Filippine

Generalità (Republika ñg Pilipinas):

Stato dell'Asia sud-orient., formato dall'omonimo arcipelago, tra l'Oceano Pacifico, il Mar Cinese Meridionale e il Mar di Celebes. Esso rappresenta una sorta di trait-d'union tra mondo malese e Asia orient.: ciò non solo dal punto di vista fisico-strutturale, ma anche da quello storico e culturale, benché proprio la posizione avanzata verso il Pacifico, un po' emarginata rispetto ai grandi fuochi culturali dell'Asia, abbia contribuito a fare delle F. un Paese con una sua precisa individualità, che si è riflessa nelle stesse vicende storiche.  Lo Stato in base alla Costituzione, approvata con referendum il 2 febbraio 1987 ed entrata in vigore il successivo 11 febbraio, le F. sono una repubblica di tipo presidenziale.

 Capo dello Stato è il presidente della Repubblica, che è eletto a suffragio universale e diretto per sei anni ed esercita il potere esecutivo. Il potere legislativo spetta al Congresso, bicamerale, formato dalla Camera (di 250 membri, di cui 200 eletti per tre anni, 50 di nomina presidenziale) e dal Senato (24 membri, tutti eletti per sei anni).

Morfologia:

Il Paese si estende per 300000 Kmq. Nel quadro dell'Asia sud-orient. le F. rappresentano, dal punto di vista fisico-strutturale, il margine instabile del continente sul lato del Pacifico. L'area che esse occupano è tutta marcata da fenomeni crustali legati all'evoluzione stessa del bordo sud-orient. della massa continentale asiatica. La presenza presso l'arcipelago delle fosse oceaniche, che superano i 10000 m di profondità, lascia intendere come tale evoluzione sia al tempo stesso connessa a quella della fascia circumpacifica, la “cintura di fuoco”, di cui le F., con il loro vulcanesimo e l'elevata sismicità, sono una delle zone più attive. La struttura di base è formata da rocce cristalline e scistose che, a partire dal Miocene (era cenozoica o terziaria), subirono successive e intense crisi orogenetiche; si originarono così i piegamenti che costituiscono l'ossatura montuosa dell'arcipelago. Parallelamente si ebbero forti manifestazioni vulcaniche, che ricoprirono con materiali magmatici di notevole spessore estese superfici delle isole; il vulcanesimo, benché oggi alquanto ridotto, è ancora attivo, così come la sismicità, che nel corso di questo secolo ha dato luogo annualmente a ca. 150 scosse di terremoto, alcune delle quali disastrose.

Orografia:

 L'orografia è tormentata e varia: da ciò la forma spesso bizzarra dei contorni insulari e l'estrema frammentazione del Paese: i Filippini hanno calcolato più di 7000 isole, le maggiori delle quali sono Luzon e Mindanao, poste all'estremità sett. e merid. dell'arcipelago, e tra cui sorgono Samar, Negros, Palawan, Panay, Mindoro, Cebu, ecc. I tratti caratteristici e fondamentali del rilievo sono dati dagli allineamenti montuosi cenozoici, che a loro volta si collegano con i sistemi dell'arcipelago della Sonda.

 Tre sono gli assi principali: l'allineamento che, in direzione meridiana, attraversando Luzon e Mindanao si allaccia da un lato alla dorsale di Formosa, dall'altro a quella di Celebes; e i due allineamenti che, grosso modo paralleli, danno origine alle dorsali di Palawan e delle is. Sulu, continuando poi nei rilievi del Borneo. Tutte le isole sono montuose; solo in Luzon e Mindanao tra le catene s'interpongono estese depressioni, colmate da suoli alluvionali, che rappresentano gli spazi più vitali del Paese. Costituisce il cuore dell'intero arcipelago la fertile pianura che si apre verso la baia di Manila, nell'is. di Luzon; sovrastano la piana a W i Monti Occidentali o Zambales, ad E la Cordigliera Centrale, il più ampio dei tre principali allineamenti montuosi dell'isola nonché il più elevato (m. Pulog, 2928 m), e che, come dice il nome, corre nella parte mediana del territorio. Verso E la Cordigliera Centrale domina la valle del Cagayan, orlata sul lato opposto dalla Sierra Madre: è questa la terza grande catena di Luzon, che si sviluppa lungo la costa orient. dell'isola.

Assai complessa è l'orografia di Mindanao; sovrastata da imponenti rilievi, l'isola culmina a 2954 m nel m. Apo, un vulcano attivo che è la massima cima dell'arcipelago. Le coste, in genere rocciose, dominano caratteristici bracci di mare che dalle isole stesse prendono il nome; lo spazio marino più esteso è quello racchiuso tra le Sulu e Palawan (Mare di Sulu). Profondo sino a 5580 m, corrisponde ad una fossa tra le due dorsali, sormontate da formazioni insulari diverse: Palawan è in pratica un'unica ed erta catena montuosa che supera i 2000 m d’altitudine; le Sulu sono una miriade d’isolotti frangiati da scogliere coralline.

Idrografia:

A causa della conformazione montuosa e frammentata delle isole l'idrografia è sminuzzata e priva perciò di bacini estesi. Naturalmente i fiumi maggiori sono quelli che drenano le depressioni di Luzon (Cagayan, Agno, Pampanga) e di Mindanao (Agusan, Mindanao). Nelle zone vulcaniche esistono laghi craterici, come quello del vulcano Taal a Luzon.

