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“IL MANIFESTO DEL
PARTITO COMUNISTA” KARL MARX E FREDERICH ENGELS
Nella
seconda metà del XIX secolo, in seguito ai nuovi strumenti
(motore a scoppio),
materiali (acciaio e petrolio) e
fonti di energia (studi sull’elettromagnetismo,
telefono, onde radio, impiego dell’elettricità per l’illuminazione) messi a
disposizione della prima Rivoluzione Industriale, si verificò, in tutti i Paesi
occidentali, in Germania e negli Stati Uniti, un importante sviluppo della
scienza e della tecnica; perciò questo periodo può essere considerato la
continuazione della Rivoluzione Industriale e fu denominato
età tecnologica.
Tutte le innovazioni tecnologiche di questi anni portarono a dei cambiamenti
radicali nel campo dell’attività industriale: si arrivò ad una notevole
accelerazione, alla riorganizzazione e ad una più estesa diffusione
dell’industria.
La nascita e lo sviluppo della società industriale ebbero effetti profondi e
duraturi soprattutto sulla struttura sociale: le condizioni e i problemi degli
operai erano gli stessi, ovunque essi prestassero il loro lavoro. Si formò
quindi una nuova classe sociale, la classe operaia,
costituita da grandi masse di uomini, donne e ragazzi, concentrate soprattutto
nei centri industriali, accomunate dal fatto di dipendere da un datore di
lavoro, sottoposte a massacranti orari e ritmi lavorativi.
Fu in questo contesto che venne pubblicato il Manifesto
del Partito comunista (1848), documento con il quale inizia la storia del
socialismo marxista.
Il manifesto fu redatto da Karl Marx e da
Frederich Engels e aveva lo scopo di analizzare la
società e l’economia capitalista e di tracciare una linea di lotta politico
sociale.
Questo documento può essere suddiviso in quattro sezioni precedute da una breve
introduzione nella quale gli autori spiegano le
motivazioni che li hanno spinti ad esporre apertamente le loro teorie ovvero il
desiderio che tutti possano conoscere l’ideologia comunista:
-
Borghesi e proletari;
-
Proletari e comunisti;
-
Letteratura socialista e comunista;
-
Posizione dei comunisti nei confronti dei diversi partiti di opposizione.
Le novità
di questo documento sono innanzi tutto la definizione del
proletariato (“la classe degli operai moderni, che vivono fintanto che
trovano lavoro, e trovano lavoro fin tanto che il loro lavoro aumenta il
capitale”) come classe autonoma, prodotta dallo sviluppo storico del sistema
di produzione capitalista, e destinata a rovesciarlo per via rivoluzionaria,
secondo il principio della lotta di classe; inoltre il fatto stesso di
considerare la creazione di una futura società comunista senza classi come il
risultato inevitabile del crollo del sistema di produzione capitalista, travolto
dalle sue stesse contraddizioni, era un elemento di novità. Ciò avrebbe permesso
al proletariato un’azione rivoluzionaria che avrebbe distrutto il sistema
sociale borghese.
BORGHESI E
PROLETARI
In questa prima sezione del documento Marx ed Engel esordiscono definendo la
storia come “storia di lotte di classe” e gli Stati non sono altro che
l’espressione di quella dominante, dove per classe si intende un gruppo di
persone accomunate dalla medesima situazione economica: essi infatti ritengono
che ogni epoca storica sia stata caratterizzata dall’opporsi di due o più classi
sociali tra le quali soltanto la più forte riusciva a sottometter le altre
(“oppressori e oppressi”).
Marx e Engels ritengono dunque che anche nella loro epoca questa situazione non
sia cambiata se non per il fatto che la lotta di classe è stata semplificata in
un contrasto tra “due grandi classi che si fronteggiano direttamente: borghesia
e proletariato.” Secondo i due autori il potere della borghesia è aumentato
proporzionalmente all’indebolimento dei proletari e ciò è avvenuto con
l’affermarsi della grande industria moderna che ha arricchito il ceto dominante
e impoverito i lavoratori.
Tuttavia la critica del Manifesto ai borghesi non si limita al campo economico
ma si allarga anche all’etica: questo ceto viene infatti accusato di aver
ridotto ogni rapporto tra le classi “al crudo “pagamento in contanti””. Per
quanto riguarda l’aspetto economico Marx e Engels ritengono che la borghesia,
basando la propria potenza sulla continua evoluzione della tecnologia e delle
industrie, sia instabile: le fabbriche moderne tendono infatti a produrre ben
più del necessario e il ceto dominante, per evitare di perdere il potere, fa sì
che, ogni qual volta si presenti questo rischio, scoppi una crisi. “Nelle crisi
commerciali viene regolarmente distrutta una grande parte non solo dei prodotti
ma persino delle forze produttive già costituite.”.
Dunque “le armi con cui la borghesia ha annientato il feudalesimo si rivoltano
ora contro la borghesia stessa” ma quest’ultima non si è limitata a costruire le
armi che la uccideranno ma “ha anche prodotto gli uomini che imbracceranno
queste armi: i lavoratori moderni, i proletari.”
Inoltre la concorrenza della grandi industrie provoca il fallimento delle
piccole industrie così che “i piccoli ceti medi, i piccoli industriali,
commercianti e detentori di rendita, gli artigiani e i contadini, sprofondano
nel proletariato”.
Ed è proprio questa situazione comune che fa ampliare un semplice conflitto tra
singoli borghesi e singoli lavoratori in una vera e propria lotta di classe dove
i proletari sono avvantaggiati dal fatto di essere in molti (“gli scontri tra il
singolo lavoratore e il singolo borghese acquistano sempre più il carattere di
scontro fra due classi. I lavoratori cominciano a formare coalizioni contro il
borghese; si uniscono per difendere il salario. Fino a costituire associazioni
permanenti, in modo da prepararsi per queste periodiche battaglie. In qualche
caso la lotta si muta in rivolta.”).
Ma il vero successo non è dato da un’immediata vittoria bensì dal “rafforzamento
dell’unità dei lavoratori” che permette a questa classe di indebolire man mano
la borghesia e di ottenere molteplici vantaggi. Si arriva così alla conclusione
che per le sue stesse caratteristiche la borghesia è destinata ad essere
sconfitta dal proletariato.
L’efficacia delle tesi sostenute
in questo documento è dovuta a quattro elementi principali:
-
la concentrazione del potere
politico ed economico nelle mani della borghesia
-
la presenza di elementi di
caduta sottolineati da periodiche crisi dovute alla contraddizione del
capitalismo ovvero il contrasto tra il carattere sociale della produzione
industriale capitalistica (riguardante masse sempre maggiori) e il carattere
privato della proprietà dei mezzi di produzione.
-
La definizione del
proletariato come classe rivoluzionaria, distinta dalle altre che lottano
contro il processo di proletarizzazione provocato dalla grande industria.
Secondo Marx ed Engels inoltre lo sfruttamento avviene attraverso
l’appropriazione per opera capitalista di una parte del valore dei prodotti:
l’operaio dunque non riceve sotto forma di salario tutto l’equivalente del
lavoro svolto e si forma così un “plusvalore” che resta all’imprenditore.
-
La spiegazione del motivo per
il quale il proletariato tende alla formazione di una società comunista; per
fare ciò è tuttavia necessario che il proletariato si trasformi in classe
politica dominante. Soltanto dopo un periodo di dittatura del proletariato
infatti si giungerà ad una società veramente senza classi.
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