USCITA
Quella mattina mi svegliai ancor
prima del fischio. Gli uccelli cantavano, com’era solito fare per loro. Mi
rigirai sul fianco più di una volta, non riuscendo a prender sonno. Guardai l’orologio. I minuti passavano troppo lentamente. Avevo un presentimento.
Eccolo, il fischio. In cerchio ci venne data la fatidica notizia. Saremmo andati
in uscita quella mattina. Per fortuna il sole non era pigro come noi ed era
uscito senza troppe storie. Preparai lo zaino, mentre varie sensazioni
percorrevano i miei pensieri: stupore, rabbia, curiosità, entusiasmo. Partimmo.
Il primo ostacolo
di una lunga serie non tardò ad arrivare: il ruscello. L’acqua scorreva dentro
di esso in preda a una rabbia, a un rancore che nessuno do noi comprendeva. Gli
spruzzi sfiorarono il mio volto e stavolta individuo senza difficoltà la “mia
sensazione” di quel momento: panico. Con un po’ di zucchero, tutto sommato, la
pillola andò giù e passai sana e salva dall’altra parte. Lungo il sentiero
numerose immagini si affacciavano nella mia testa. La mia fronte era imperlata
di sudore e le gocce cadevano giù come la rugiada del mattino scivola
delicatamente sui petali dei fiori, accarezzandoli. Arrivammo all’imbrunire: il
cielo lentamente assumeva colori caldi e le nuvole avevano quei riflessi bronzei
che hanno i capelli castani al sole. La vallata era enorme e sembrava
abbracciata dalle montagne che, possenti e maestose, stavano lì come sfondo di
un paesaggio degno di Claude Monet. Sui volti dei miei amici vedevo gioia e
felicità, orgoglio, stanchezza ma soprattutto soddisfazione: la soddisfazione di
essere arrivati su con le proprie forze, aiutati da chi cammina di più, e
felici di avercela fatta. C’era chi la faceva per la prima volta, chi per la
penultima o ultima volta, ma su tutti i volti l’espressione era la stessa:
felicità per una missione compiuta |