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Martin Heidegger nacque il 26 dicembre 1889 a Messkirch, da una modesta
famiglia di fede cattolica. Frequentò l'università a Friburgo dove si
laureò nel 1914. Nel 1928 ottenne la cattedra di Husserl a Friburgo e fu
per alcuni mesi rettore di quell'università. In quel tempo aderì al
partito nazista e scrisse a favore del partito, poi si chiuse in un
silenzioso riserbo. Nel 1945 non poté insegnare per i suoi trascorsi
nazisti, ma nel 1952 venne riammesso all'università come "professore
emerito". Morì nel 1976 a Messkirch. La sua opera più importante è
"Essere e Tempo" opera che però è rimasta incompiuta. |
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L'esistenzialismo è una corrente filosofica che ha caratterizzato il
periodo fra le due guerre. Con il termine "esistenzialismo" si intende
l'attenzione di fronte alla finitudine della condizione umana nel mondo.
Uno dei maggiori esponenti dell'esistenzialismo del'900 è Martin
Heidegger.
Lo scopo di Heidegger è quello di comprendere il senso dell'essere, egli
ritiene che per fare ciò bisogna esaminare l'esistenza.
L'esistenza è caratterizzata da un insieme di possibilità tra cui l'uomo
deve scegliere. Proprio perché l'esistenza concerne la scelta rientra
nel campo della soggettività, in quanto non si può parlare generalmente
dell'esistenza umana, ma della propria. Heidegger sostiene che per
comprendere l'esistenza bisogna osservare oggettivamente le strutture
che rimangono invariate ed analizzare l'uomo nella sua quotidianità.
Heidegger si accorge che per poter interpretare l'Esserci e chiarirne i
limiti, bisogna interpretare il fenomeno dell'essere-per-la-fine.
Secondo Heidegger, la morte non è la fine dell'esistenza per l'uomo,
poiché l'Esserci in quanto tale, non è mai la propria morte. "la morte è
la possibilità della pura e semplice impossibilità dell'Esserci. Così la
morte si rileva come la possibilità più propria, incondizionata e
insuperabile.". La morte è possibilità propria perché concerne l'essere
stesso dell'uomo. È una possibilità incondizionata perché appartiene
all'uomo in quanto singolo; le altre possibilità pongono l'uomo in
rapporto alle altre cose e agli altri uomini, la possibilità della morte
isola l'uomo con se stesso. È una possibilità insuperabile in quanto
l'estrema possibilità dell'esistenza è la rinuncia a se stessa. Infine è
una possibilità certa, si connette all'aspetto autentico dell'esistenza
umana. Solo nel riconoscere la possibilità della morte l'uomo ritrova il
suo essere autentico e comprende se stesso. Questa comprensione porta
alla situazione emotiva dell'angoscia. L'angoscia è diversa dalla paura
che deriva da un oggetto ben determinato, come la paura di fronte al
decesso. L'angoscia deriva dalla possibilità di una collocazione
dell'uomo davanti al nulla.[la possibilità concerne sia un qualche cosa
di positivo sia un qualche cosa di negativo]
L'angoscia della morte provoca una fuga davanti ad essa. Nella
quotidianità l'individuo "conosce" la morte come un evento che accade
continuamente, come "caso di morte", esso viene considerato come un
evento intramondano noto a tutti. Ciò che si pensa è che una volta o
l'altra si morirà, ma per ora, si è ancora vivi. Questo atteggiamento è
proprio dell'esistenza inautentica e si svela nel modo di
essere-quotidiano-per-la-morte. La morte in questo modo è concepita come
un qualcosa di non determinato, non ancora presente, che prima o poi
finirà per accadere, ma per ora non rappresenta una minaccia, si
diffonde la convinzione che la morte riguarda il Si anonimo ("si
muore"). Il Si si prende cura di una costante tranquillizzazione nei
confronti della morte perciò rappresenta una fuga davanti ad essa. Esso
si occupa di trasformare l'angoscia in paura per un evento che
sopravverrà. L'angoscia, ormai banalizzata, è un sentimento che non si
deve conoscere, in questo modo si provoca l'indifferenza di fronte al
fatto che si muore.
Tentazione, tranquillizzazione ed estraniazione caratterizzano il modo
d'essere della deiezione, processo con cui l'uomo cade dall'essere alle
cose del mondo. L'essere-per-la-morte-quotidiano è una fuga davanti ad
essa. Questo atteggiamento porta a un equivoco: la "certezza" della
morte. Heidegger sostiene che il Si per essere certo delle morte deve
essere certo del poter-esserci più proprio e incondizionato. L'Esserci
non sa che cosa la morte sia. Inoltre la quotidianità tradisce una
certezza. Si sa della certezza della morte ma non si è sicuri della
propria. Ciò testimonia che la morte deve essere concepita come la
possibilità più propria, incondizionata, insuperabile e certa.
L'esserci, poiché è gettato essere-nel-mondo, è già da sempre consegnato
alla propria morte. Esistendo per la propria morte, l'Esserci muore
effettivamente e costantemente fino a quando non sia pervenuto il
decesso. L'inautenticità ha alla sua base l'autenticità possibile.
L'esserci non è costretto a disperdersi necessariamente, anzi egli può
comprendere autenticamente la sua esistenza.
L'essere-per-la-morte-autentico non può evadere dalla possibilità, ne
tantomeno può capirla fuggendo e cadendo nell'incomprensione del Si.
Tale essere per la morte non è un tentativo di realizzarla (suicidio).
Poiché la morte è una possibilità e in quanto tale può essere intesa e
realizzata come minaccia sospesa sull'uomo, non può nemmeno essere
un'attesa, poiché l'attesa concerne la sua realizzazione che nega la
possibilità.
Essere per la morte significa procedere oltre le illusioni del Si e
tramite un atto di libertà, accettare la possibilità più propria del
nostro destino.
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