Clima

Per quanto riguarda il clima, occorre tener conto della posizione dell'arcipelago, che è aperto al Pacifico e si trova nella fascia tropicale, stendendosi su un arco latitudinale di ca. 15 gradi. La parte sett., in particolare Luzon, risente del meccanismo climatico monsonico, quella merid. degli influssi equatoriali. Caratteristica è comunque l'alternanza delle stagioni, sensibile soprattutto a Luzon, con un lungo periodo piovoso estivo e una marcata stagione secca d'inverno. Il regime delle precipitazioni varia però sul versante orient., soggetto agli influssi del Pacifico. Particolare spicco hanno qui i tifoni, formazioni cicloniche violente attratte dalle depressioni che si originano nelle fasi di transizione delle stagioni monsoniche, ma specialmente d'autunno, sul Mar Cinese Meridionale, e che scaricano notevoli quantità d'acqua; sovente hanno carattere catastrofico. È sul versante orient. dell'arcipelago che piove di più, fino a 4000 mm annui, mentre in media le precipitazioni non superano i 2000 mm (a Manila cadono 2100 mm); i valori più bassi si hanno nelle isole più occidentali.

 Mindanao, al riparo dagli influssi monsonici, ha un clima di tipo equatoriale, con precipitazioni in genere sui 2000 mm annui e regolarmente distribuite nell'arco annuale. Per quanto riguarda il regime termico, una funzione decisiva ha la marittimità, responsabile delle limitate oscillazioni stagionali e giornaliere delle temperature. Le medie oscillano tra i 26 e i 27 °C; generalmente sono più elevate nella parte sett. che in quella merid. dell'arcipelago, soggetta al clima equatoriale e quindi col cielo spesso coperto; in compenso qui è maggiore l'umidità relativa, che raggiunge peraltro valori notevoli su tutte le isole.

Ambiente:

 L'elevata piovosità è all'origine della fitta foresta che copre ancora estese regioni delle F.; vi si trovano varie essenze subtropicali proprie dell'Asia sud-orient., nonché una specie particolare di mogano (del gen. Hovenia) dal legno duro e pregiato, detto appunto mogano delle Filippine. Frequenti ai bordi della foresta sono le palme da cocco, che orlano anche le coste – sovente frangiate di mangrovie – e le aree coltivate. Ai livelli altitudinali maggiori si hanno specie continentali come le conifere, ben rappresentate sui monti di Mindanao; nell'isola però, e ancor più a Luzon, il paesaggio appare in gran parte profondamente trasformato dall'opera dell'uomo.

Popolazione:

Il popolamento delle F. è avvenuto per successivi apporti: essi hanno determinato profondi miscelamenti lungo le coste, ma hanno sovente lasciato aree di fossilizzazione etnica nell'interno forestale e impenetrato delle isole maggiori. A questo processo discriminatorio si deve la presenza degli Aeta, pigmei negritos, tribù ancora molto primitive, che vivono nelle aree più interne di Luzon, Mindanao  e delle Visayan occidentali e sono oggi in via d’estinzione come gruppo etnico distinto. Popolazione.

Nell'insieme le F. presentano però una popolazione abbastanza omogenea costituita da sopraggiunte genti paleoindonesiane (Manobo, Mandaya, Igoroti, Apayao, Ifugao, Minghian e numerose etnie minori) e neoindonesiane (Visaya o Bisaya, Ilocani, Tagalog e altri); praticano nel complesso tecniche agricole anche elaborate (come gli Igoroti, i costruttori delle gigantesche terrazze coltivate sui monti sett. di Luzon) e culturalmente appartengono al mondo malese, ma importanti influenze hanno subito, sin dal sec. V, dai Cinesi, che aprirono le isole ai traffici.

 Attività commerciali nuove si ebbero con la penetrazione musulmana promossa dai regni malesi; l'islamismo, benché fieramente combattuto dagli Spagnoli, è rimasto radicato nella parte merid. dell'arcipelago, in particolare nel sud di Mindanao e nelle Sulu, dove vivono i cosiddetti Moros, dediti in larga parte ad attività marinare e, in passato, alla pirateria. Sono ca. 200.000 e manifestano un totale disaccordo con il governo centrale. Numerosi sono anche i Cinesi (126.000), che esercitano attività mercantili e si distinguono per l'intraprendenza, benché siano tenuti in disparte dai Filippini.

 Con oltre 60 milioni d’ab. e una densità di 202 ab./km2, le F., data anche l'elevata montuosità del territorio, sono un Paese fittamente popolato. Si tratta però di un fenomeno piuttosto recente, dovuto essenzialmente da un lato ad un accrescimento dei mezzi di sussistenza (verificatosi dopo che gli Spagnoli ebbero introdotto con successo, grazie alle rilevanti possibilità agricole dell'ambiente, nuove piante alimentari, come il mais e le patate), dall'altro all'eliminazione di molte malattie endemiche e ad un generale miglioramento delle condizioni economico-sociali.

