Generalità (Republika ñg
Pilipinas):
Stato
dell'Asia sud-orient., formato dall'omonimo arcipelago, tra l'Oceano
Pacifico, il Mar Cinese Meridionale e il Mar di Celebes. Esso rappresenta
una sorta di trait-d'union tra mondo malese e Asia orient.: ciò non solo
dal punto di vista fisico-strutturale, ma anche da quello storico e
culturale, benché proprio la posizione avanzata verso il Pacifico, un po'
emarginata rispetto ai grandi fuochi culturali dell'Asia, abbia
contribuito a fare delle F. un Paese con una sua precisa individualità,
che si è riflessa nelle stesse vicende storiche.
Lo Stato in base alla Costituzione, approvata con referendum il 2
febbraio 1987 ed entrata in vigore il successivo 11 febbraio, le F. sono
una repubblica di tipo presidenziale.
Capo
dello Stato è il presidente della Repubblica, che è eletto a suffragio
universale e diretto per sei anni ed esercita il potere esecutivo. Il
potere legislativo spetta al Congresso, bicamerale, formato dalla Camera
(di 250 membri, di cui 200 eletti per tre anni, 50 di nomina
presidenziale) e dal Senato (24 membri, tutti eletti per sei anni).
Morfologia:
Il
Paese si estende per 300000 Kmq. Nel quadro dell'Asia sud-orient. le F.
rappresentano, dal punto di vista fisico-strutturale, il margine instabile
del continente sul lato del Pacifico. L'area che esse occupano è tutta
marcata da fenomeni crustali legati all'evoluzione stessa del bordo
sud-orient. della massa continentale asiatica. La presenza presso
l'arcipelago delle fosse oceaniche, che superano i 10000 m di profondità,
lascia intendere come tale evoluzione sia al tempo stesso connessa a
quella della fascia circumpacifica, la “cintura di fuoco”, di cui le
F., con il loro vulcanesimo e l'elevata sismicità, sono una delle zone
più attive. La struttura di base è formata da rocce cristalline e
scistose che, a partire dal Miocene (era cenozoica o terziaria), subirono
successive e intense crisi orogenetiche; si originarono così i piegamenti
che costituiscono l'ossatura montuosa dell'arcipelago. Parallelamente si
ebbero forti manifestazioni vulcaniche, che ricoprirono con materiali
magmatici di notevole spessore estese superfici delle isole; il
vulcanesimo, benché oggi alquanto ridotto, è ancora attivo, così come
la sismicità, che nel corso di questo secolo ha dato luogo annualmente a
ca. 150 scosse di terremoto, alcune delle quali disastrose.
Orografia:
L'orografia
è tormentata e varia: da ciò la forma spesso bizzarra dei contorni
insulari e l'estrema frammentazione del Paese: i Filippini hanno calcolato
più di 7000 isole, le maggiori delle quali sono Luzon e Mindanao, poste
all'estremità sett. e merid. dell'arcipelago, e tra cui sorgono Samar,
Negros, Palawan, Panay, Mindoro, Cebu, ecc. I tratti caratteristici e
fondamentali del rilievo sono dati dagli allineamenti montuosi cenozoici,
che a loro volta si collegano con i sistemi dell'arcipelago della Sonda.
Tre
sono gli assi principali: l'allineamento che, in direzione meridiana,
attraversando Luzon e Mindanao si allaccia da un lato alla dorsale di
Formosa, dall'altro a quella di Celebes; e i due allineamenti che, grosso
modo paralleli, danno origine alle dorsali di Palawan e delle is. Sulu,
continuando poi nei rilievi del Borneo. Tutte le isole sono montuose; solo
in Luzon e Mindanao tra le catene s'interpongono estese depressioni,
colmate da suoli alluvionali, che rappresentano gli spazi più vitali del
Paese. Costituisce il cuore dell'intero arcipelago la fertile pianura che
si apre verso la baia di Manila, nell'is. di Luzon; sovrastano la piana a
W i Monti Occidentali o Zambales, ad E la Cordigliera Centrale, il più
ampio dei tre principali allineamenti montuosi dell'isola nonché il più
elevato (m. Pulog, 2928 m), e che, come dice il nome, corre nella parte
mediana del territorio. Verso E la Cordigliera Centrale domina la valle
del Cagayan, orlata sul lato opposto dalla Sierra Madre: è questa la
terza grande catena di Luzon, che si sviluppa lungo la costa orient.
dell'isola.
Assai
complessa è l'orografia di Mindanao; sovrastata da imponenti rilievi,
l'isola culmina a 2954 m nel m. Apo, un vulcano attivo che è la massima
cima dell'arcipelago. Le coste, in genere rocciose, dominano
caratteristici bracci di mare che dalle isole stesse prendono il nome; lo
spazio marino più esteso è quello racchiuso tra le Sulu e Palawan (Mare
di Sulu). Profondo sino a 5580 m, corrisponde ad una fossa tra le due
dorsali, sormontate da formazioni insulari diverse: Palawan è in pratica
un'unica ed erta catena montuosa che supera i 2000 m d’altitudine; le
Sulu sono una miriade d’isolotti frangiati da scogliere coralline.
Idrografia:
A
causa della conformazione montuosa e frammentata delle isole l'idrografia
è sminuzzata e priva perciò di bacini estesi. Naturalmente i fiumi
maggiori sono quelli che drenano le depressioni di Luzon (Cagayan, Agno,
Pampanga) e di Mindanao (Agusan, Mindanao). Nelle zone vulcaniche esistono
laghi craterici, come quello del vulcano Taal a Luzon.
Clima
Per
quanto riguarda il clima, occorre tener conto della posizione
dell'arcipelago, che è aperto al Pacifico e si trova nella fascia
tropicale, stendendosi su un arco latitudinale di ca. 15 gradi. La parte
sett., in particolare Luzon, risente del meccanismo climatico monsonico,
quella merid. degli influssi equatoriali. Caratteristica è comunque
l'alternanza delle stagioni, sensibile soprattutto a Luzon, con un lungo
periodo piovoso estivo e una marcata stagione secca d'inverno. Il regime
delle precipitazioni varia però sul versante orient., soggetto agli
influssi del Pacifico. Particolare spicco hanno qui i tifoni, formazioni
cicloniche violente attratte dalle depressioni che si originano nelle fasi
di transizione delle stagioni monsoniche, ma specialmente d'autunno, sul
Mar Cinese Meridionale, e che scaricano notevoli quantità d'acqua;
sovente hanno carattere catastrofico. È sul versante orient.
dell'arcipelago che piove di più, fino a 4000 mm annui, mentre in media
le precipitazioni non superano i 2000 mm (a Manila cadono 2100 mm); i
valori più bassi si hanno nelle isole più occidentali.
