Home
storia
filosofia
italiano
arte
inglese
bibliografia

REALISMO

Il movimento sorge nella seconda metà dell’Ottocento quando il romanticismo cominciò a mostrare qualche cedimento ed ha come culla la Francia dove gli artisti scelsero una maggiore adesione alla realtà sociale del proprio tempo ed è quella corrente artistica figurativa il cui scopo è quello di riprodurre, quanto più fedelmente possibile, i soggetti sulla tela; ma, per comprendere a fondo le motivazioni che spinsero gli artisti di questo periodo a dare origine a questa corrente, è necessario considerare il quadro generale degli avvenimenti che hanno contraddistinto e caratterizzato quest’epoca.

Sul piano culturale ci fu infatti l’affermazione della nuova mentalità del POSITIVISMO che introduceva elementi di pensiero nuovi; inoltre il grande sviluppo scientifico e tecnologico, che si stava svolgendo in quegli anni, produsse una nuova fiducia nei mezzi del progresso, della scienza e della razionalità umana. Fu una novità che diede un duro colpo a quella mentalità tipicamente romantica che prediligeva una forma di pensiero basata sull’emozione, sul sentimento, sulla religione e, in alcuni casi, anche sull’irrazionalità. In ambito sociale ed economico si cominciarono a sentire sempre più gli effetti della Rivoluzione industriale: l’abbandono dell’artigianato e dell’agricoltura determinò una notevole riconversione sociale da parte di classi di popolazione che si riversarono sul settore delle industrie. I problemi di questo fenomeno furono l’inurbamento eccessivo delle città e il peggioramento delle condizioni di vita delle classi del proletariato urbano.

Le caratteristica principale di questa corrente è quindi il desiderio di rappresentare fedelmente la realtà; questa scelta ha tuttavia un preciso significato culturale e ideologico: rappresentare la vera condizione di vita delle classi lavoratrici senza nessuna trasfigurazione che mascherasse i reali problemi sociali.

Per questo motivo vengono rifiutati i modelli classici e romantici che tendevano a rappresentare solamente gli aspetti positivi della realtà.

I maggiori rappresentanti del realismo ottocentesco sono Corot, Daumier, Millet, Courbet; quest’ultimo è considerato il pittore francese che per primo usò il realismo pittorico in funzione polemica nei confronti della società del tempo nonché il fondatore di questo movimento.

COURBET(1819-1877)

Courbet,a differenza dei suoi contemporanei che consideravano l’arte il luogo nobile di fatti epici e grandiosi, propose quadri i cui soggetti erano gente povera, semplice, brutta. Questa scelta di ebbe un effetto provocatorio e polemico proprio perché aveva l’obiettivo di imporre al  suo pubblico, costituito dai grandi borghesi, la descrizione di quelle sofferenze delle classi inferiori, la cui colpa era socialmente imputabile proprio agli interessi della grande borghesia. Inutile dire che questo diverso contenuto ideologico delle opere di Courbet, ovvero la rappresentazione della realtà come denuncia sociale, non ricevette una accettazione entusiastica tanto che all'Esposizione Universale del 1855, si vede rifiutare alcune sue opere. Allestisce allora il “Padiglione del Realismo” in cui raccoglie le opere più significative, ponendo con tale impresa per la prima volta l'accento sull'autonomia dell'arte. 

La sua attività di artista iniziò intorno al 1840 a Parigi con opere di ispirazione romantica. La svolta realista avvenne intorno al 1848 anno in cui, con la rivoluzione di febbraio, la Francia proclamò la seconda repubblica. Da quel momento Courbet iniziò a realizzare quadri di grandi dimensioni con figure monumentali ma che rappresentavano persone comuni prese in situazioni del tutto ordinarie; con queste sue opere egli si pone in polemica non solo con il romanticismo, ma anche  con la cultura ufficiale dell’impero di Napoleone III, con la borghesia capitalista e con l’Accademia delle Belle Arti e fu proprio per questi contenuti innovativi che la maggior parte dei suoi dipinti fecero scandalo.