Quando vi giunsero, nel sec. XVI, gli Spagnoli valutarono che le F. ospitassero solo 500-750.000 abitanti. Alla fine del secolo scorso vi erano otto milioni d’ab., ma l'evoluzione demografica, già caratterizzata da forti incrementi naturali, fu sconvolta da epidemie e da conflitti interni; una notevole ripresa si verificò dopo la I guerra mondiale e nel 1926 si registrarono 11,7 milioni. Gravi conseguenze sul quadro demografico ebbe anche la II guerra mondiale, per effetto delle difficili condizioni economiche oltre che per le effettive perdite umane; però si ebbe subito dopo un forte accrescimento e già nel 1948 la popolazione era di oltre 19 milioni d’ab., saliti nel 1960 a ca. 27,1 milioni. Negli ultimi anni l'incremento demografico si è attestato su un coefficiente annuo del 2,3%, che è tra i più alti del mondo.

 La popolazione ha una distribuzione assai varia: in generale tende a concentrarsi sulle fasce costiere, ma gli squilibri distributivi sono gravi sia tra zona e zona delle medesime isole, sia tra isola e isola. Il 49% ca. degli ab. si concentra nell'is. di Luzon; la zona più densamente popolata, con oltre 300 ab./km2, è quella intorno a Manila, polo economico e d’attrazione demografica del Paese; la densità è elevata (in media oltre 200 ab./km2) anche nelle is. Cebu, Iloilo e Leyte, mentre poco popolate sono le sezioni interne, montagnose, di Luzon e di Mindanao (tutta l'isola ha peraltro una densità piuttosto bassa, di 104 ab./km2 contro i 221 ab./km2 di Luzon) e l'is. di Palawan, che con 25 ab./km2 registra i valori più bassi dell'intero arcipelago.

 Scarsi risultati hanno avuto le migrazioni imposte alle popolazioni dalle aree più congestionate verso quelle meno abitate; come tendenza spontanea e inarrestabile vi è la spinta all'inurbamento verso la zona di Manila e secondariamente verso i centri maggiori delle altre isole. La popolazione, costituita per gran parte da risicoltori che praticano la loro attività fondamentale nelle risaie ad irrigazione intorno ai villaggi, vive ancora però per quasi il 60% nelle campagne.

Religione:

La maggioranza della popolazione professa la religione cattolica; si hanno ca. 5,8 milioni tra protestanti e aderenti alla Chiesa filippina indipendente, 2,6 milioni di musulmani, quindi seguaci d’altre religioni e animasti.

Lingue:

Oltre 80, agglutinanti, costituiscono il ramo settentrionale del gruppo indonesiano nella famiglia austronesica. Le maggiori in ordine decrescente per numero di parlanti sono (in parentesi le aree di diffusione): cebuano (Cebu, Negros, parte di Mindanao), tagalog (Luzon con Manila), ilocano (Ilocos, Cagayan, Nueva Ecija), hiligaynon (Negros occ., Iloilo), bicolano (Camarones, Albay, Sorsoyon, Masbate). Il tagalog, ribattezzato pilipino (filippino), assurto a lingua nazionale perché lingua della capitale, non ha raggiunto un completo predominio a causa delle resistenze regionalistiche e della concorrenza dell'inglese, anch'esso lingua ufficiale. Il tagalog è fra le poche lingue delle F. che avevano proprie scritture anteriormente all'introduzione della latina. Tali sistemi ortografici sono simili a quelli dei bughinesi e makassaresi di Celebes e ad altri di Sumatra. In uso presso le comunità cinesi i dialetti cinesi meridionali (Hokkien, cantonese); praticamente estinto l'uso dello spagnolo, largamente parlato l'inglese.

Istruzione:

Prima della colonizzazione spagnola, le F. avevano subito l'influsso dell'India e della cultura araba. L'istruzione fu poi appannaggio dei religiosi, i quali istituirono centri di educazione secondaria e superiore, soprattutto per i figli dei colonizzatori, come il collegio di San José (1601) e di Santo Tomás trasformato in università per una bolla papale nel 1645. L'occupazione degli Stati Uniti (1898) mutò impronta al sistema scolastico: l'insegnamento si secolarizzò, allo spagnolo fu sostituito l'inglese, venne imposta la scuola mista. L'influsso dell'educazione statunitense è tuttora determinante. L'educazione primaria è gratuita e, ufficialmente, obbligatoria . Comincia all'età di sette anni e dura per un periodo di sei anni. La scuola secondaria, dalla quale si accede all'università, è fornita gratuitamente solo in alcune zone. Comincia all'età di tredici anni, dura per un periodo di quattro anni e si articola in due cicli di due anni. Durante il primo ciclo si fornisce un'educazione generale uguale per tutti gli studenti, nel secondo ciclo ciascuno studente sceglie un indirizzo specifico. Vi sono inoltre nel sistema scolastico delle F. scuole di arti e mestieri, scuole nazionali di agricoltura e collegi universitari di studi pedagogici.

Nel 1986 nelle F. erano funzionanti 52 università e più di 1000 colleges. Nel 1980 la percentuale di analfabeti al di sopra dei quindici anni era del 16,7%.