Mindanao,
al riparo dagli influssi monsonici, ha un clima di tipo equatoriale, con
precipitazioni in genere sui 2000 mm annui e regolarmente distribuite
nell'arco annuale. Per quanto riguarda il regime termico, una funzione
decisiva ha la marittimità, responsabile delle limitate oscillazioni
stagionali e giornaliere delle temperature. Le medie oscillano tra i 26 e
i 27 °C; generalmente sono più elevate nella parte sett. che in quella
merid. dell'arcipelago, soggetta al clima equatoriale e quindi col cielo
spesso coperto; in compenso qui è maggiore l'umidità relativa, che
raggiunge peraltro valori notevoli su tutte le isole.
Ambiente:
L'elevata
piovosità è all'origine della fitta foresta che copre ancora estese
regioni delle F.; vi si trovano varie essenze subtropicali proprie
dell'Asia sud-orient., nonché una specie particolare di mogano (del gen.
Hovenia) dal legno duro e pregiato, detto appunto mogano delle Filippine.
Frequenti ai bordi della foresta sono le palme da cocco, che orlano anche
le coste – sovente frangiate di mangrovie – e le aree coltivate. Ai
livelli altitudinali maggiori si hanno specie continentali come le
conifere, ben rappresentate sui monti di Mindanao; nell'isola però, e
ancor più a Luzon, il paesaggio appare in gran parte profondamente
trasformato dall'opera dell'uomo.
Popolazione:
Il
popolamento delle F. è avvenuto per successivi apporti: essi hanno
determinato profondi miscelamenti lungo le coste, ma hanno sovente
lasciato aree di fossilizzazione etnica nell'interno forestale e
impenetrato delle isole maggiori. A questo processo discriminatorio si
deve la presenza degli Aeta, pigmei negritos, tribù ancora molto
primitive, che vivono nelle aree più interne di Luzon, Mindanao
e delle Visayan occidentali e sono oggi in via d’estinzione come
gruppo etnico distinto. Popolazione.
Nell'insieme
le F. presentano però una popolazione abbastanza omogenea costituita da
sopraggiunte genti paleoindonesiane (Manobo, Mandaya, Igoroti, Apayao,
Ifugao, Minghian e numerose etnie minori) e neoindonesiane (Visaya o
Bisaya, Ilocani, Tagalog e altri); praticano nel complesso tecniche
agricole anche elaborate (come gli Igoroti, i costruttori delle
gigantesche terrazze coltivate sui monti sett. di Luzon) e culturalmente
appartengono al mondo malese, ma importanti influenze hanno subito, sin
dal sec. V, dai Cinesi, che aprirono le isole ai traffici.
Attività
commerciali nuove si ebbero con la penetrazione musulmana promossa dai
regni malesi; l'islamismo, benché fieramente combattuto dagli Spagnoli,
è rimasto radicato nella parte merid. dell'arcipelago, in particolare nel
sud di Mindanao e nelle Sulu, dove vivono i cosiddetti Moros, dediti in
larga parte ad attività marinare e, in passato, alla pirateria. Sono ca.
200.000 e manifestano un totale disaccordo con il governo centrale.
Numerosi sono anche i Cinesi (126.000), che esercitano attività
mercantili e si distinguono per l'intraprendenza, benché siano tenuti in
disparte dai Filippini.
Con
oltre 60 milioni d’ab. e una densità di 202 ab./km2, le F., data anche
l'elevata montuosità del territorio, sono un Paese fittamente popolato.
Si tratta però di un fenomeno piuttosto recente, dovuto essenzialmente da
un lato ad un accrescimento dei mezzi di sussistenza (verificatosi dopo
che gli Spagnoli ebbero introdotto con successo, grazie alle rilevanti
possibilità agricole dell'ambiente, nuove piante alimentari, come il mais
e le patate), dall'altro all'eliminazione di molte malattie endemiche e ad
un generale miglioramento delle condizioni economico-sociali.
Quando
vi giunsero, nel sec. XVI, gli Spagnoli valutarono che le F. ospitassero
solo 500-750.000 abitanti. Alla fine del secolo scorso vi erano otto
milioni d’ab., ma l'evoluzione demografica, già caratterizzata da forti
incrementi naturali, fu sconvolta da epidemie e da conflitti interni; una
notevole ripresa si verificò dopo la I guerra mondiale e nel 1926 si
registrarono 11,7 milioni. Gravi conseguenze sul quadro demografico ebbe
anche la II guerra mondiale, per effetto delle difficili condizioni
economiche oltre che per le effettive perdite umane; però si ebbe subito
dopo un forte accrescimento e già nel 1948 la popolazione era di oltre 19
milioni d’ab., saliti nel 1960 a ca. 27,1 milioni. Negli ultimi anni
l'incremento demografico si è attestato su un coefficiente annuo del
2,3%, che è tra i più alti del mondo.
La
popolazione ha una distribuzione assai varia: in generale tende a
concentrarsi sulle fasce costiere, ma gli squilibri distributivi sono
gravi sia tra zona e zona delle medesime isole, sia tra isola e isola. Il
49% ca. degli ab. si concentra nell'is. di Luzon; la zona più densamente
popolata, con oltre 300 ab./km2, è quella intorno a Manila, polo
economico e d’attrazione demografica del Paese; la densità è elevata
(in media oltre 200 ab./km2) anche nelle is. Cebu, Iloilo e Leyte, mentre
poco popolate sono le sezioni interne, montagnose, di Luzon e di Mindanao
(tutta l'isola ha peraltro una densità piuttosto bassa, di 104 ab./km2
contro i 221 ab./km2 di Luzon) e l'is. di Palawan, che con 25 ab./km2
registra i valori più bassi dell'intero arcipelago.
Scarsi
risultati hanno avuto le migrazioni imposte alle popolazioni dalle aree
più congestionate verso quelle meno abitate; come tendenza spontanea e
inarrestabile vi è la spinta all'inurbamento verso la zona di Manila e
secondariamente verso i centri maggiori delle altre isole. La popolazione,
costituita per gran parte da risicoltori che praticano la loro attività
fondamentale nelle risaie ad irrigazione intorno ai villaggi, vive ancora
però per quasi il 60% nelle campagne.
Religione:
La
maggioranza della popolazione professa la religione cattolica; si hanno
ca. 5,8 milioni tra protestanti e aderenti alla Chiesa filippina
indipendente, 2,6 milioni di musulmani, quindi seguaci d’altre religioni
e animasti.