Tra i quadri più significativi troviamo:

“Le signorine sulla riva della Senna”

«Le Signorine sulla riva della Senna» è un quadro che ben esemplifica la carica innovativa della pittura di Courbet rispetto all’arte borghese del tempo. Le due ragazze che Courbet ritrae sono due donne comuni, dall’aspetto ordinario e anche un po’ volgare nelle loro pose indolenti, colte in una posa non proprio consona alla condizione signorile. Nelle due donne non vi sono quindi valori estetici che potevano essere apprezzati. Inoltre questo dipinto presenta alcun criterio compositivo di fascino per le classi sociali alte del tempo . Non vi è infatti un punto focale preciso né una linea d’orizzonte; l’inquadratura è bassa e non riesce a cogliere una ariosità adeguata: l’immagine è quasi soffocata dal fogliame dell’albero. In realtà il quadro, come tutte le opere di Courbet, non chiede di essere giudicato semplicemente come fatto estetico, ma di essere compreso soprattutto come atteggiamento nuovo nei confronti della realtà e dell’uso della pittura. 

“Gli spaccapietra”

Questa tela, già esposta al museo di Dresda, è andata distrutta durante la seconda guerra mondiale. Ce ne resta solo una documentazione fotografica. Essa, tuttavia, è una delle opere che meglio sintetizza lo stile di Courbet.

I due personaggi raffigurati sono due lavoratori dediti ad un lavoro rude e pesante quello appunto degli spaccapietra. Dei due uno è più anziano, è piegato su un ginocchio per spaccare i massi e Courbet lo raffigura di profilo. L’altro, più giovane, è intento a trasportare le pietre e viene raffigurato di spalle; entrambi hanno volti inespressivi. Il lavoro che fanno è povero e denota una povertà non solo materiale ma anche interiore. Fa da sfondo alla scena il fianco di una montagna che occupa tutto l’orizzonte mentre in alto a destra si intravede un po’ di cielo. Tutta la scena esprime una condizione di abbrutimento psicologico oltre che materiale.

Courbet è cinico e crudo nel rappresentare questa scenae non esprime affatto il valore di un lavoro che, seppure modesto, è comunque un momento di nobilitazione. Denuncia, invece, con un linguaggio obiettivo, la reale situazione sociale dei lavoratori. Questo contenuto di polemica sociale era ovviamente poco accettabile dalla borghesia, che mal sopportava la rappresentazione della povertà che era, implicitamente, un atto di accusa nei suoi confronti.

In questa tela oltre al soggetto, dal contenuto evidentemente polemico, anche la composizione risulta inaccettabile per i canoni estetici del tempo. Manca un equilibrio compositivo preciso: non è presente infatti l’asse orizzontale rappresentato dalla linea di orizzonte; l’asse verticale invece risulta troppo decentrato a destra ( passa  per il punto in cui l’uomo inginocchiato sta per colpire il masso con il suo arnese di lavoro). Non c’è neppure una simmetria tra le due figure: esse, infatti, sono collocate ed orientate in maniera del tutto casuale, senza equilibrare con le loro masse la composizione del quadro.

“Sepoltura a Ornans”

Nel quadro la «Sepoltura ad Ornans» Courbet realizza una tela monumentale per rappresentare un funerale di una persona anonima al quale assistono persone assolutamente ordinarie. Anzi, l’aspetto dimesso e umile dei partecipanti al funerale fa pensare che l’evento immortalato non fosse poi così storicamente importante. Il quadro non ebbe accoglienze favorevoli da parte della critica, e ciò per ulteriore conferma che l’arte di Courbet non era facilmente apprezzabile per via del suo nascere più come fatto ideologico che non estetico.

I MACCHIAIOLI

In Italia non esiste un movimento realista come quello sorto in Francia; tuttavia, dopo il 1850, si iniziarono a manifestare fermenti vari, in concomitanza con la diffusione del POSITIVISMO, che produssero una maggiore attenzione alla descrizione scientifica ed obiettiva della realtà. Tra il 1855 e il 1867, si sviluppò quindi una tendenza di un gruppo di artisti che si riunivano nel Caffé Michelangelo di Firenze; questi abbandonarono le influenze romantiche e favore della riscoperta della realtà quotidiana rappresentata senza sentimentalismi eccessivi. Questo gruppo fu definito «Macchiaioli» in senso denigratorio, per via della particolarità stilistica che li accomunava: dipingere per macchie di colore nette, senza contorni né effetti chiaroscurali. Il nome fu, infatti, utilizzato per la prima volta nel 1862 in occasione di un’esposizione fiorentina  e fu successivamente adottato dal gruppo.