Città:

Le città esercitano una forte attrazione sulla popolazione delle campagne: infatti si assiste ad una costante emigrazione di giovani contadini e d’interi nuclei familiari. Tuttavia la distinzione tra popolazione urbana e popolazione rurale non è così netta, in quanto, da un lato la popolazione rurale non si isola nelle campagne ma è in stretto contatto con le comunità urbane, dall'altro la popolazione delle città mantiene legami con le province rurali d'origine. Una caratteristica forma d'insediamento legata essenzialmente alle attività marinare è quella dei Moros delle is. Sulu, costituita da villaggi palafitticoli. Le città, e in particolare Manila, sono socialmente il risultato di un urbanesimo d'origine coloniale, oggi precario e tumultuoso, dai caratteri indefiniti, che rende difficile anche la formazione d’attive e ben inserite classi borghesi.

Manila è in tal senso una tipica espressione dell'urbanesimo asiatico. Essa è nata come sbocco e centro d'appoggio dell'organizzazione coloniale nell'arcipelago (di cui è la capitale), in ciò favorita dal punto di vista sia delle attività portuali per la sua posizione sulla bella baia omonima, sia di quelle produttive e commerciali in quanto sbocco della regione agricola più fertile e intensamente popolata. Manila, che ospita 1.876.000 ab., ha via via assunto così il ruolo di centro motore dei moderni sviluppi dell'economia del Paese.

Nelle sue vicinanze è situata Quezon City, seconda città del Paese con 1.599.000 ab., elegante centro residenziale scelto per svolgere funzioni in prevalenza politico-amministrative e culturali. L'area metropolitana di Manila conta ca. 6 milioni d’abitanti. Sempre nell'is. di Luzon hanno importanza Batangas, vivace centro portuale a S di Manila, e Tarlac, mercato agricolo di una fertile pianura intensamente coltivata e nodo ferroviario dell'interno.

A Mindanao tutte le maggiori città sono costiere e basano la loro economia sui traffici marittimi. Primeggia Davao, moderna città con oltre 849.000 ab., posta sull'ampio golfo omonimo e sbocco di un ricco retroterra agricolo; segue Zamboanga (344.000 ab.), affacciata sulla costa sud-occid. a breve distanza dalle isole Sulu, dei cui prodotti è il tradizionale centro di raccolta. Le altre principali città delle F. sono il fulcro commerciale delle isole maggiori e più popolate. La più importante è Cebu con ca. 610.000 ab., quarta città del Paese, situata sull'isola omonima; è ricca di ricordi storici per essere stata la base della colonizzazione spagnola nell'arcipelago, di cui rimase il centro di maggior rilievo sino alla fondazione di Manila; è tuttora un porto assai attivo. Cospicui traffici svolgono anche Iloilo, sbocco dell'is. di Panay, Bacolod, posta sulla costa nord-occid. di Negros, e Basilan, sull'isola omonima.

 La maggior parte delle altre città ha una popolazione compresa tra i 50.000 e i 100.000 abitanti.

Struttura economica:

La struttura economica delle F. conserva tuttora l'impronta determinante ricevuta durante il dominio degli Stati Uniti, quando le attività produttive – in specie la coltivazione della canna da zucchero – ricevettero un forte impulso, ma solo in diretta funzione degli interessi americani.

Con l'indipendenza il Paese si avviava verso una lenta e difficile trasformazione i cui elementi fondamentali erano la riforma agraria e la costituzione d’alcune industrie legate soprattutto alla lavorazione dei prodotti agricoli locali. Se confrontata con quella della maggior parte dei Paesi del Terzo Mondo, le F. hanno un'economia discretamente sviluppata : anche se, dopo l'incoraggiante andamento degli anni Settanta, che avevano fatto registrare accrescimenti medi del 6% e il raggiungimento dell'autosufficienza nel settore della produzione del riso, negli anni Ottanta essa è stata gravemente penalizzata dal pesante debito estero accumulato dal regime di Marcos. Con l'avvento di Corazón Aquino si è cercato di dare impulso al settore agricolo, varando una nuova riforma, la cui attuazione però trova molti ostacoli, di favorire le privatizzazioni e gli investimenti privati e di ridurre il debito estero.

Nel complesso però il Paese è ben lontano dall'aver risolto i propri problemi socio-economici, cui si accompagnano pesanti disparità negli sviluppi regionali e un estremamente caotico processo di urbanizzazione; in particolare rimangono fortissimi squilibri nella distribuzione del reddito in un Paese che raggiunge appena i 630 dollari di “media” pro capite. Grava inoltre la netta dipendenza dell'economia filippina dal capitale internazionale, così come la troppo scarsa diversificazione degli scambi commerciali: netta è l'incidenza di Stati Uniti e Giappone (ca. 50%), nonostante gli sforzi compiuti dal governo per stabilire rapporti regolari e più consistenti con altri Paesi sia dell'area asiatica sia di quella europea.

Per ovviare alla scarsa remunerazione offerta dai minerali grezzi, di cui il Paese è un discreto produttore ed esportatore, il governo è intenzionato a potenziare l'industria estrattiva e metallurgica, specie del rame e dell'alluminio; più genericamente si evidenzia la necessità di sviluppare le attività manifatturiere che partecipano alla formazione del prodotto nazionale per ca. il 25% (percentuale pari a quella dell'agricoltura) e sono particolarmente carenti nei settori di base, determinando così una gravosa dipendenza dall'estero. Notevolissima è stata invece l'espansione del settore turistico, che è oggi uno dei più promettenti nell'economia delle Filippine.