Lingue:
Oltre
80, agglutinanti, costituiscono il ramo settentrionale del gruppo
indonesiano nella famiglia austronesica. Le maggiori in ordine decrescente
per numero di parlanti sono (in parentesi le aree di diffusione): cebuano
(Cebu, Negros, parte di Mindanao), tagalog (Luzon con Manila), ilocano
(Ilocos, Cagayan, Nueva Ecija), hiligaynon (Negros occ., Iloilo), bicolano
(Camarones, Albay, Sorsoyon, Masbate). Il tagalog, ribattezzato pilipino
(filippino), assurto a lingua nazionale perché lingua della capitale, non
ha raggiunto un completo predominio a causa delle resistenze
regionalistiche e della concorrenza dell'inglese, anch'esso lingua
ufficiale. Il tagalog è fra le poche lingue delle F. che avevano proprie
scritture anteriormente all'introduzione della latina. Tali sistemi
ortografici sono simili a quelli dei bughinesi e makassaresi di Celebes e
ad altri di Sumatra. In uso presso le comunità cinesi i dialetti cinesi
meridionali (Hokkien, cantonese); praticamente estinto l'uso dello
spagnolo, largamente parlato l'inglese.
Istruzione:
Prima
della colonizzazione spagnola, le F. avevano subito l'influsso dell'India
e della cultura araba. L'istruzione fu poi appannaggio dei religiosi, i
quali istituirono centri di educazione secondaria e superiore, soprattutto
per i figli dei colonizzatori, come il collegio di San José (1601) e di
Santo Tomás trasformato in università per una bolla papale nel 1645.
L'occupazione degli Stati Uniti (1898) mutò impronta al sistema
scolastico: l'insegnamento si secolarizzò, allo spagnolo fu sostituito
l'inglese, venne imposta la scuola mista. L'influsso dell'educazione
statunitense è tuttora determinante. L'educazione primaria è gratuita e,
ufficialmente, obbligatoria . Comincia all'età di sette anni e dura per
un periodo di sei anni. La scuola secondaria, dalla quale si accede
all'università, è fornita gratuitamente solo in alcune zone. Comincia
all'età di tredici anni, dura per un periodo di quattro anni e si
articola in due cicli di due anni. Durante il primo ciclo si fornisce
un'educazione generale uguale per tutti gli studenti, nel secondo ciclo
ciascuno studente sceglie un indirizzo specifico. Vi sono inoltre nel
sistema scolastico delle F. scuole di arti e mestieri, scuole nazionali di
agricoltura e collegi universitari di studi pedagogici.
Nel
1986 nelle F. erano funzionanti 52 università e più di 1000 colleges.
Nel 1980 la percentuale di analfabeti al di sopra dei quindici anni era
del 16,7%.
Città:
Le
città esercitano una forte attrazione sulla popolazione delle campagne:
infatti si assiste ad una costante emigrazione di giovani contadini e d’interi
nuclei familiari. Tuttavia la distinzione tra popolazione urbana e
popolazione rurale non è così netta, in quanto, da un lato la
popolazione rurale non si isola nelle campagne ma è in stretto contatto
con le comunità urbane, dall'altro la popolazione delle città mantiene
legami con le province rurali d'origine. Una caratteristica forma
d'insediamento legata essenzialmente alle attività marinare è quella dei
Moros delle is. Sulu, costituita da villaggi palafitticoli. Le città, e
in particolare Manila, sono socialmente il risultato di un urbanesimo
d'origine coloniale, oggi precario e tumultuoso, dai caratteri indefiniti,
che rende difficile anche la formazione d’attive e ben inserite classi
borghesi.
Manila
è in tal senso una tipica espressione dell'urbanesimo asiatico. Essa è
nata come sbocco e centro d'appoggio dell'organizzazione coloniale
nell'arcipelago (di cui è la capitale), in ciò favorita dal punto di
vista sia delle attività portuali per la sua posizione sulla bella baia
omonima, sia di quelle produttive e commerciali in quanto sbocco della
regione agricola più fertile e intensamente popolata. Manila, che ospita
1.876.000 ab., ha via via assunto così il ruolo di centro motore dei
moderni sviluppi dell'economia del Paese.
Nelle
sue vicinanze è situata Quezon City, seconda città del Paese con
1.599.000 ab., elegante centro residenziale scelto per svolgere funzioni
in prevalenza politico-amministrative e culturali. L'area metropolitana di
Manila conta ca. 6 milioni d’abitanti. Sempre nell'is. di Luzon hanno
importanza Batangas, vivace centro portuale a S di Manila, e Tarlac,
mercato agricolo di una fertile pianura intensamente coltivata e nodo
ferroviario dell'interno.
A
Mindanao tutte le maggiori città sono costiere e basano la loro economia
sui traffici marittimi. Primeggia Davao, moderna città con oltre 849.000
ab., posta sull'ampio golfo omonimo e sbocco di un ricco retroterra
agricolo; segue Zamboanga (344.000 ab.), affacciata sulla costa sud-occid.
a breve distanza dalle isole Sulu, dei cui prodotti è il tradizionale
centro di raccolta. Le altre principali città delle F. sono il fulcro
commerciale delle isole maggiori e più popolate. La più importante è
Cebu con ca. 610.000 ab., quarta città del Paese, situata sull'isola
omonima; è ricca di ricordi storici per essere stata la base della
colonizzazione spagnola nell'arcipelago, di cui rimase il centro di
maggior rilievo sino alla fondazione di Manila; è tuttora un porto assai
attivo. Cospicui traffici svolgono anche Iloilo, sbocco dell'is. di Panay,
Bacolod, posta sulla costa nord-occid. di Negros, e Basilan, sull'isola
omonima.
La
maggior parte delle altre città ha una popolazione compresa tra i 50.000
e i 100.000 abitanti.
Struttura
economica:
La
struttura economica delle F. conserva tuttora l'impronta determinante
ricevuta durante il dominio degli Stati Uniti, quando le attività
produttive – in specie la coltivazione della canna da zucchero –
ricevettero un forte impulso, ma solo in diretta funzione degli interessi
americani.
