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BENEDETTO CROCE

Benedetto Croce

Nato a Pescasseroli negli Abruzzi nel 1866, morto a Napoli nel 1952, vive al riparo dalle necessità materiali grazie ad un ingente patrimonio personale; svolge come libero scrittore un'intensa attività nei più svariati campi della filosofia, della storia, della letteratura e dell'erudizione.

Croce si dichiara ostile al governo fascista che, tuttavia, gli consente una certa libertà di critica politica. Egli si avvalse di questa possibilità nei libri e nelle note che pubblicava sulla “Critica” per una difesa degli ideali della libertà. Negli anni del fascismo la figura di Croce ha assunto, agli occhi degli italiani, il valore simbolico dell'aspirazione alla libertà e ad un mondo in cui lo spirito prevalga sulla violenza.

 

L'ANTIPOSITIVISMO CROCIANO

Croce, si formò in epoca positivista, in una di quelle fasi storiche nelle quali la filosofia veniva    screditata, la metafisica eliminata, lo spiritualismo e l’intuizionismo condannati senza appello. Sebbene il giovane studioso fosse influenzato da quel clima, il Croce maturo si vanterà apertamente di non essere mai stato positivista (Contributo alla critica di me stesso, 1915): affermerà di aver commesso tanti errori nella vita, e tanto gravi da arrossirne ancora, ma mai quello di essere stato positivista.

Questa sola affermazione testimonia il clima che era venuto a crearsi nei primi anni del Novecento. Croce pagò a caro prezzo l’asprezza della sua polemica. Ancora oggi, a più di un secolo, è diffusissimo il luogo comune di un Croce nemico giurato delle scienze mentre, in effetti, egli fu irriducibile nemico dello scientismo, ossia dell’illegittimo tentativo di estendere, se non imporre, il metodo empirico o empirico-razionalistico, a tutte le altre sfere della cultura.

In realtà, l’antipositivismo del filosofo abruzzese, considerato nel suo complesso, non fu particolarmente originale nella sua epoca. La filosofia del suo tempo nacque sotto il segno di quella che potrebbe essere definita la reazione al Positivismo o, forse meglio, la liberazione dal Positivismo.

Ma la domanda che ora bisogna porsi è se le scienze conoscano veramente qualcosa, se siano effettivamente uno strumento della conoscenza. Ebbene, nel complesso dei suoi scritti, Croce lo nega. La scienza empirica fondata sul metodo sperimentale non può darci una conoscenza certa.

L’empiria fonda la propria validità conoscitiva sul principio di causa-effetto, sull’idea della uniformità della natura, sulla certezza delle leggi naturali. Fra causa ed effetto non c’è rapporto logico ma solo consuetudinario, abitudinario. Che il sole sorgerà ogni mattina è una previsione che si fonda sul dato di fatto che sino ad ora è stato così. Non vi è nessuna prova logica per cui questo fenomeno naturale debba ripetersi all’infinito. Il procedimento scientifico di tipo empirico, sostiene Croce, è puramente descrittivo, non ha capacità di cogliere l’essenza delle cose.

Eppure, soprattutto al senso comune, le scienze appaiono vere, per il carattere di esattezza che le connota e perché risultano, nella vita quotidiana efficaci, operative, utili, pratiche. Ma, come si vedrà, è proprio questo che Croce cercherà di dimostrare: le scienze non sono dei meri errori, dei camuffamenti della verità, delle pure finzioni, giochi linguistici più o meno arguti. Esse possono essere dannose quando intendono sostituirsi alla filosofia, alla storia. Ma, di per sé, non sono né errori né inganni. Esse svolgono, secondo Croce, una funzione propria, necessaria, insostituibile: appartengono al mondo dell’utilità e il loro progresso non può non essere celebrato che come il progresso dell’umanità stessa.

Le scienze dunque appartengono, secondo Croce, al mondo della prassi più che al mondo della teoresi. Non perché esse siano, per così dire, immediatamente azione ma perché sono uno strumento  e, in quanto strumento, esse non sono né vere né false, tanto meno buone o cattive: possono essere solo utili o inutili, efficaci o inefficaci. E il giudizio morale o anche politico che si può dare  sulle scienze non riguarda le scienze in sé e per sé ma soltanto l’uso che delle scienze si può fare, e dunque delle scienze nelle loro relazioni con le altre attività umane.

LA FILOSOFIA DELLO SPIRITO

 La filosofia di Croce  viene definita come uno “storicismo assoluto“; egli intende per storicismo “l'affermazione che la vita e la realtà sono storia e nient'altro che storia“ (La Storia, 1938). Lo storicismo crociano non è perciò nient'altro che il razionalismo assoluto hegeliano (identità di razionalità e realtà). Con Hegel si era acquistata la coscienza che l'uomo è la storia, che la storia è l'unica realtà e che la realtà è l'attuazione della ragione. A Hegel tuttavia Croce  rimprovera di aver ammessa la possibilità della natura come “altra dallo spirito“, di aver reso pesante e scolastico il suo sistema e soprattutto di aver fatto confusione tra il nesso dei distinti e la dialettica degli opposti. Secondo Croce gli opposti si condizionano a vicenda (non c'è bello senza brutto), ma i distinti, cioè i gradi dello spirito, si condizionano solo nell'ordine della loro successione. Croce ammette quattro gradi, che si raggruppano nelle due forme fondamentali dello spirito, quella teoretica e quella pratica; arte e filosofia costituiscono la forma teoretica, economia ed etica quella pratica.