Agricoltura, allevamento e pesca:

L'agricoltura  interessa il 47% della popolazione attiva e fornisce i principali prodotti d'esportazione; dispone di ambienti favorevoli e adatti a svariate colture , che occupano il 26% della superficie territoriale; poco modificata dalle riforme agrarie la struttura fondiaria squilibrata è di freno al settore, vedendo la proprietà concentrata per l'80% nelle mani di una limitata oligarchia.

La maggior parte dell'arativo è destinata alla risicoltura , tradizionale attività economica del Paese, diffusa un po' ovunque ma che trova la sua area migliore nelle pianure centrali di Luzon, a N di Manila; grazie all'introduzione di tecniche moderne e razionali dà una produzione annua di ca. 90 milioni di q di riso. Secondo cereale per importanza è il mais (43 milioni di q), introdotto dagli Spagnoli e oggi particolarmente diffuso nella valle del Cagayan e nella sezione sett. di Mindanao. Altri rilevanti prodotti alimentari sono le banane (36 milioni di q), le batate (8 milioni di q), la manioca (18 milioni di q), gli ortaggi e vari tipi di frutta, tra cui si annoverano ananassi , manghi e agrumi, oltre alle citate banane.

 Tra le colture industriali il primo posto è detenuto dalla canna da zucchero, coltivata anche in grandi piantagioni modernamente attrezzate: la produzione alimenta diversi zuccherifici che forniscono annualmente 14 milioni di q di zucchero, in buona parte esportati. Larga diffusione ha la palma da cocco (9-10 milioni di t di noci), anch'essa soprattutto presente nell'is. di Luzon e che dà forti contingenti all'esportazione di copra (19 milioni di q) e di olio, che è anzi in genere la prima voce dell'esportazione. Coltura oleifera secondaria è quella delle arachidi. Si coltivano inoltre varie piante tessili , tra cui la cosiddetta canapa di Manila o abaca (ca. 1 milione di q), le agavi (sisalana e maguey) e il ramiè; pregiato è il tabacco (570.000 q), di largo consumo locale e che ha la sua area più adatta nella valle del Cagayan e in genere a Luzon, oltre che nella parte occid. dell'is. di Mindanao.

Minore importanza ha la coltivazione del cacao, mentre importante è quella del caffè (ca. 1,4 milioni di q), per il quale il Paese è fra i principali produttori del continente. Anche le attività forestali hanno un ruolo economico di grande rilievo; boschi e foreste coprono il 40,5% della superficie territoriale  e alimentano numerose segherie che lavorano altresì per l'esportazione. La produzione complessiva di legname è di oltre 36 milioni di m3 annui; è largamente richiesto dai mercati esteri il mogano filippino, mentre per i più svariati usi interni è impiegato il bambù; buona consistenza ha del pari la produzione di caucciù naturale (1,4 milioni di q). L'eccessiva deforestazione ha già indotto però a sospendere almeno parzialmente l'esportazione di legname. 

Assai minore importanza riveste invece l'allevamento del bestiame, data anche la scarsissima estensione delle aree a prato e a pascolo (pari al 4% della superficie territoriale); il settore comprende i bufali (2,9 milioni di capi), animali tipicamente asiatici, mentre i bovini (ca. 1,7 milioni) furono introdotti dagli Spagnoli; abbastanza numerosi sono i suini (7,6 milioni di capi), essi pure di tradizionale allevamento, eccetto che nelle aree popolate dai musulmani, e ancor più i volatili da cortile (ca. 66 milioni di capi). Sopperiscono però alle necessità proteiche i prodotti della pesca: anche se è un settore suscettibile di notevoli sviluppi, fornisce già due milioni di t di pesce .Risorse minerarie e industrieLe risorse del sottosuolo sono varie e per certi minerali non trascurabili; il Paese ha infatti giacimenti di oro (già estratto in quantitativi molto rilevanti all'epoca degli Spagnoli, mentre oggi la produzione è modesta, aggirandosi sui 35.000 kg annui), manganese, nichel, ferro e soprattutto cromo, per il quale con ca. 20.000 t le F. occupano un buon posto nella graduatoria mondiale, e rame (ca. 220.000 t), di cui il Paese è stato in passato il maggior produttore asiatico.

 I minerali sono avviati all'esportazione allo stato grezzo mancando un'adeguata industria ditrasformazione locale.

 Il Paese invece è privo di importanti giacimenti di minerali energetici: l'is. di Cebu fornisce quantitativi modesti di carbone (ca. 1168.000 t), e ancor più esigui sono quelli di petrolio (289.000 t) che è estratto dal 1979 al largo dell'is. di Palawan. Per la produzione di energia elettrica (ca. 24.000 milioni di kWh) si ricorre al petrolio d'importazione e in piccola parte allo sfruttamento idrico, in particolare del f. Agno. § Le industrie riguardano sostanzialmente la lavorazione dei prodotti agricoli locali e comprendono perciò zuccherifici, impianti di pilatura e brillatura del riso, oleifici, tabacchifici, birrifici, ecc.; un rapido sviluppo hanno registrato però l'industria tessile, che lavora cotone in misura ormai sufficiente alle richieste interne, quella chimica, in particolare per i fertilizzanti azotati, e quella della carta, nonché nell'ultimo decennio il comparto dell'elettronica. Si hanno, inoltre, vari cementifici e alcuni impianti petrolchimici, piccole fabbriche di pneumatici, un complesso siderurgico e uno automobilistico, ma addetto solo all'assemblaggio.Comunicazioni e commercioIl problema delle comunicazioni è uno dei più gravi per le F., soprattutto a causa della frammentazione territoriale e della generale montuosità delle isole.