Con
l'indipendenza il Paese si avviava verso una lenta e difficile
trasformazione i cui elementi fondamentali erano la riforma agraria e la
costituzione d’alcune industrie legate soprattutto alla lavorazione dei
prodotti agricoli locali. Se confrontata con quella della maggior parte
dei Paesi del Terzo Mondo, le F. hanno un'economia discretamente
sviluppata : anche se, dopo l'incoraggiante andamento degli anni Settanta,
che avevano fatto registrare accrescimenti medi del 6% e il raggiungimento
dell'autosufficienza nel settore della produzione del riso, negli anni
Ottanta essa è stata gravemente penalizzata dal pesante debito estero
accumulato dal regime di Marcos. Con l'avvento di Corazón Aquino si è
cercato di dare impulso al settore agricolo, varando una nuova riforma, la
cui attuazione però trova molti ostacoli, di favorire le privatizzazioni
e gli investimenti privati e di ridurre il debito estero.
Nel
complesso però il Paese è ben lontano dall'aver risolto i propri
problemi socio-economici, cui si accompagnano pesanti disparità negli
sviluppi regionali e un estremamente caotico processo di urbanizzazione;
in particolare rimangono fortissimi squilibri nella distribuzione del
reddito in un Paese che raggiunge appena i 630 dollari di “media” pro
capite. Grava inoltre la netta dipendenza dell'economia filippina dal
capitale internazionale, così come la troppo scarsa diversificazione
degli scambi commerciali: netta è l'incidenza di Stati Uniti e Giappone
(ca. 50%), nonostante gli sforzi compiuti dal governo per stabilire
rapporti regolari e più consistenti con altri Paesi sia dell'area
asiatica sia di quella europea.
Per
ovviare alla scarsa remunerazione offerta dai minerali grezzi, di cui il
Paese è un discreto produttore ed esportatore, il governo è intenzionato
a potenziare l'industria estrattiva e metallurgica, specie del rame e
dell'alluminio; più genericamente si evidenzia la necessità di
sviluppare le attività manifatturiere che partecipano alla formazione del
prodotto nazionale per ca. il 25% (percentuale pari a quella
dell'agricoltura) e sono particolarmente carenti nei settori di base,
determinando così una gravosa dipendenza dall'estero. Notevolissima è
stata invece l'espansione del settore turistico, che è oggi uno dei più
promettenti nell'economia delle Filippine.
Agricoltura, allevamento e pesca:
L'agricoltura
interessa il 47% della popolazione attiva e fornisce i principali
prodotti d'esportazione; dispone di ambienti favorevoli e adatti a
svariate colture , che occupano il 26% della superficie territoriale; poco
modificata dalle riforme agrarie la struttura fondiaria squilibrata è di
freno al settore, vedendo la proprietà concentrata per l'80% nelle mani
di una limitata oligarchia.
La
maggior parte dell'arativo è destinata alla risicoltura , tradizionale
attività economica del Paese, diffusa un po' ovunque ma che trova la sua
area migliore nelle pianure centrali di Luzon, a N di Manila; grazie
all'introduzione di tecniche moderne e razionali dà una produzione annua
di ca. 90 milioni di q di riso. Secondo cereale per importanza è il mais
(43 milioni di q), introdotto dagli Spagnoli e oggi particolarmente
diffuso nella valle del Cagayan e nella sezione sett. di Mindanao. Altri
rilevanti prodotti alimentari sono le banane (36 milioni di q), le batate
(8 milioni di q), la manioca (18 milioni di q), gli ortaggi e vari tipi di
frutta, tra cui si annoverano ananassi , manghi e agrumi, oltre alle
citate banane.
Tra
le colture industriali il primo posto è detenuto dalla canna da zucchero,
coltivata anche in grandi piantagioni modernamente attrezzate: la
produzione alimenta diversi zuccherifici che forniscono annualmente 14
milioni di q di zucchero, in buona parte esportati. Larga diffusione ha la
palma da cocco (9-10 milioni di t di noci), anch'essa soprattutto presente
nell'is. di Luzon e che dà forti contingenti all'esportazione di copra
(19 milioni di q) e di olio, che è anzi in genere la prima voce
dell'esportazione. Coltura oleifera secondaria è quella delle arachidi.
Si coltivano inoltre varie piante tessili , tra cui la cosiddetta canapa
di Manila o abaca (ca. 1 milione di q), le agavi (sisalana e maguey) e il
ramiè; pregiato è il tabacco (570.000 q), di largo consumo locale e che
ha la sua area più adatta nella valle del Cagayan e in genere a Luzon,
oltre che nella parte occid. dell'is. di Mindanao.
Minore
importanza ha la coltivazione del cacao, mentre importante è quella del
caffè (ca. 1,4 milioni di q), per il quale il Paese è fra i principali
produttori del continente. Anche le attività forestali hanno un ruolo
economico di grande rilievo; boschi e foreste coprono il 40,5% della
superficie territoriale e
alimentano numerose segherie che lavorano altresì per l'esportazione. La
produzione complessiva di legname è di oltre 36 milioni di m3 annui; è
largamente richiesto dai mercati esteri il mogano filippino, mentre per i
più svariati usi interni è impiegato il bambù; buona consistenza ha del
pari la produzione di caucciù naturale (1,4 milioni di q). L'eccessiva
deforestazione ha già indotto però a sospendere almeno parzialmente
l'esportazione di legname.
Assai
minore importanza riveste invece l'allevamento del bestiame, data anche la
scarsissima estensione delle aree a prato e a pascolo (pari al 4% della
superficie territoriale); il settore comprende i bufali (2,9 milioni di
capi), animali tipicamente asiatici, mentre i bovini (ca. 1,7 milioni)
furono introdotti dagli Spagnoli; abbastanza numerosi sono i suini (7,6
milioni di capi), essi pure di tradizionale allevamento, eccetto che nelle
aree popolate dai musulmani, e ancor più i volatili da cortile (ca. 66
milioni di capi). Sopperiscono però alle necessità proteiche i prodotti
della pesca: anche se è un settore suscettibile di notevoli sviluppi,
fornisce già due milioni di t di pesce .Risorse minerarie e industrieLe
risorse del sottosuolo sono varie e per certi minerali non trascurabili;
il Paese ha infatti giacimenti di oro (già estratto in quantitativi molto
rilevanti all'epoca degli Spagnoli, mentre oggi la produzione è modesta,
aggirandosi sui 35.000 kg annui), manganese, nichel, ferro e soprattutto
cromo, per il quale con ca. 20.000 t le F. occupano un buon posto nella
graduatoria mondiale, e rame (ca. 220.000 t), di cui il Paese è stato in
passato il maggior produttore asiatico.
I
minerali sono avviati all'esportazione allo stato grezzo mancando
un'adeguata industria ditrasformazione locale.