LA TEORIA  DELL'ARTE

L'arte è il primo momento dello spirito universale. Essa è definita da Croce come intuizione, però considerata come teoria e assegnata alla forma teoretica dello spirito. Visto che intuizione significa pura idealità dell'immagine, egli esclude quindi la distinzione tra realtà e irrealtà propria della conoscenza filosofica. La conoscenza filosofica è sempre realistica, perchè mira a stabilire la realtà contro l'irrealtà. L'arte invece muore se viene trasformata in riflessione o giudizio. Non è perciò religione (non includendo la pretesa della realtà), né atto utilitario (essendo una forma teoretica), né atto morale (in quanto un'immagine non può essere né lodevole né riprovevole). Croce afferma quindi la piena e totale autonomia dell'arte (= l'unico scopo dell'arte è l'arte stessa, ossia la bellezza).

L'intuizione artistica non è tuttavia un fantasticare disordinato: essa ha in sé un principio che le dà unità e significato e questo principio è il sentimento. L'arte è sintesi a priori di sentimento e di immagine; il sentimento senza l'immagine è cieco, l'immagine senza il sentimento è vuota.

Come intuizione, l'arte si identifica con l'espressione. L'espressione artistica si identifica con l'intuizione, ma essa è diversa dall'espressione tecnica che è dovuta alla necessità pratica di rendere agevole la riproduzione dell'immagine.

L'espressione prima e fondamentale è il linguaggio; il linguaggio è la forma originaria dello spirito in quanto è il segno mediante il quale l'uomo comunica con se stesso. Inoltre il poeta parla come l'uomo e ciò spiega il potere della poesia su tutti gli uomini: se la poesia fosse una lingua a parte, un “linguaggio degli Dei“, gli uomini neppure la intenderebbero.

L'arte parte dal sentimento, ma lo trasfigura in immagini, che rappresentano la liberazione dall'immediatezza e la catarsi dalla passionalità. L'arte è intuizione e l'intuizione è espressione, quindi l'espressione poetica, in quanto placa e trasfigura il sentimento è una teoresi che riannoda il particolare all'universale e perciò ha sempre un'impronta di universalità. Da essa va distinta l'espressione sentimentale (priva di teoricità, non supera il sentimento ed è perciò fatta di “suoni articolati“), l'espressione prosastica (che dà luogo a simboli), l'espressione oratoria (che dà luogo anch'essa a suoni articolati ma dei quali l'attività pratica si avvale per suscitare particolari stati d'animo) e l'espressione letteraria che consiste nell'armonia tra le espressioni poetiche e quelle non poetiche (sentimentali, prosastiche e oratorie) in modo che queste ultime non offendano la coscienza poetica.

APPROFONDIMENTI

Antipositivismo

Il saggio di Husserl, La crisi delle scienze europee, è un vero e proprio manifesto, non solo filosofico ma etico, dell’antipositivismo, viva e nitida testimonianza di una nuova condizione spirituale; il segno più forte della rottura, che si stava consumando, con la mentalità positivistica, lo si coglie proprio nella totale inversione di tendenza avvenuta nel mondo delle scienze propriamente dette. Sono gli scienziati, i matematici, gli epistemologi, che rompono, non solo con il positivismo ma con lo stesso empirismo classico e, insomma, con la fisica di Newton, regina e modello di tutte le scienze particolari. E' la generale svolta impressa alla fisica da grandi scienziati come Einstein, Planck, Heisenberg, che scuote dalle fondamenta la tradizione scientifica, tanto da consentirci di affermare che “nel momento stesso in cui Planck e Einstein enunciano le loro teorie, tolgono o, meglio, annullano loro malgrado, le fondamenta su cui poggiava la fisica classica“ (G.Gembillo, Neostoricismo complesso, ESI, Napoli, 1999). Tendenza che non si arresterà ai primi del secolo ma resterà viva, e si affermerà definitivamente fino alla fine del Novecento, con le analisi di Khun, dei seguaci di Popper (e in parte con lo stesso Popper) ma, soprattutto, con Prigogine e Morin, nonostante la circoscritta rinascita del positivismo ad opera del Circolo di Vienna e del cosiddetto neopositivismo logico.

“La Critica“

rivista di letteratura, storia e filosofia fondata da Croce nel 1903 e vissuta fino al 1944. Mosse guerra alle concezioni filosofiche dominanti (positivistico-evoluzionista e spititualista) facendosi portavoce di un nuovo idealismo storicistico, l' “idealismo critico“. Fu uno dei maggiori strumenti della “dittatura“ che Croce esercitò per quasi mezzo secolo sulla cultura italiana.


Percorso interdisciplinare di paola zanzi anno scolastico 2004-2005 liceo scientifico "G.Oberdan" Trieste


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