 Per i trasporti interinsulari, sia di merci sia di passeggeri, svolgono ancora un ruolo preminente i servizi marittimi; presentano già un discreto sviluppo le linee aeree, gestite dalla PAL (Philippines Airlines), che effettua altresì servizi con numerosi Paesi d'Asia e d'Europa, nonché con gli Stati Uniti e l'Australia. Le F. dispongono di oltre 80 aeroporti, ma solo quelli internazionali di Manila e di Cebu hanno una buona efficienza; la capitale è anche il vertice delle comunicazioni marittime, sia interne sia internazionali, ma porti attivi sono pure quelli di Cebu, Iloilo, Davao, Batangas e Zamboanga (tra piccoli e grandi le F. si avvalgono di oltre 500 scali portuali).

Il servizio ferroviario è particolarmente carente; solo Luzon è provvista di ferrovie, che si sviluppano complessivamente per 1059 km attraversando da N a S buona parte dell'isola (trascurabile è il breve tronco nell'isola di Panay). Più esteso, anche se esso pure carente, è il sistema stradale, che conta ca. 162.000 km di strade, di cui solo 21.000 km asfaltati. § Gli scambi internazionali  sono dominati dagli Stati Uniti e dal Giappone; il Paese esporta soprattutto olio di cocco e zucchero, quindi minerali di rame e legname, mentre importa in misura gravosa (pari a un terzo del totale) combustibili, macchinari e mezzi di trasporto; la bilancia commerciale è passiva (con un deficit peraltro piuttosto contenuto); buoni sono gli introiti del turismo (ca. 800.000 visitatori l’anno) nonostante le tormentate vicende degli anni Ottanta.

Informazione:

Il governo coloniale spagnolo permise nel 1811 la pubblicazione del periodico d'informazioni dall'Europa Del Superior Gobierno. Il primo quotidiano in spagnolo apparve nel 1846, La Esperanza, mentre uno in lingua tagalog uscì nel 1890 (Patnubay Nang Catolico). Con l'occupazione statunitense vi furono nuove pubblicazioni in inglese; altri quotidiani importanti furono La Indipendencia ed El Comercio. I principali quotidiani sono il People Tonight e il People's Journal (in inglese e nella lingua ufficiale), il Manila Bulletin (in inglese), il Philippine Daily Inquirer (in inglese), il Tempo (in inglese e nella lingua ufficiale) e il Balita (nella lingua ufficiale).

Sono in funzione cinque emittenti televisive, due pubbliche e tre private. La radio è invece completamente privata e rappresenta il principale mezzo di informazione. Nel 1988 erano stimati in circolazione 7.800.000 apparecchi radio e 2.100.000 televisori. Organizzazione militareL'esercito dispone di 68.000 uomini e può contare su una riserva addestrata di altri 80.000. La marina dispone di ca. 28.000 uomini e 10.000 marines. All'aviazione sono addetti 16.000 uomini con ca. 330 velivoli. Le forze di polizia contano su un potenziale di ca. 27.000 uomini.

Letteratura:

Le manifestazioni letterarie tradizionali preispaniche consistono in canti, formule magiche, incantesimi, recitati durante la semina e il raccolto o per altre occasioni o celebrazioni importanti, nonché in una ventina di epiche di varie etnie. Poche di queste sono state finora trascritte e tradotte in inglese, come i lam-ang degli Ilocani, hudhud degli Ifugao (Luzon) e tawaang dei Manuwù (Mindanao). Da ricordare anche l'epica darangan dei musulmani (Moros) di Mindanao, la cui recitazione dura una settimana. Fra i canti, notevoli i talindeo (canti dei barcaioli), i kumintang (canti guerreschi) e i kundinam, versi d'amore, da classificare fra le migliori creazioni popolari filippine. L'avvento degli Spagnoli dà un'impronta europea alla cultura delle F., unica per un paese asiatico. Alcuni tipi di teatro e di poesia rivelano chiaramente tali influenze. Così il moro-moro (o comedia) del sec. XVIII, rappresentazione melodrammatica delle vittorie cristiane sui musulmani (da menzionare Don Gonzalo de Cordoba, 1831, di A. Fajardo). Così il corrido, ballata cavalleresca tipicamente ispanica adattata al tagalog. E soprattutto l'awit, poema in endecasillabi, che esprime il meglio della letteratura tagalog premoderna, con Florante at Laura (1838) di Francisco Baltazar (1788-1862), noto con lo pseudonimo Balagtás, esaltato oltre i suoi modesti meriti. Accanto a lui è pure da menzionare un altro poeta, Huseng Sisiw (1746-1829). Produttiva anche la novellistica, con C. H. Panganiban (1894-1936) e D. A. Rosario (1894-1936).

