FRANCISCO GOYA

Biografia

Francisco Goya nacque nel 1746 a Fuentetodos (Saragozza) e ancora oggi viene considerato il più grande pittore europeo fra il XVIII e il XIX secolo soprattutto per la sua originalità e la sua audacia. Pittore e incisore, egli affonda le sue radici nell’antica tradizione della Spagna, una nazione che conosceva il lusso e la gloria dell’aristocrazia e la miseria disperata dei poveri, ma anche una nazione fanaticamente religiosa, che alterna le superstizioni medievali al razionalismo illuminista. Egli ritrasse con occhio spietato i vizi più riposti della natura umana, creando opere di altissimo valore, con immagini dalla forte impronta romantica e dalla grande ricchezza cromatica. La sua pittura rivela una continua evoluzione e il perenne rinnovamento dell’artista, che ha lasciato testimonianze di una produzione ricchissima. Famosissime le raccolte di incisioni: Capricci (1796-1798), Taccuino di Madrid, Disastri della guerra, Tauromachia (1815-1816), Proverbi (1813-1815; 1817-1818). Morì nel 1828 a Bordeaux, in Francia, dopo essere diventato sordo a causa di una malattia.

 

L’ossessione onirica nelle opere di Goya

Dopo una prima fase dedicata a pittura religiosa, ritratti e arazzi con scene campestri e di festa, Goya, dalla fine del Settecento, inclina allo “scuro”, al cupo. In questo periodo, tra il 1819 e il 1823, egli è ormai completamente sordo e, ritiratosi in una casetta nei sobborghi di Madrid, visse isolato, dando origine a quattordici dipinti ad olio (dipinti sulle mura di casa) di vario formato, che segnano il culmine delle sue così dette “pitture nere”.

In queste pitture, ma anche nelle sue incisioni, egli illustra un mondo contraffatto, caotico, sconvolto, che emana un senso di terrore. Il colore dominante è il nero, utilizzato principalmente per gli sfondi, mentre gli altri toni vanno dal grigio al marrone; i soggetti  scelti sono scene di follia, in cui vengono rappresentati incubi, orrori, vicende sinistre e tenebrose, riti stregoneschi, violenti episodi dell’Inquisizione o della guerra.

I mostri che compaiono nelle sue opere (famosa la didascalia “Il sonno della ragione genera mostri”) altro non sono che i risvolti violenti e inquietanti della psiche, fantasmi interiori, che Goya vuole portare alla luce. I personaggi appaiono sfigurati, deformi, con i tratti del volto orridi e grotteschi, i volti sono in genere bestiali, resi ancora più terribili da ghigni o smorfie.

 

"IL SONNO DELLA RAGIONE GENERA MOSTRI"

(1799 acquaforte; cm 21 x 15)

 

L'incisione di Francisco Goya Il sonno della ragione genera mostri (1797-1799), realizzata con le tecniche dell'acquaforte e dell'acquatinta, fa parte della serie intitolata Capricci, nella quale il grande pittore spagnolo espresse una ferma condanna all'oppressione del potere, all'ottusità della superstizione e a ogni forma di sopraffazione, dando vita a immagini di potente suggestione.

 

"IL SABBA DELLE STREGHE (IL GRAN CAPRONE)"

(1820-23 Olio su intonaco montato su tela; 140 x 438 cm Museo del Prado, Madrid)

 

Una fra le pitture più celebri del pittore spagnolo. Qui la figura diabolica del caprone si staglia su un assembramento indistinto di teste mostruose, scimmiesche (quasi un cumulo di teschi), contratte in smorfie. Il bianco degli occhi spicca a tratti sull’ammasso cupo. Goya, che non credeva all’esistenza della stregoneria, considerava quello che lui riteneva il mito del culto delle streghe come un’espressione del male che si annida nella mente di ogni essere umano.

 

Baudelaire, in “Fari” (ne “I Fiori del Male”), descriveva così la pittura di Goya:

 

Goya: incubo colmo d’arcani senza fine;

feti cotti in un sabba, su qualche orrida balza;

laide streghe allo specchio; ignude ragazzine

che per tentare il diavolo si tiran su la calza.

 

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Percorso interdisciplinare di Pamela De Pasquale Anno Scolastico 2004-2005 Liceo Scientifico "G.Oberdan" Trieste