Il
Paese invece è privo di importanti giacimenti di minerali energetici:
l'is. di Cebu fornisce quantitativi modesti di carbone (ca. 1168.000 t), e
ancor più esigui sono quelli di petrolio (289.000 t) che è estratto dal
1979 al largo dell'is. di Palawan. Per la produzione di energia elettrica
(ca. 24.000 milioni di kWh) si ricorre al petrolio d'importazione e in
piccola parte allo sfruttamento idrico, in particolare del f. Agno. § Le
industrie riguardano sostanzialmente la lavorazione dei prodotti agricoli
locali e comprendono perciò zuccherifici, impianti di pilatura e
brillatura del riso, oleifici, tabacchifici, birrifici, ecc.; un rapido
sviluppo hanno registrato però l'industria tessile, che lavora cotone in
misura ormai sufficiente alle richieste interne, quella chimica, in
particolare per i fertilizzanti azotati, e quella della carta, nonché
nell'ultimo decennio il comparto dell'elettronica. Si hanno, inoltre, vari
cementifici e alcuni impianti petrolchimici, piccole fabbriche di
pneumatici, un complesso siderurgico e uno automobilistico, ma addetto
solo all'assemblaggio.Comunicazioni e commercioIl problema delle
comunicazioni è uno dei più gravi per le F., soprattutto a causa della
frammentazione territoriale e della generale montuosità delle isole.
Per
i trasporti interinsulari, sia di merci sia di passeggeri, svolgono ancora
un ruolo preminente i servizi marittimi; presentano già un discreto
sviluppo le linee aeree, gestite dalla PAL (Philippines Airlines), che
effettua altresì servizi con numerosi Paesi d'Asia e d'Europa, nonché
con gli Stati Uniti e l'Australia. Le F. dispongono di oltre 80 aeroporti,
ma solo quelli internazionali di Manila e di Cebu hanno una buona
efficienza; la capitale è anche il vertice delle comunicazioni marittime,
sia interne sia internazionali, ma porti attivi sono pure quelli di Cebu,
Iloilo, Davao, Batangas e Zamboanga (tra piccoli e grandi le F. si
avvalgono di oltre 500 scali portuali).
Il
servizio ferroviario è particolarmente carente; solo Luzon è provvista
di ferrovie, che si sviluppano complessivamente per 1059 km attraversando
da N a S buona parte dell'isola (trascurabile è il breve tronco
nell'isola di Panay). Più esteso, anche se esso pure carente, è il
sistema stradale, che conta ca. 162.000 km di strade, di cui solo 21.000
km asfaltati. § Gli scambi internazionali
sono dominati dagli Stati Uniti e dal Giappone; il Paese esporta
soprattutto olio di cocco e zucchero, quindi minerali di rame e legname,
mentre importa in misura gravosa (pari a un terzo del totale)
combustibili, macchinari e mezzi di trasporto; la bilancia commerciale è
passiva (con un deficit peraltro piuttosto contenuto); buoni sono gli
introiti del turismo (ca. 800.000 visitatori l’anno) nonostante le
tormentate vicende degli anni Ottanta.
Informazione:
Il
governo coloniale spagnolo permise nel 1811 la pubblicazione del periodico
d'informazioni dall'Europa Del Superior Gobierno. Il primo quotidiano in
spagnolo apparve nel 1846, La Esperanza, mentre uno in lingua tagalog
uscì nel 1890 (Patnubay Nang Catolico). Con l'occupazione statunitense vi
furono nuove pubblicazioni in inglese; altri quotidiani importanti furono
La Indipendencia ed El Comercio. I principali quotidiani sono il People
Tonight e il People's Journal (in inglese e nella lingua ufficiale), il
Manila Bulletin (in inglese), il Philippine Daily Inquirer (in inglese),
il Tempo (in inglese e nella lingua ufficiale) e il Balita (nella lingua
ufficiale).
Sono in funzione cinque emittenti televisive, due
pubbliche e tre private. La radio è invece completamente privata e
rappresenta il principale mezzo di informazione. Nel 1988 erano stimati in
circolazione 7.800.000 apparecchi radio e 2.100.000 televisori.
Organizzazione militareL'esercito dispone di 68.000 uomini e può contare
su una riserva addestrata di altri 80.000. La marina dispone di ca. 28.000
uomini e 10.000 marines. All'aviazione sono addetti 16.000 uomini con ca.
330 velivoli. Le forze di polizia contano su un potenziale di ca. 27.000
uomini.
Letteratura:
Le
manifestazioni letterarie tradizionali preispaniche consistono in canti,
formule magiche, incantesimi, recitati durante la semina e il raccolto o
per altre occasioni o celebrazioni importanti, nonché in una ventina di
epiche di varie etnie. Poche di queste sono state finora trascritte e
tradotte in inglese, come i lam-ang degli Ilocani, hudhud degli Ifugao
(Luzon) e tawaang dei Manuwù (Mindanao). Da ricordare anche l'epica
darangan dei musulmani (Moros) di Mindanao, la cui recitazione dura una
settimana. Fra i canti, notevoli i talindeo (canti dei barcaioli), i
kumintang (canti guerreschi) e i kundinam, versi d'amore, da classificare
fra le migliori creazioni popolari filippine. L'avvento degli Spagnoli dà
un'impronta europea alla cultura delle F., unica per un paese asiatico.
Alcuni tipi di teatro e di poesia rivelano chiaramente tali influenze.
Così il moro-moro (o comedia) del sec. XVIII, rappresentazione
melodrammatica delle vittorie cristiane sui musulmani (da menzionare Don
Gonzalo de Cordoba, 1831, di A. Fajardo). Così il corrido, ballata
cavalleresca tipicamente ispanica adattata al tagalog. E soprattutto
l'awit, poema in endecasillabi, che esprime il meglio della letteratura
tagalog premoderna, con Florante at Laura (1838) di Francisco Baltazar
(1788-1862), noto con lo pseudonimo Balagtás, esaltato oltre i suoi
modesti meriti. Accanto a lui è pure da menzionare un altro poeta, Huseng
Sisiw (1746-1829). Produttiva anche la novellistica, con C. H. Panganiban
(1894-1936) e D. A. Rosario (1894-1936).
