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DIARIO DI VIAGGIO di Francesca Savio

 

29 novembre 2005

 

Checché ne diciate voi, la gita a Marano Lagunare è stata istruttiva: abbiamo imparato che non potremmo mai comprarci una casone a Marano (anche se vincessimo la lotteria), abbiamo imparato che non dovremmo mai entrare in una casone dove il camino non aspira il fumo come si deve, ma soprattutto abbiamo imparato a trasformare un traghetto in una discoteca.

La gita era mirata ad osservare nel loro habitat naturale le specie lagunari; sia la flora, come i tipici canneti e i bla bla bla, sia la fauna soprattutto gli uccelli come bla bla bla.

Ore 8, partenza. Nell’ora di punta ci siamo infilati con il pullman nel traffico mattutino rimanendo prigionieri delle strade di Trieste per più di mezz’ora. Pur essendo presto l’entusiasmo in noi non mancava e in poco tempo già si levarono cori tipici nostrani (che poi avremmo ritrovato a Marano), flash causati dalle prove delle macchine fotografiche e si udivano urli e risate.

Il viaggio è stato veloce, alla fine siamo giunti alla riserva naturale Valle Canal Novo e Foci dello Stella, posto magico in primavera, magari con un cielo color cobalto e un clima accogliente; il 29 novembre, giornata uggiosa e umida (ovviamente umida dato che ci trovavamo in una laguna, il luogo più umido che si possa immaginare) la riserva non emanava nessun tipo di magia.

Abbiamo presto fatto conoscenza con la nostra guida che in una lezione ”molto calma” (direi quasi soporifera) ci ha illustrato le rarità e le bellezze della laguna. Dopodichè passeggiando su un pontile abbiamo visto qualche cigno e varie specie di volatili.

L’aspetto ludico iniziò solo quando salimmo sul traghetto e incontrammo il capitano che si presentò così: “Adriano, facilefacile, come Cementano”. Subito iniziò a parlarci del più e del meno della vita in laguna –tra le sue parole ci fu anche una dedica d’amore su richiesta per Lorenzo si dice da parte di un gabbiano (di nome Stefano?)-.

Abbiamo fatto un lungo giro, prima nella laguna poi tra le barene; qui essendo il percorso molto facile Adriano ben pensante, ha deciso di far portare la barca alla nostra compagna Sara addirittura con il capellino da capitano. Mentre Adriano suonava la tromba e tutti si fotografavano, le prof mangiavano tartine con le acciughe e non erano le sole che in coperta bivaccavano allegramente facendo merenda…

Concluso il viaggio arrivammo nel cuore, qui Adriano facilefacile ci portò all’interno di un casone dove aveva acceso un piccolo focolare, che sia riscaldava il tutto, sia affumicava il tutto. Abbiamo pranzato al caldo, anche se in pochi minuti ci accorgemmo che non era più possibile vedere il tetto a causa di una densa coltre di residuo gassoso della combustione che trascina in sospensione particelle solide sotto forma di nuvola grigiastra (fumo). Adriano facilefacile ci spiegò come si costruiscono i casoni; ma soprattutto abbiamo assistito alla scena che ci aspettavamo dall’inizio del viaggio, la stessa scena che la nostra prof ci aveva anticipato, essendo andata a Marano qualche giorno prima, ebbene Adriano ci disse: -Ora vi farò qualche domanda…- e iniziò a chiedere qualcosa a noi, domandandoci anche il nome il quale era spesso Asdrubala. Poi finalmente la fatidica domanda: -Ma, secondo te -indicando un ragazzo a caso- se tu vinci la lotteria, lo puoi comprare un casone?- e tutti noi felici in coro: -No, perché non siamo di Marano!!!- mentre noi ridevamo, Adriano si girò verso la guida guardandola male e chiedendogli perché mai ci aveva suggerito la risposta, anche se in realtà non aveva fatto niente; poi, venne la voce di Stefano che disse quello che avevamo pensato tutti: -Ma se io vinco la lotteria non è che mi vado comprare un casone…-.

Ancora nel casone Adriano prese la chitarra e iniziò a cantare istigandoci alla baldoria, ci provocò sostenendo che eravamo i Triestini più timidi che lui avesse mai incontrato, cantammo poi tutti insieme (tranne Giulia) canzoni da “il tram de Opcina”a “i bambini fanno oh”.

Uscimmo dal casone e riprendemmo la barca per uscire dalla riserva, Adriano propose di mettere un po’ di musica e così a ritmo latino la coperta si trasformò in una discoteca, dei faretti colorati illuminavano la pista, due casse sparavano musica, di conseguenza 40 “ragazzini debosciati” non poterono fare a meno di inscenare una discoteca iniziando dal trenino e finendo pogando.

Sbarcammo e sotto la pioggia raggiungemmo il pullman che ci riportò a casa. Nel viaggio di ritorno chiunque avesse avuto una macchina fotografica finì le foto: ci fu una serie infinita di flash, pose e risate.