I Viaggi ieri

Il viaggio costituisce uno dei grandi temi appartenenti all'immaginario letterario di tutti i tempi. Nel passato i viaggi si facevano su lenti barconi, a cavallo di asini e muli, a piedi; i tempi di percorrenza erano molto dilatati, basti pensare che mediamente un viaggiatore a cavallo, in condizioni ottimali poteva percorre al massimo sui quaranta, cinquanta km, mentre a piedi su tragitti in piano, di solito non superava i 20 km. La gran parte di chi si avventurava lungo le strade si muoveva infatti a piedi e per questo, lungo i principali itinerari e sugli assi viari più battuti, erano presenti numerosi luoghi di fermata e di ristoro che presentavano qualitativamente sostanziali differenze. Le notizie desumibili dalle cronache di viaggio forniscono giudizi assai lusinghieri per i servizi ospitalieri inglesi e tedeschi, questi ultimi in particolare decantati, insieme a quelli svizzeri, specialmente per la pulizia. Gli alberghi francesi, come per lo più anche quelli inglesi e italiani, sono celebrati per la cucina, soprattutto per la pasticceria, mentre, con l’eccezione di Siviglia, Valencia e Barcellona, risulta piuttosto scadente il livello di ospitalità offerta nei paesi iberici, ed in quelli dell’Europa orientale.
Ci si spostava per ragioni commerciali, diplomatiche, religiose, culturali, politiche, militari, economiche, climatiche, non certo turistiche.

«Alle hosterie in Inghilterra li forestieri son trattati benissimo, con buone vivande, ben cucinate, e nette con honesto pretio. In Fiandra anco molto bene; come si arriva li servitori dell’hosteria prendono li cavalli e li governano», accompagnano i clienti alle camere assegnate, tolgono loro gli stivali e forniscono, se non ne hanno di proprie, calzature di ricambio. Ad Alessandro di Stefano Magno, giovane patrizio veneziano autore della cronaca da cui abbiamo tratto questo breve stralcio, nel suo viaggio di ritorno dall’Inghilterra nell’autunno del 1562, nonostante i conti abbastanza salati («costa assai caro») le osterie delle Fiandre lasciano indubbiamente un piacevolissimo ricordo. Degli alberghi all’insegna del Leone, dell’Aquila, dello Spirito Santo, della Corona, ecc., incontrati nelle varie città fiamminghe decanta sempre l’ottima accoglienza ricevuta e in particolare ricorda l’usanza degli osti di intrattenere e divertire gli ospiti la sera con piccole feste da ballo, richiamando nei locali suonatori di vari strumenti.

Non mancano poi accenni all’eccellente trattamento riservato anche al suo cavallo, del cui stato di salute e di forma questo previdente viaggiatore si interessava peraltro personalmente: «…gionto all’hosteria subito guardava se la sella li facea male e la faceva racconciare. Se trovava che fusse scorticato li orinava sopra, la qual cosa subito fa rissaldare; li facea lavar le gambe con el vino e ongerle con sego, e alcuna volta li facea romper delle ova sotto li piedi, e più custodia havea a lui, che a me». Il cavallo era un bene prezioso per il viaggiatore e nelle principali stazioni di posta o abbinate alle locande dotate di ampie stalle, erano spesso operanti botteghe di maniscalchi che in caso di necessità fungevano anche da veterinari.