Fra
i tanti, da ricordare il giovane J. A. Arceo, morto ventitreenne nel 1939,
efficace imitatore di Edgar A. Poe, e Hernando R. Ocampo (1911-1978),
pittore e narratore realista, avvicinato da molti a J. Joyce. Il suo
capolavoro, la novella Bakyà (1939; Lo zoccolo di legno), scritta in
inglese e in tagalog, è stata di recente portata sulla scena e sullo
schermo. Molto attivo durante l'occupazione nipponica G. Abadilla
(1905-1969). Ma la maggior ricchezza della letteratura tagalog è la
poesia. Fra i nomi di spicco J. C. de Jesus (1896-1932) e Amado Hernandez
(1903-1970), i cui bei poemi apparvero con oltre un decennio di ritardo,
essendo stato imprigionato perché implicato nei moti comunisti.
Ricordiamo in particolare Bayang Malaya (Popolo libero), composto nel
1955, stampato nel 1969, che si richiama per lo stile a Florante at Laura.
Hernandez è considerato anche uno dei due migliori narratori in tagalog,
accanto a Lope K. Santos, autore di Banaag at Siket (Raggi e sorrisi), che
risale al 1906.
Intorno
agli anni Sessanta si comincia a parlare di letteratura in filippino, non
più in tagalog. Non si tratta solo di nomi, perché il filippino,
duttile, aperto all'uso corrente, ai termini inglesi e spagnoli, si
differenzia dal tagalog, un po' antiquato nel purismo dello stile e del
lessico. Al tempo stesso la narrativa si fa più aderente alla realtà
sociale, a cominciare dal romanzo di Hernandez Mga Ibong Mandaragit (1959;
Gli uccelli da preda). E per la prima volta un romanzo filippino tratta di
sessualità, con Ang Pagkamulat ni Magdalena (Il risveglio di Maddalena)
di Abadilla. Anche la ricerca di un'identità nazionale si fa strada nella
narrativa e il fiorire delle riviste accompagna lo sviluppo dello spirito
critico e l'ampliarsi del pubblico. La poesia non resta estranea al
rinnovamento. I giovani poeti rivelano tendenze più filosofiche e
intellettualistiche, allontanandosi dalla vecchia ispirazione romantica e
sentimentale. Sul piano stilistico e linguistico il rinnovamento è
altrettanto profondo: v'è perfino – di recente – chi non disdegna di
versificare (o scrivere in prosa) in engalog o taglish (due termini
designanti il linguaggio colloquiale misto english-tagalog o
tagalog-english). Numerosi dagli anni Sessanta in poi i racconti che
palesano influenze del naturalismo americano. Notevole anche la fioritura
della commedia in prosa.
La
letteratura in spagnolo non ha prodotto opere importanti nei sec. XVII e
XVIII, ma nel sec. XIX dà due capolavori alla letteratura filippina con i
romanzi Noli me tangere (1887) e El Filibusterismo (1891), entrambi
pubblicati all'estero, roventi atti d'accusa contro il bigottismo, il
predominio degli ordini religiosi, e il malgoverno spagnolo, scritti dal
medico, patriota e martire José Rizal (1861-1896), di cui vanno ricordate
anche le belle liriche, particolarmente l'esaltante Ùltimo Adiós,
composto alla vigilia della fucilazione. Qualche altro autore può
degnamente affiancarsi a Rizal, come Pedro A. Paterno. Da ricordare anche
il romanzo La loba negra (La lupa nera), scoperto dopo la fine del dominio
spagnolo e attribuito a José A. Burgos, uno dei tre sacerdoti
ingiustamente accusati di tradimento e condannati a morte nel 1872. Il
periodico La Solidaridad, pubblicato dagli studenti filippini in Spagna
(1889-95), prima a Barcellona poi a Madrid, dette impulso alla letteratura
in spagnolo, che fu ancora produttiva per qualche decennio. Da ricordare
il poema Bajo los cocoteros (1911; Sotto le palme) di Claro M. Recto,
futuro primo presidente di una repubblica non ancora completamente
indipendente, nel 1934; dello stesso autore è il dramma Solo entre las
sombras (1917; Solo tra le ombre), il romanzo di Anton Abad, El campeón
(1939), e pochi altri. Ma nel dopoguerra il calo dell'uso della lingua
spagnola porta negli anni Cinquanta all'estinzione di questo ramo della
letteratura filippina, mentre si va affermando sempre più l'inglese,
anche con una produzione letteraria rigogliosa, accanto a quella in
tagalog-filippino.
Molti
narratori s'ispirano alla storia e alle tradizioni: Linda Ty-Casper con
The Peninsular (1964) e Three-Cornered Sun (1979); R. Demetillo con il
racconto in versi Barter in Panay (1961), ispirato a un'antica leggenda;
Severino Montano con i drammi The Parting at Calamba (1953) e The Love of
Leonor Rivera (1954), che evocano la figura di José Rizal, mentre Adrian
Cristobal si rifà a un altro eroe nazionale, Andrés Bonifacio, con il
dramma The Trial (1963). Anche d'ispirazione storica la raccolta di versi
di Alejandrino Hufana, Poro Point (1961). Sempre più frequente negli
ultimi decenni è la ricerca dell'identità nazionale nelle tradizioni
etniche, come nei racconti Look, Stranger, on this Island Now (1963) di N.
M. V. Gonzalez e nel suo romanzo A Season of Grace (1956), negli
avvincenti poemi di José Garcia Villa; (Many Voices; 1939), nelle novelle
di Gregorio Brillantes (The Distance to Andromeda; 1960) e nei romanzi di
Nick Joaquin (The Woman Who Had Two Navels; 1961) e di Bienvenido Santos
(Scent of Apples; 1979).
Infine,
accanto alle tre maggiori, in tagalog-filippino, spagnolo e inglese,
presentano una certa importanza, per la narrativa e il teatro, alcune
letterature minori, come la hiligaynon e la [ dalle influenze culturali
delle antiche civiltà del continente asiatico, e tuttavia nota quale
punto d'incontro dei traffici mercantili indiani, cinesi, musulmani e
dell'Occidente colonialistico, profondamente legata alle concezioni
estetiche occidentali piuttosto che a quelle del mondo orientale, la
produzione artistica delle F. ricerca ancor oggi una propria definizione
quale arte “nazionale” o “filippina”. Prima dell'occupazione
spagnola le manifestazioni artistiche delle culture indigene erano
limitate a una produzione di carattere etnografico di cui le
caratteristiche sculture lignee degli Anitos* sono l'espressione più
alta. Quale alternativa alle culture indigene s'inserì nelle tradizioni
locali l'arte occidentale dell'epoca coloniale spagnola (sec. XVI-XIX,
espressa soprattutto nell'opulento barocchismo decorativo della tematica
religiosa, che attingeva ai grandi esempi dell'arte spagnola e messicana:
Manila, quale sede vescovile e residenza del governo, si costituisce a
sintesi dell'arte delle F. in quest'epoca, sia nell'architettura religiosa
e civile, sia nella pittura e nella scultura realizzate per decorare gli
edifici.
