Pensiamo di fare cosa non
inutile proponendo testi di scrittori stranieri di qualità non (ancora)
tradotti in Italia. Narratori magari giovani, come il trentenne romeno Dan
Lungu, un cui racconto ha tradotto Gabriela Lungu, italianista
dell'Università di Cluj (Romania).
La donna davanti ti sembrò molto bella.
I capelli corti, color castano, tagliati à la garçonne, il viso troppo
bianco perché lei fosse perfettamente sana, gli occhi grandi, molto verdi,
come ruzzolati - proprio in quel momento - dalla sporgenza degli zigomi nel
vuoto affamato delle orbite. Occhi spaventati o forse presi dallo stupore.
Le labbra turgide - avresti giurato un po' tumefatte - anche se dai contorni
ben decisi, ti facevano supporre l'esistenza di un corpo altrettanto pieno,
il che non era vero per niente.
Il pallore del volto si trasmetteva anche al collo che - troppo fragile per
un viso così rotondo - si perdeva nella stretta scollatura della camicetta
di seta.
Il treno si fermò in una piccola stazione di mattoni rossi. La donna
accavallò la gamba destra sulla sinistra e il tuo sguardo scivolò quasi
senza volerlo verso le sue ginocchia ossute, che sporgevano con
impertinenza. Si insinuò poi tra le gambe dalla carne legnosa e cadde,
imbarazzato, vicino alle scarpe di vernice, sul bordo slabbrato di un
mozzicone di sigaretta.
Il treno ripartì, spostandole la testa indietro come se lei con un gesto
brusco avesse voluto sistemarsi i lunghi capelli. Allora hai notato il suo
naso, non proprio piccolo, però equilibrato in un certo senso dalla
frangetta coraggiosa che si fermava a un dito dalle sopracciglia.
Ultimamente i viaggi ti erano diventati sempre più antipatici. La donna
davanti ti appariva come una fortuna straordinaria.
E questo non tanto perché ti si offriva l'occasione di fare una conquista
che, in condizioni di noia, diventa molto più facile da realizzare, quanto
per l'opportunità di poter ammirare minuziosamente la bellezza di una donna
sola.
Perché di una donna sola?
Perché, pensavi, qualsiasi donna accompagnata da un uomo perde qualcosa del
suo fascino naturale, diventa più artificiosa, il che non succedeva anche in
quella occasione, nonostante la tua presenza lì, nello scompartimento di
prima classe di un treno accidioso, visto che avevi evitato abilmente
qualsiasi forma di comunicazione - parole, gesti, sguardi - proprio per
impedire un avvicinamento tra di voi. Così la donna ti sembrava un insetto
ben appuntato nell'insettario. Alcuni sono dell'opinione che una donna è
interamente donna soltanto accanto ad un uomo, soltanto vicino a lui esce
dalla guscio estraneo della carne, però tu non ci avevi mai creduto.
La donna alzò la testa e guardò il suo bagaglio, un'occasione, che
evidentemente non ti sei perso, per ammirarle con libertà il collo. La donna
sorrise contenta, sicura di sé, e continuò a leggere.
Per il viaggio in treno - avevo sempre invidiato questo tuo dono - avevi un
intero arsenale di esercizi contro la noia, non una noia qualsiasi ma quella
che nasce dallo sferragliamento delle ruote arrugginite. O prendevi con te
dei giornali da leggere, una soluzione banale, a portata di mano, o studiavi
attentamente i volti e i gesti dei compagni di viaggio o sprofondavi in
situazioni immaginarie, deformando carico di odio scene della tua vita o di
quella degli altri, spingendole fino al limite dell'assurdo. In situazioni
estreme usavi la stessa strategia anche con le idee. Giochi dai quali uscivi
spesso a pezzi e con il morale precario, perché le acrobazie sofistiche
facevano vacillare pure quel po' di fiducia che avevi ancora negli altri.
La donna si addormentò. Il libro le scivolò accanto chiudendosi. Il viso le
si distese come liberando i tratti da una tensione inconsueta. Una donna
addormentata assomiglia molto a un bambino, ti sei detto.
Sembrava che fino a quel momento, un po' scherzando, un po' sul serio, ti
avesse nascosto qualcosa e all'improvviso avesse abbandonato quel gioco. Si
stava innocentemente abbandonando al tuo sguardo. L'insetto sotto la punta
dell'ago dopo essersi dibattuto per un po' aveva ceduto. Solo morendo non
poteva più nascondere niente, nessun segreto aveva più senso. Quando si
impara tutto in una volta, quando si capisce bruscamente, ci si rende conto
di quanto sia stupido nascondersi.
Nel suo sonno sembrava sapere tutto, come quando si sogna e si è interamente
padroni del sogno. Non si vedono i volti, forse soltanto si profilano delle
sagome, però si sa esattamente chi è ognuna di loro, si sa cosa dice, si sa
tutto ciò che succede. Semplicemente si capisce.
Ma come puoi sapere tutto, quando sei sveglio? Ti sei intestardito guardando
con furore il volto sereno della donna. Adesso la noia era scappata via, il
treno continuava a correre, come vuoto. Un treno di vetro. Una galleria
nella quale avanzava come in una vagina fredda.
Stando attento, solo così, ti sei dato la risposta.
Ogni cosa nasconde dietro di sé un'altra cosa, questo fino alla cosa che
nasconde tutte le cose. Panciuta, pigra, lontana, quella cosa ti sembrava la
bocca dell'uscita dalla galleria. Perché no? Il gioco ti aveva preso in un
vortice sempre più grande, il tuo pensiero si stava avvolgendo attorno alle
ruote sotto, un gomitolo di incertezze, una palla di neve che stava
ruzzolando sul binario.
Per arrivare lì si può partire da qualsiasi posto. Il centro della
conoscenza è dappertutto. Ogni particolare è un tesoro.
Devi sapere tutto, assolutamente tutto ciò che si trova attorno a te.
Niente ti si deve nascondere.
La donna, i sedili, i lacci, il mozzicone, le guarnizioni in gomma. il
respiro di lei, lo sferragliamento delle ruote, lo specchio, i bordi.
Guarda! ... Ascolta!
Tasta ! Sii curioso! Annusa!
Interiorizza!
Pensa!
Così che fra i tuoi pori e quelli delle cose non ci sia più niente.
Sii curioso! Sgarbatamente curioso. In quel momento hai scrutato lo
scompartimento, ogni bordo, ogni colore, ogni particolare. Eri diventato
soltanto occhi, orecchie, lingua e olfatto. Lo scompartimento pulsava come
un cuore provocandoti piccoli disturbi di adattamento. Ti sarebbe piaciuto
avere un bisturi e indagare la donna pezzettino per pezzettino. Annusare il
suo sangue... accarezzare le sue ossa bianche ... tastare con attenzione
ogni suo organo addormentato.
Ma hai visto il suo bagaglio. Sopra. Una borsa marrone.
Dovevi sapere tutto.
Il treno si fermò. La tua mente lavorava febbrilmente.
Tutto, dovevi sapere tutto.
Ti sei buttato sulla borsa, l'hai acchiappata e sei fuggito nel corridoio.
Sei saltato sul binario e ti sei perduto fra la gente.
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