IL NEGOZIO DEI GIOCATTOLI

Fiaba di Vincenzo Scarpa


Il sole era tramontato da un pezzo e la luna brillava alta nel cielo stellato. Il signor Alberto aveva chiuso il negozio da un pezzo e il silenzio regnava incontrastato tra le file degli scaffali di legno.

- E' una vergogna - tuonò una voce gutturale. - Non è possibile che dopo tanti anni di servizio mi tocca stare rinchiuso in questa scatola con voi due.

- Sì, ha parlato il re! - esclamò un'altra voce. - Solo perché ti hanno messo una corona in testa, mo' ti credi di essere l'imperatore?

- Certo, cara la mia cameriera! E ricordati che io sono sempre stato un burattino di gran classe. Guarda come sono lucido. I miei vestiti sono nuovi mentre i tuoi... beh, è meglio non descriverli, tanto sono malandati.

- Burattino di gran classe? Ma non farmi ridere... se non era per me, che son la regina, tu non avresti mai fatto tanto successo! - esclamò un'altra marionetta.

- Donne! Tutte uguali. Tanta lingua e niente cervello...
- Non ti permetto di insultarmi così. Non puoi pretendere di aver sempre ragione.
- Sì che posso!
- No!
- Sì!
- No!

E i due burattini si azzuffarono, facendo un tal baccano che svegliarono, fra i vari giocattoli, anche un soldatino di stagno.

- Ma cosa ho fatto di male? - domandò questi. Il signor Alberto è tanto gentile e premuroso con me, ma... doveva proprio mettermi vicino a questi due scocciatori? A sentir quelle parole, la regina si infuriò ancor di più.

- Ma stai zitto tu, che sei solo capace a parlar di guerre e di trofei.
- Ma senti un po' questa! - si difese il soldatino.
- Quelli che contano sono l'onore, la madrepatria e la fedeltà. Non di certo uno stupido spettacolo di marionette. A questo punto, seguì una gran confusione: alcuni applaudivano, altri fischiavano e altri ancora spingevano. Tutti però, avevano gli sguardi puntati sul soldatino e sulla marionetta.

- Madrepatria? Fedeltà? Puah! Quello che conta è il potere, caro il mio soldatino. Tu te la puoi permettere una carrozza con tanto di cavalli? E sei mai stato applaudito da tanti bambini che ti chiedono di esibirti di nuovo? No, non credo, altrimenti non parleresti così- disse la regina.

- E tu - gridò il soldatino - hai mai provato a gustare il sapore della vittoria? A sentirti un eroe per aver liberato il tuo paese dagli invasori? No, non credo proprio, altrimenti non parleresti così - disse il soldatino.

- Suvvia signori! - intervenne un orsetto di peluche.

- Non vi sembra un comportamento ridicolo il vostro? Vogliamo continuare a litigare per tutta la notte? Qui ci sono dei giocattoli che vogliono dormire.

- E allora dormi e non interromperli - intervenne un'altra voce.

- Ah sì, eh? Bravo lei. Continuiamo di questo passo. Continuiamo a infischiarcene della comunità. Domani chi lo sente il signor Alberto, se qualcuno di noi si rompe?

- Ma va al diavolo te e il signor Alberto - risposero un coro di voci. - Siamo stufi di continuare ad essere toccati da tutti quei ridicoli bambini che saltellano contenti come dei cagnolini. Dobbiamo cambiare le cose. Chi vuole essere con noi?

- Nessuno rispose.

- Allora? Le cose stanno bene a tutti?

- No - disse una bambola dai capelli biondi. - A me le cose non stanno affatto bene. Però non voglio assumermi delle responsabilità inutili. Prima cambiate le cose e, se mi converrà, allora mi unirò a voi.

- Un momento, un momento! - disse il re. - Siamo o non siamo in un negozio democratico? Non abbiamo forse tutti egual diritti?

Tutti si misero a ridere. Non si capiva però se per la democrazia o per il re.

- Eh, troppo comodo così- rispose la cameriera. - Prima mi parlate di vestiti malandati, e ora mi tirate in ballo la democrazia? Ma per favore...

- Però il re ha ragione - disse un cigno di cera. - E' troppo comodo fare così. Che tipo di cambiamenti vogliono quei signori? Che cosa propongono di fare?

- Io voglio l'indipendenza - disse un maialino di stoffa con tanto di occhiali. - La razza dei maiali è di gran lunga superiore a tutte le altre. Non vedo quindi perché noi maiali dobbiamo dividere il nostro scaffale con degli inferiori come voialtri.

- Puah! Sono i soldatini di stagno ad aver diritto a quello scaffale. Voi siete più in alto di noi, e in genere siete quelli che subite di meno. Perché poi, proprio voi?

- Perché siamo superiori, stupido soldatino senza cervello.

- Noi abbiamo combattuto per la patria. Voi invece, che cosa avete fatto in tutti questi anni? Proprio niente.

- Eh bravo! - intervenne il re. - Chi é che comanda qui?

- Io - disse il soldatino. - No io - disse la bambola.

- Macché io - intervenne il maiale.

E ci fu di nuovo una gran rissa, che andò avanti fino a quando una porta non si spalancò.

- Ma cosa sta succedendo qui dentro? - chiese la signora Margherita.

- Boh - rispose il signor Alberto. Devo aver dimenticato la radio accesa. Ma... come mai, moglie cara, i giocattoli sono ancora tutti in disordine? Non ti avevo forse detto di metterli un po' a posto in questi giorni?

- Hai ragione caro, ma non ho ancora avuto tempo...

Il signor Alberto sospirò. - Non importa. Ci penso io. Domani abbiamo un mucchio di lavoro, ed é bene tenere il negozio pulito e in ordine. Non te lo dimenticare, capito?

- Sì, però adesso andiamo a dormire, va bene? Domattina ci svegliamo un po' prima e mettiamo tutto a posto.

- Ma sì, hai ragione anche tu. Andiamo a dormire, va... La porta si richiuse e tutto tacque. I giocattoli ripresero il loro posto di sempre, in attesa di trovare un nuovo padrone. Per un attimo si erano illusi di poter cambiare le cose, ma il loro destino era quello di far divertire gli umani e non di certo quello di prendere decisioni.


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