Nel
sec. XX le diverse sollecitazioni estetiche delle correnti artistiche
europee e americane hanno offerto stimoli e impulsi nuovi agli artisti
filippini delle generazioni operanti nel secondo dopoguerra, raccolti
attorno all'Associazione Artistica Filippina, costituitasi nel 1948. La
produzione contemporanea, volta al conseguimento di una propria identità
creativa, è caratterizzata da un lato dallo sviluppo della tecnica del
mosaico e dalla diffusione dei murales di derivazione messicana,
dall'altro dalla reinterpretazione, secondo i colori e la sensibilità
locali, delle iconografie religiose occidentali, in particolare il tema
della madre e del bambino, Leitmotiv dell'arte filippina.
Cinema:
Nell'epoca
del muto i prodotti di Hollywood costituirono l'unico alimento di una
popolazione avida di cinema. Su loro imitazione e in studios rudimentali
si girarono negli anni Trenta i primi film parlati in tagalog. Durante la
II guerra mondiale Manila e Luzon produssero per gli invasori giapponesi.
Negli anni Cinquanta si conobbero in Occidente Genghis Khan di Lou
Salvador, Il serpente sulla croce di Gerardo de León (autore nel 1950 del
notevole 48 ore), Badjao di Lamberto V. Avellana, tutti esemplari del
genere storico-cavalleresco, coltivato fino agli anni Settanta con le
saghe di Eddie Romero (Così eravamo... e adesso?) e Mario O'Hara (3
esseri e 3 anni senza Dio). Ma in quel decennio il primo grande cineasta
filippino, Lino Brocka (m. 1991), ha guidato una nouvelle vague attraverso
melodrammi fiammeggianti di lucida contestazione sociale e politica, tra i
quali vanno segnalati almeno Tinimbag (1973), Manila: nelle grinfie delle
tenebre (1975), Insiang (1977), Bona (1980), PX (1982), presentato al 1°
festival di Manila, Caino e Abele (1982), Bayan Ko (1984), Les Insoumis
(1990). Altri hanno seguito l'esempio di Brocka: p. es. Kidlat Tahimik
(L'incubo profumato, 1976) e Mike de León (In un batter d'occhio).
Folclore:
Nel
vasto quadro di genti e di tradizioni culturali spicca l'influenza della
cultura spagnola, diffusa in profondità con l'opera di evangelizzazione
forzata dei sec. XVI-XVIII. Per numero, durata e vistosità di
manifestazioni il Paese eguaglia, se non supera, la cattolicissima Spagna.
Molto seguite sono anche le parate celebrative di solennità civili e
storiche, con apporti (come le majorettes) del folclore statunitense. Al
vivo gusto per lo spettacolo si ricollega anche la passione popolare per i
combattimenti di galli, allestiti in apposite arene. Matrimoni e altre
circostanze offrono l'occasione, sempre meno seguita, per indossare i
vestiti tradizionali di ispirazione spagnola, come l'elegante terno. Il
barong tagalog, sottile e fresca camicia di stoffa di fibre di ananas, è
l'abito tradizionale maschile, non completamente sostituito dall'abito
all'europea. Nel folclore filippino si distinguono i canti funebri
(sambitan) e nuziali (diona), e i canti di lavoro, cui si aggiungono canti
e danze di derivazione spagnola . Tra gli strumenti più usati, il bajo de
uña e la bandola, entrambi a corda pizzicata.
Storia:
Sebbene
i Portoghesi fossero già sbarcati a Mindanao, provenienti da occidente,
scopritore delle F. è considerato Magellano, che vi giunse da oriente
durante il primo viaggio di circumnavigazione del globo (16 marzo 1521) e
le chiamò “isole di San Lazzaro”. Nel 1542 Ruy López de Villalobos
sbarcò a Mindanao e a Leyte e le battezzò “Filippine” in onore del
principe ereditario di Spagna, il futuro Filippo II (il nome fu esteso poi
a tutto l'arcipelago). Il vero conquistatore delle F. fu Miguel López de
Legazpi, venuto dal Messico, che fissò la capitale a Manila (1570) e
governò fino al 1571 col titolo di adelantado. I suoi successori, e in
particolare Juan de Salcedo (detto l'Hernán Cortés delle F.), Guido de
Lavezaris, Francisco de Sande, Gonzalo Ronquillo e altri, consolidarono la
conquista, non senza sporadiche resistenze indigene. Nello stesso tempo,
agostiniani, francescani, gesuiti e domenicani condussero una vigorosa
azione evangelizzatrice.
L'enorme
distanza dalla Spagna (con la quale i contatti avvenivano soltanto via
Messico) e le frequenti lotte contro i pirati cinesi e musulmani, nonché
contro irri ducibili nemici e concorrenti europei (Inglesi e Olandesi in
primo luogo), misero spesso in grave difficoltà il dominio spagnolo nel
sec. XVII, tanto che all'epoca di Filippo IV si pensò di abbandonare
addirittura le isole. Manila però conobbe anche momenti di fioritura
economica, come centro di smistamento di prodotti cinesi e giapponesi
(seta, spezie, avori, ecc.), che pervenivano in Europa tramite la famosa
“nave di Acapulco”. Il progresso si accentuò nella seconda metà del
sec. XVIII, con lo stabilirsi dei contatti diretti con la Spagna, via Capo
di Buona Speranza; e governatori di idee “illuminate” come José Basco
(1778-87) introdussero metodi moderni in agricoltura e favorirono – con
l'apporto decisivo della Reale Compagnia delle Filippine, creata da Carlo
III nel 1785 e operante fino al 1834 – l'esportazione di tabacco,
cotone, riso, zucchero, pepe, cannella, ecc. Anche la liberalizzazione dei
commerci, sebbene limitata, contribuì alla valorizzazione delle isole.
