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Che abbia gli scaffali in metallo o che sia in
legno brunito – ne è un esempio il gioiello ligneo di San Daniele del Friuli
- che sia la Nazionale o una comunale, entrare in una biblioteca è
un’esperienza sensoriale, oserei dire fisica, perché investe tutti e cinque
i sensi umani.
Varcare la soglia di una biblioteca a scaffale aperto, dove i libri sono
alla diretta portata del lettore, è una gioia per gli occhi: lo sguardo
corre lungo gli scaffali, ne osserva i ripiani finché non si sofferma su un
libro e, con lo stupore di un bimbo che, a forza di scavare, scopre una
conchiglia sepolta dalla sabbia, se ne sfiora il dorso e lo si sfila infine
dallo scaffale. Reggere tra le mani un libro dà la sensazione di possedere
un frammento del sapere universale: le dita accarezzano le pagine, nello
sfogliarle puoi cogliere il sottile sfrigolio della carta; alle orecchie
giunge il mormorio di studenti chini sui testi nella sala da studio e
l’allegro vociare di un gruppo di bimbi nello loro saletta.
La biblioteca possiede anche un odore, un misto di inchiostro e di stantio,
di nuovo e di vecchio, sprigionato da libri freschi di stampa o da pagine
consumate dal tempo.
Non sono stati ancora inventati i libri da portare al palato; forse nella
mitica “Fabbrica di cioccolato” di Roald Dahl se ne potrebbe assaggiare uno
ricoperto di pralina fondente. Ma l’immaginazione del lettore è capace di
superare ogni confine ed allora puoi riempirti la bocca di gusto con l’“Aphrodita”
di Isabel Allende così come leggere “Il Profumo” di Suskind equivale ad
affondare le narici negli odori, non importa se puzze o fragranze, del XVIII
secolo.
Perché intitolare così questa rubrica? In primo luogo, perché di biblioteche
ce ne sono tante e ognuno di noi, in realtà, ne possiede una. Stando alla
nuda definizione, basta avere una manciata di libri e collocarli secondo un
criterio, anche personale, per formare una raccolta; risalendo
all’etimologia della parola, biblioteca non è infatti altro che una
raccolta, un contenitore – teca appunto – di libri, una vetrina aperta il
cui contenuto è visibile ed accessibile a tutti.
Di volta in volta, le riflessioni ospitate nella neonata rubrica avranno
come “occasio” la lettura di uno o più libri in cui mi imbatto nel mio
vagare tra gli scaffali. Se volete, il risultato che ne deriverà, mettendo
in fila tutti i libri citati, sarà appunto la formazione di un’ulteriore
biblioteca da cui, insaziabili, ripartire alla volta di nuove ed inedite
letture. E’ un po’ come intraprendere la salita lungo un sentiero di
montagna: se ne conoscono l’imbocco e la meta, dalla quale si spalancano
ampi orizzonti, ma incognito è il percorso, irto e tortuoso, che a tratti si
snoda su una cresta rocciosa e a tratti penetra in un bosco fitto. Come
dire, leggere è un’avventura.
Sentite cosa dice Daniel Pennac nel suo “Come un romanzo”, un libro che –a
costo d’essere accusata di eresia – a tutti gli educatori consiglio come
fosse il Vangelo: “Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il
tempo per vivere”. E ancora:” La lettura è come l’amore, un modo di essere”.
Questa rubrichetta vuole un omaggio alle biblioteche, grandi e soprattutto a
quelle piccole, di paese, dove recarsi per scovare libri spesso altrove
introvabili e, perché no, scambiare magari due chiacchiere con chi ci
lavora.
Le pagine che riempiranno lo spazio concessomi scaturiranno tutte dalla
lettura di un libro, scelto appunto in biblioteca, e si concluderanno con
l’invito a ritrovarlo, quel libro, in uno scaffale sempre di biblioteca.
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