 Fra i tanti, da ricordare il giovane J. A. Arceo, morto ventitreenne nel 1939, efficace imitatore di Edgar A. Poe, e Hernando R. Ocampo (1911-1978), pittore e narratore realista, avvicinato da molti a J. Joyce. Il suo capolavoro, la novella Bakyà (1939; Lo zoccolo di legno), scritta in inglese e in tagalog, è stata di recente portata sulla scena e sullo schermo. Molto attivo durante l'occupazione nipponica G. Abadilla (1905-1969). Ma la maggior ricchezza della letteratura tagalog è la poesia. Fra i nomi di spicco J. C. de Jesus (1896-1932) e Amado Hernandez (1903-1970), i cui bei poemi apparvero con oltre un decennio di ritardo, essendo stato imprigionato perché implicato nei moti comunisti. Ricordiamo in particolare Bayang Malaya (Popolo libero), composto nel 1955, stampato nel 1969, che si richiama per lo stile a Florante at Laura. Hernandez è considerato anche uno dei due migliori narratori in tagalog, accanto a Lope K. Santos, autore di Banaag at Siket (Raggi e sorrisi), che risale al 1906.

Intorno agli anni Sessanta si comincia a parlare di letteratura in filippino, non più in tagalog. Non si tratta solo di nomi, perché il filippino, duttile, aperto all'uso corrente, ai termini inglesi e spagnoli, si differenzia dal tagalog, un po' antiquato nel purismo dello stile e del lessico. Al tempo stesso la narrativa si fa più aderente alla realtà sociale, a cominciare dal romanzo di Hernandez Mga Ibong Mandaragit (1959; Gli uccelli da preda). E per la prima volta un romanzo filippino tratta di sessualità, con Ang Pagkamulat ni Magdalena (Il risveglio di Maddalena) di Abadilla. Anche la ricerca di un'identità nazionale si fa strada nella narrativa e il fiorire delle riviste accompagna lo sviluppo dello spirito critico e l'ampliarsi del pubblico. La poesia non resta estranea al rinnovamento. I giovani poeti rivelano tendenze più filosofiche e intellettualistiche, allontanandosi dalla vecchia ispirazione romantica e sentimentale. Sul piano stilistico e linguistico il rinnovamento è altrettanto profondo: v'è perfino – di recente – chi non disdegna di versificare (o scrivere in prosa) in engalog o taglish (due termini designanti il linguaggio colloquiale misto english-tagalog o tagalog-english). Numerosi dagli anni Sessanta in poi i racconti che palesano influenze del naturalismo americano. Notevole anche la fioritura della commedia in prosa.

La letteratura in spagnolo non ha prodotto opere importanti nei sec. XVII e XVIII, ma nel sec. XIX dà due capolavori alla letteratura filippina con i romanzi Noli me tangere (1887) e El Filibusterismo (1891), entrambi pubblicati all'estero, roventi atti d'accusa contro il bigottismo, il predominio degli ordini religiosi, e il malgoverno spagnolo, scritti dal medico, patriota e martire José Rizal (1861-1896), di cui vanno ricordate anche le belle liriche, particolarmente l'esaltante Ùltimo Adiós, composto alla vigilia della fucilazione. Qualche altro autore può degnamente affiancarsi a Rizal, come Pedro A. Paterno. Da ricordare anche il romanzo La loba negra (La lupa nera), scoperto dopo la fine del dominio spagnolo e attribuito a José A. Burgos, uno dei tre sacerdoti ingiustamente accusati di tradimento e condannati a morte nel 1872. Il periodico La Solidaridad, pubblicato dagli studenti filippini in Spagna (1889-95), prima a Barcellona poi a Madrid, dette impulso alla letteratura in spagnolo, che fu ancora produttiva per qualche decennio. Da ricordare il poema Bajo los cocoteros (1911; Sotto le palme) di Claro M. Recto, futuro primo presidente di una repubblica non ancora completamente indipendente, nel 1934; dello stesso autore è il dramma Solo entre las sombras (1917; Solo tra le ombre), il romanzo di Anton Abad, El campeón (1939), e pochi altri. Ma nel dopoguerra il calo dell'uso della lingua spagnola porta negli anni Cinquanta all'estinzione di questo ramo della letteratura filippina, mentre si va affermando sempre più l'inglese, anche con una produzione letteraria rigogliosa, accanto a quella in tagalog-filippino.

Molti narratori s'ispirano alla storia e alle tradizioni: Linda Ty-Casper con The Peninsular (1964) e Three-Cornered Sun (1979); R. Demetillo con il racconto in versi Barter in Panay (1961), ispirato a un'antica leggenda; Severino Montano con i drammi The Parting at Calamba (1953) e The Love of Leonor Rivera (1954), che evocano la figura di José Rizal, mentre Adrian Cristobal si rifà a un altro eroe nazionale, Andrés Bonifacio, con il dramma The Trial (1963). Anche d'ispirazione storica la raccolta di versi di Alejandrino Hufana, Poro Point (1961). Sempre più frequente negli ultimi decenni è la ricerca dell'identità nazionale nelle tradizioni etniche, come nei racconti Look, Stranger, on this Island Now (1963) di N. M. V. Gonzalez e nel suo romanzo A Season of Grace (1956), negli avvincenti poemi di José Garcia Villa; (Many Voices; 1939), nelle novelle di Gregorio Brillantes (The Distance to Andromeda; 1960) e nei romanzi di Nick Joaquin (The Woman Who Had Two Navels; 1961) e di Bienvenido Santos (Scent of Apples; 1979).

