titolo: Le maschere tipiche
Da sempre il carnevale servolano basa il suo successo sull'originalità  
delle maschere e sull'abilità con le parole, piuttosto che sulla ricchezza degli abiti, che anzi restano delle "scaramate", ossia maschere create con pochi mezzi e materiali piuttosto poveri.
Il massimo del divertimento ruota attorno ad una vera confusione tra i sessi, con uno scambio di ruoli. Infatti le donne servolane, note per un certo matriarcato che le contraddistingue, ponendole in posizione decisionale, si coprono il viso, alterano la voce e così facendo possono permettersi di burlarsi degli uomini, dai personaggi più in vista, agli amici e ai loro stessi parenti. Gli aneddoti raccontano di mogli in maschera che sono riuscite a circuire i loro stessi mariti e di anziane signore capaci di raggirare giovani baldanzosi.
Travestimenti Al contrario, gli uomini indossano abiti femminili e fanno il verso alle donne: le gags proposte mettono alla berlina le manie, i modi di agire, i discorsi ricorrenti del sesso debole. Una specie di rivincita, insomma, quasi una dimostrazione di superiorità.
Dal Corso delle Serve del giovedì grasso derivano le maschere
appunto delle serve e dei "pargoli", oggi "tati": quale occasione migliore per tornare bambini, anche solo per un giorno, farsi coccolare dalla mamma, poter essere di nuovo capricciosi e birbanti? Questi bambini sono accompagnati dalle bambinaie o governanti, che per una volta tanto vengono considerate persone in vista, delle "signore per un giorno". In effetti serve e bambini altro non sono che maschi travestiti, con carrozzine "fuori misura" addobbate in maniera originale.
Anche il mercoledì delle Ceneri, quando si celebra la cerimonia del funerale, sono gli uomini ad impersonare la vedova, le amanti e i poveri orfanelli che si disperano lungo il corteo.
Una figura caratteristica del carnevale servolano, quasi da diventarne l'anima, è stata Lalo: qualcosa di più di un personaggio simpatico e un po' bizzarro, fu il custode di tante piccole, ma importanti usanze e tradizioni. Era diventato il mazziero della banda di carnevale un po' per caso nel lontano '55 e a lui è dovuta l'invenzione del "batòc" o "cacavela", uno strumento costituito da un bidone con un manico, una sorta di contrabbasso artigianale.
Impeccabile nella sua divisa austro-ungarica e il suo cappello con le piume, è stato l'impersonificazione del carnevale servolano per quasi cinquant'anni.
Lalo in uniforme
Quest'anno però, per la prima volta, i servolani hanno dovuto fare a meno di lui; lo ricordano in un nostalgico libro di Ruggero Paghi, intitolato "Lalo, un uomo per Servola".
Mano Mama in uno dei suoi travestimenti Un altro personaggio ha accompagnato per quasi tre decenni il carnevale di Servola, la macchietta Mano Mama (la madre di tutte le maschere), famoso per la sua capacità di immergersi nella maschera interpretata, per la sua mimica facciale di eccezionale espressività. L'accoglienza a lui
riservata nei vari locali era sempre entusiastica, poiché il suo arrivo rialzava l'umore dei presenti: sapeva infatti cogliere con i suoi travestimenti le mode e le tendenze del momento e metterle alla berlina. I suoi mancamenti sfioravano la credibilità, tanto da chiedersi se, dietro la finzione della scena madre interpretata, non ci fosse realmente un po' di tristezza per un altro carnevale che se ne andava.

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Fonti: "Lalo, un uomo per Servola" di Ruggero Paghi, Ed. Il Murice;
Mostra fotografica tenutasi nel mese di febbraio presso il Circolo Ferriera di Trieste.
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