La loro caratteristica era quella di dipingere attraverso macchie di colore distinte o sovrapposte ad altre in quanto essi volevano rappresentare quella prima impressione che si forma nella nostra mente che è costituita da macchie di colore provocate dalla luce stessa che colpendo gli oggetti viene poi rinviata al nostro occhio come colore. È appunto questo, infatti, il nostro modo di entrare in contatto con la realtà e per  questo stesso motivo le forme erano semplificate e i particolari ridotti.

I temi dominanti no erano più soggetti storici e stereotipati dalle accademie, ma la vita rurale, le attività lavorative e le campagne toscane secondo un intento realistico.  Tuttavia queste loro innovazioni, come accadde in Francia con il Realismo, non furono accolte in maniera positiva dai coevi: i Macchiaioli venivano dunque respinti dalle mostre ufficiali, ma portarono avanti la loro ricerca visiva con coraggio e grandi sacrifici

Di esso facevano parte gli artisti Adriano Cecioni, Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Silvestro Lega, ed altri. Sono artisti accomunati da una comune partecipazione alle campagne militari risorgimentali del 1848 e del 1859. E il tema militaristico ritorna soprattutto nella pittura di Giovanni Fattori, che fu l’illustratore principale dell’aspetto militare della unificazione risorgimentale.

Nel 1862 venne chiuso il “Caffè Michelangelo” e con esso ebbe fine il periodo eroico della “Rivoluzione della macchia”.

GIOVANNI FATTORI

Il più illustre e significativo pittore italiano dell’epoca è sicuramente Giovanni Fattori che è colui che, senza seguire troppo le regole, dipinge la natura liberamente esprimendo i suoi sentimenti.

Nel 1848 è coinvolto nei moti risorgimentali che segnarono fortemente la sua concezione della vita e di conseguenza anche la sua pittura: queste battaglie diventano quindi i soggetti principali dei suoi quadri; egli era infatti convinto che questi scontri fossero l’unico mezzo per ottenere l’unità d’Italia.

Due anni dopo Fattori riprende gli studi e, insoddisfatto di ciò che aveva appreso fino a quel momento, entra in contatto con l’ambiente del Caffé Michelangelo dove si comincia a parlare di “macchia”.

Le sue opere più significative sono:

“Soldati francesi del’59”

Questo quadretto (15,5x32 cm) risale al periodo dei primi studi fattoriani sulla macchia. Nel 1859 un corpo di spedizione francese giunse a Firenze a sostegno della nascente unità nazionale, e si accampò cosicché Fattori poté trarne disegni.

“La rotonda di palmieri”

È una delle opere più significative di Fattori e di tutto il movimento macchiaiolo. Nel dipinto è rappresentato un gruppo di signore sedute sulla Rotonda dello stabilimento balneare Calmieri di Livorno. È dunque un quadro privo di un tema importante come lo poteva essere quello dei quadri riguardanti le campagne militari. Questa tendenza era tipica infatti dell’Ottocento italiano e francese.

È stato dipinto dal vivo e si può notare comete macchie sintetiche che lo compongono siano organizzate perfettamente sia per quanto riguarda i toni sia per le forme.

È interessante anche la forma della tela (12x35 cm) nella quale la larghezza prevale sull’altezza secondo l’uso comune nei paesaggi dei macchiaioli, probabilmente per una maggiore aderenza all’estensione in latitudine della realtà visiva.

“Il cavallo morto”

In questa opera si può notare il tema sociale: in una tortuosa strada sterrata, in mezzo ai campi gialli, sotto al cielo nuvoloso, un povero vecchio cavallo è stramazzato al suolo, morendo improvvisamente, stroncato lungo il cammino; il suo corpo è totalmente scomposto e il cesto con il cibo è per terre, ormai inutile. Il contadino, incredulo e disperato per la perdita di un amico e dell’unico capitale posseduto, è in piedi accanto alla bestia con ancora le redini in mano.
 


Percorso interdisciplinare di eleonora lenzoni milli anno scolastico 2004-2005 liceo scientifico "G.Oberdan" Trieste


Scuole


Home page