Gabriele
D'Annunzio
Gabriele
D’Annunzio oltre ad essere un poeta di grande talento naturale, cimentandosi
in tutte le forme e generi (dalla lirica al romanzo, al teatro, alle
novelle, dalla prosa di memoria alla prosa politica), fu anche un uomo di
azione che cercava di evadere dalla comune realtà degli scrittori del suo
tempo. Viveva a pieno la propria vita da lui definita “inimitabile”,
caratterizzata da un abbigliamento elegantissimo, dagli amori con donne
bellissime (note e stravaganti che furono molto spesso motivo di scandalo) e
da case lussuose. Era anche un uomo d’azione e partecipò ad imprese di
guerra rischiose tra le quali: l’incursione marina nella baia di Buccari e
l’azione per la riconquista di Fiume e la Dalmazia.
La vita e gli studi
Gabriele D’Annunzio
nasce nel 1863 a Pescara da una famiglia borghese agiata; tra il 1874 compie
ottimi studi liceali pubblicando la sua prima raccolta poetica “Primo vere”.
Dal 1881 si trasferisce a Roma dove si iscrive alla facoltà di letteratura
ma, distratto dalla vita della capitale, non prenderà mai la laurea;
collabora a Napoli con il giornale “Il Mattino”. Nel 1895 si trasferisce
nuovamente a Roma dove nasce l’amore più intenso della sua vita con la
grande attrice teatrale Eleonora Duse con la quale si sposterà in Toscana
fino al 1910.
In questo periodo nascono alcune tra le sue
opere più importanti come il romanzo “Il Fuoco” e il ciclo delle “Laudi”;
finito l’amore con la Duse e sommerso dai debiti, si reca a Parigi dove
frequenta circoli letterari e incontra intellettuali illustri. Allo scoppio
della guerra si schiera a favore dell’intervento antitedesco divenendo uno
tra i più fervidi interventisti; a causa di un incidente aereo perde la
vista all’occhio destro che lo costringe ad una convalescenza veneziana,
durante la quale scrive le prose di memoria “Notturno”.
In seguito all’avvento al potere del fascismo
e di Mussolini, viene relegato nell’isolamento di Gardone che lo rendeva
politicamente innocuo; lavora fino alla fine dei suoi giorni e muore
stroncato da un’emorragia cerebrale il 1° marzo 1938.
Lo stile
musicale e fastoso
Le caratteristiche
della lingua di D'Annunzio sono la musicalità e una forma elegante le quali
dimostrano che D'Annunzio è contro il realismo, poiché il suo stile è lo
stile del "superuomo", che vuole provare sentimenti nuovi diversi e
superiori a quelli che provano gli altri.
Il suo stile è
elevato e nobile, dominato anche in prosa da volontà di ritmo e musicalità;
il lessico invece è aulico e arcaico che raramente si abbassa al quotidiano.Inoltre,
è nota l’abitudine di appropriarsi di pagine altrui; “furti”, che più volte
gli vennero polemicamente addebitati, ma al quale lui non rispose mai. Tali
plagi, vanno intesi come espressione di un poeta che vuole essere il
dominatore della parola.
Egli inoltre si
definiva “l’imaginifico”, il creatore di immagini, attraverso suoni
ricercati e parole preziose e rare. Ovviamente l’imaginifico, non è solo
abile sul piano tecnico-formale, ma sa anche colpire l’immaginazione del
lettore con la riproposizione aggiornata dei miti del passato, come se
fossero degli incantesimi che offrono ai lettori emozioni incontenibili.
L’estetismo e il
superuomo
Appartiene al
decadentismo
per il suo estetismo (amore della bellezza; estetismo: movimento che si ebbe
in Francia, dal monte Parnaso, dove abitavano le muse, per indicare una
poesia pura, preziosa), uno dei suoi aspetti principali e nasce dall'odio
della realtà quotidiana; infatti estetismo, sia nella vita che nell'arte,
vuole dire ricerca di eleganza e di raffinatezza e la tendenza a separare
l’arte dall’esistenza corrente dandole un valore superiore; senza pensieri
di moralità, ma con l'estetismo D'Annunzio cerca pure di innalzare la sua
istintiva sensualità nell'amore, nel piacere, nel bello. Dunque l'arte di
D'Annunzio si basa soprattutto sulla sua sensualità che si ha quando il
poeta sente con gioia e voluttà i profumi, i colori, i suoni e con la sua
immaginazione rendeva tutto più bello, per questo D'Annunzio non seguì
nessuna regola d'arte. Per D'Annunzio la parola era tutto.
In D'Annunzio si parla anche del
mito di "superuomo", infatti molti personaggi dei suoi romanzi (Il Piacere)
rappresentano la sua forte volontà, il suo spirito attivo, aristocratico
superiore. Questo concetto del -superuomo- non lo prese del tutto da
Nietzche
(filosofo tedesco) ma trovò in questo scrittore tedesco un maggiore
chiarimento ai sentimenti di potenza, di voluttà e di bellezza che già
esistevano in lui. Questo impulso di godere la vita lo troviamo nelle
“Laudi” della vita, in cui si invitano gli uomini a godere la vita e si loda
Ulisse, che rappresenta l'uomo moderno, sicuro di sé, superuomo che sfida il
destino.
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