno strano capitano trombettista scherza e ride trascurando, secondo me un po’ troppo, la navigazione.
Avvistiamo, inoltre, per mezzo della nostra noiosa guida, numerosi falchi di palude, rari e affascinanti, con la livrea marrone scuro, per mimetizzarsi tra le canne, e il becco adunco.
Uno stormo di gabbiani ci rincorre, rumoreggiando simpaticamente; tutto intorno a noi distese di canneti, di barene (isolotti sempre fuori dall’acqua, al contrario delle velme caratterizzate da mare poco profondo e che emergono quando c’è bassa marea) e acqua salmastra di un colore non molto invitante (verde marroncino), ma forse è solo l’effetto della luce e della pioggia.
Arriviamo ad una barena e ci “inoltriamo” in un tipico casone di Marano, struttura in canne di palude, delicate e resistenti al tempo stesso. Dentro un caldo fuoco riscalda tutto il gruppo creando un’atmosfera quasi casalinga, ma anche una cortina di fumo con conseguente affumicamento delle persone. Ci viene poi offerto del pesce, cucinato sul momento, dall’aspetto delizioso e dal profumino appetitoso.
Lo spumeggiante capitano cantando, ballando e recitando poesie ci intrattiene e, grazie all’aiuto di una prof. già stata nella laguna, rispondiamo prontamente alle sue strampalate domande come: “Se uno di voi vincesse alla lotteria e si presentasse a Marano per comprare un casone, lo potrebbe acquistare?” (la risposta è no perché non siamo abitanti di Marano, anche se, come hanno puntualizzato i nostri compagni, chi comprerebbe, per quanto bello e folcloristico sia, un umido e freddo casone di Marano?!?)
Purtroppo non sapendo cantare non ho potuto godermi fino in fondo lo spettacolo allestito dal capitano.
Prima di risalire in barca, andiamo a visitare un casone più moderno, con parti in legno e una cappa per il fumo del camino.
Ma è già ora del ritorno con il battello che, mutatosi in discoteca, ci coinvolge in trenini; salutiamo così le lande desolate della laguna con la sua umida flora e gracchiante fauna.
Capitani poi diventiamo un po’ tutti dandoci il cambio per governare la barca di Adriano, il nostro simpatico pilota… infine stanchi e contenti ritorniamo a Trieste, rivedendo foto, filmati e scherzando sul fantastico mondo di Marano, col suo paesaggio alquanto pittoresco.
Concordando con molti, posso definire questa gita strana, in quanto, forse per via della pioggia, abbiamo più imparato a cantare canzoni triestine che studiato la natura del luogo. In questo modo ci ricorderemo della laguna non come noioso argomento didattico ma come divertente gita scolastica!