Nel
sec. XIX, mentre continuava il progresso sul piano economico, il
diffondersi delle idee liberali e indipendentiste provocava repressioni
sempre più dure da parte dei generali spagnoli (Oraa, Primo de Rivera e
Izquierdo) che fecero fucilare vari patrioti, fra cui, nel 1896, José
Rizal, considerato a buon diritto il padre dell'indipendenza nazionale. In
conseguenza di ciò, una grande sommossa dei Tagali, capitanata da Emilio
Aguinaldo e appoggiata dagli Stati Uniti, scoppiò in coincidenza con la
guerra fra questi ultimi e la Spagna. Sconfitta per mare a Cavite (1898),
la Spagna dovette cedere le F. agli Stati Uniti, in virtù del trattato di
pace firmato a Parigi il 10 dicembre 1898. Mentre al Senato di Washington
si svolgeva il dibattito che doveva concludersi il 6 febbraio 1899 con la
ratifica del trattato medesimo, nelle isole la situazione si guastava
rapidamente. I patrioti filippini, insorti per ottenere la piena
indipendenza, si trovavano infatti di fronte al pericolo di annessione, di
fatto, agli Stati Uniti. Così, dopo la proclamazione di indipendenza
dalla Spagna, l'assemblea rivoluzionaria redigeva una Costituzione, che
veniva promulgata il 23 gennaio 1899, mentre Aguinaldo era eletto
presidente della Repubblica.
Il
4 febbraio scoppiavano le ostilità tra gli Statunitensi, in Manila, e i
Filippini che circondavano la città; il 6, Aguinaldo dichiarava guerra
agli Stati Uniti. La guerra, trasformata dai Filippini in guerriglia,
volse in favore degli Statunitensi, che poterono considerarla vinta nel
marzo del 1901, con la cattura di Aguinaldo, anche se i combattimenti
durarono sino all'aprile 1902. Intanto il presidente McKinley aveva
nominato (aprile 1900) W. H. Taft a capo d'una Commissione civile per il
governo delle Filippine. A Taft, dal 1904, succedette una serie di
governatori generali, sotto i quali furono soprattutto curati gli
interessi, preminentemente economici, degli Stati Uniti. Una limitata
forma di autogoverno interno fu concesso alle F. (nel 1907 fu inaugurata
una prima Assemblea legislativa), ma solo con la prima presidenza di F. D.
Roosevelt il movimento per l'indipendenza trovò rispondenza a Washington.
Una legge del Congresso americano, firmata da Roosevelt nel marzo 1934 e
ratificata dall'Assemblea filippina il 1° maggio seguente, stabiliva che
le F. sarebbero divenute indipendenti nel 1946, assumendo nel periodo
transitorio la figura di un Commonwealth legato agli Stati Uniti. Nel 1935
fu approvata la Costituzione e lo stesso anno M. Quezon fu eletto
presidente.
Sottratte
agli Stati Uniti dall'aggressione giapponese, le F. subirono tre anni di
dura occupazione, finché furono liberate nell'ultimo anno di guerra (v.
sottolemma per le battaglie). Washington mantenne l'impegno di concedere
l'indipendenza nel 1946 e M. Roxas fu il primo presidente della
Repubblica. Il governo di Manila entrò nell'orbita americana (Patto di
assistenza militare del 1947, Trattato di reciproca difesa del 1951,
rinnovato e modificato nel 1958, partecipazione alla S.E.A.T.O. invio di
un contingente nel Vietnam) e si mantenne su posizioni rigidamente
anticomuniste. A inasprire inizialmente la situazione contribuì la
guerriglia condotta, dalla fine del 1949, dal movimento detto degli
hukbalahap, che aveva prima combattuto contro l'occupante giapponese e ora
tentava di ottenere con la forza quelle riforme sociali indispensabili, ma
impossibili da ottenere per via legale.
Gli
hukbalahap, di orientamento comunista, furono sopraffatti verso la metà
degli anni Cinquanta. Il malessere sociale non venne però meno e il
presidente F. Marcos (in carica dal 1965), di fronte alla ripresa della
guerriglia, comunista al nord e musulmana al sud, proclamò nel 1972 la
legge marziale; né il varo di una nuova Costituzione (1973), la
successiva abolizione della legge marziale (1981) e le elezioni
presidenziali dello stesso anno (che riconfermarono in carica Marcos)
mutarono il carattere dittatoriale del regime. L'assassinio (1983) del
senatore B. Aquino, capo dell'opposizione democratica, che rientrava in
patria dopo tre anni di esilio, segnò d'altra parte l'inizio di un rapido
tracollo della dittatura di Marcos, che dopo le elezioni presidenziali del
febbraio 1986, svoltesi in un clima di violenza, era costretto ad
abbandonare il Paese avendo perduto anche l'appoggio statunitense. Il
potere veniva assunto dalla vedova di B. Aquino, Corazón, che avviava un
difficile processo di normalizzazione, contrastato dai sostenitori del
vecchio regime e complicato dal persistere della guerriglia. Impegnato nel
difficile confronto con forze tanto diverse, il nuovo governo fu
confortato durante l'anno seguente da due consultazioni popolari che gli
fecero guadagnare la maggioranza dei seggi e permisero alla Aquino la
conferma della presidenza. Alla continua attività della guerriglia,
interrotta solo da brevi tregue, nello stesso 1987 si aggiunsero cinque
tentativi di colpo di Stato, sventati unicamente grazie alla fedeltà del
complesso dell'esercito.
La
morte di Marcos e le elezioni del gennaio 1989, risoltesi nel successo
della compagine governativa, hanno quindi consolidato la stabilità
politica del Paese, appoggiato in modo più convinto dagli Stati Uniti,
permettendogli di superare anche il tentato golpe del dicembre 1989. Le
consultazioni presidenziali del maggio 1992, nelle quali la Aquino non si
è ricandidata, hanno visto la vittoria di Fidel Ramos, resa ufficiale,
dopo una lunga opera di spoglio gravata da sospetti di frodi elettorali,
nel giugno dello stesso anno.
Battaglia delle Filippine:
Serie
di operazioni aeronavali, anfibie e terrestri tra Giapponesi e
Statunitensi nella II guerra mondiale, tra l'8 dicembre 1941 e il 4 luglio
1945. I Giapponesi occuparono l'intero arcipelago dal dicembre 1941 al
giugno 1942, piegando l'estrema resistenza americana a Bataan e Corregidor
nell'aprile-maggio 1942. Il 19-20 giugno 1944 si svolse una battaglia
aeronavale tra le forze dell'ammiraglio Ozawa e la Task Force 58
dell'ammiraglio Mitscher, la cui vittoria consentì agli U.S.A. la
completa conquista delle Marianne. Di qui gli Statunitensi ripresero con
decisione l'iniziativa e fra il 23 e il 26 ottobre 1944, con la seconda
battaglia navale delle F. (battaglia di Leyte), nel corso di tre scontri
(battaglie di Samar, Surigao e Capo Engano) annientarono la potenza navale
nipponica. Tra il dicembre 1944 e il luglio 1945 furono successivamente
occupate dagli U.S.A. tutte le isole.
Bibliografia:
Per
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