 Infine, accanto alle tre maggiori, in tagalog-filippino, spagnolo e inglese, presentano una certa importanza, per la narrativa e il teatro, alcune letterature minori, come la hiligaynon e la [ dalle influenze culturali delle antiche civiltà del continente asiatico, e tuttavia nota quale punto d'incontro dei traffici mercantili indiani, cinesi, musulmani e dell'Occidente colonialistico, profondamente legata alle concezioni estetiche occidentali piuttosto che a quelle del mondo orientale, la produzione artistica delle F. ricerca ancor oggi una propria definizione quale arte “nazionale” o “filippina”. Prima dell'occupazione spagnola le manifestazioni artistiche delle culture indigene erano limitate a una produzione di carattere etnografico di cui le caratteristiche sculture lignee degli Anitos* sono l'espressione più alta. Quale alternativa alle culture indigene s'inserì nelle tradizioni locali l'arte occidentale dell'epoca coloniale spagnola (sec. XVI-XIX, espressa soprattutto nell'opulento barocchismo decorativo della tematica religiosa, che attingeva ai grandi esempi dell'arte spagnola e messicana: Manila, quale sede vescovile e residenza del governo, si costituisce a sintesi dell'arte delle F. in quest'epoca, sia nell'architettura religiosa e civile, sia nella pittura e nella scultura realizzate per decorare gli edifici.

Nel sec. XX le diverse sollecitazioni estetiche delle correnti artistiche europee e americane hanno offerto stimoli e impulsi nuovi agli artisti filippini delle generazioni operanti nel secondo dopoguerra, raccolti attorno all'Associazione Artistica Filippina, costituitasi nel 1948. La produzione contemporanea, volta al conseguimento di una propria identità creativa, è caratterizzata da un lato dallo sviluppo della tecnica del mosaico e dalla diffusione dei murales di derivazione messicana, dall'altro dalla reinterpretazione, secondo i colori e la sensibilità locali, delle iconografie religiose occidentali, in particolare il tema della madre e del bambino, Leitmotiv dell'arte filippina.

Cinema:

Nell'epoca del muto i prodotti di Hollywood costituirono l'unico alimento di una popolazione avida di cinema. Su loro imitazione e in studios rudimentali si girarono negli anni Trenta i primi film parlati in tagalog. Durante la II guerra mondiale Manila e Luzon produssero per gli invasori giapponesi. Negli anni Cinquanta si conobbero in Occidente Genghis Khan di Lou Salvador, Il serpente sulla croce di Gerardo de León (autore nel 1950 del notevole 48 ore), Badjao di Lamberto V. Avellana, tutti esemplari del genere storico-cavalleresco, coltivato fino agli anni Settanta con le saghe di Eddie Romero (Così eravamo... e adesso?) e Mario O'Hara (3 esseri e 3 anni senza Dio). Ma in quel decennio il primo grande cineasta filippino, Lino Brocka (m. 1991), ha guidato una nouvelle vague attraverso melodrammi fiammeggianti di lucida contestazione sociale e politica, tra i quali vanno segnalati almeno Tinimbag (1973), Manila: nelle grinfie delle tenebre (1975), Insiang (1977), Bona (1980), PX (1982), presentato al 1° festival di Manila, Caino e Abele (1982), Bayan Ko (1984), Les Insoumis (1990). Altri hanno seguito l'esempio di Brocka: p. es. Kidlat Tahimik (L'incubo profumato, 1976) e Mike de León (In un batter d'occhio).

Folclore:

Nel vasto quadro di genti e di tradizioni culturali spicca l'influenza della cultura spagnola, diffusa in profondità con l'opera di evangelizzazione forzata dei sec. XVI-XVIII. Per numero, durata e vistosità di manifestazioni il Paese eguaglia, se non supera, la cattolicissima Spagna. Molto seguite sono anche le parate celebrative di solennità civili e storiche, con apporti (come le majorettes) del folclore statunitense. Al vivo gusto per lo spettacolo si ricollega anche la passione popolare per i combattimenti di galli, allestiti in apposite arene. Matrimoni e altre circostanze offrono l'occasione, sempre meno seguita, per indossare i vestiti tradizionali di ispirazione spagnola, come l'elegante terno. Il barong tagalog, sottile e fresca camicia di stoffa di fibre di ananas, è l'abito tradizionale maschile, non completamente sostituito dall'abito all'europea. Nel folclore filippino si distinguono i canti funebri (sambitan) e nuziali (diona), e i canti di lavoro, cui si aggiungono canti e danze di derivazione spagnola . Tra gli strumenti più usati, il bajo de uña e la bandola, entrambi a corda pizzicata.

Storia:

Sebbene i Portoghesi fossero già sbarcati a Mindanao, provenienti da occidente, scopritore delle F. è considerato Magellano, che vi giunse da oriente durante il primo viaggio di circumnavigazione del globo (16 marzo 1521) e le chiamò “isole di San Lazzaro”. Nel 1542 Ruy López de Villalobos sbarcò a Mindanao e a Leyte e le battezzò “Filippine” in onore del principe ereditario di Spagna, il futuro Filippo II (il nome fu esteso poi a tutto l'arcipelago). Il vero conquistatore delle F. fu Miguel López de Legazpi, venuto dal Messico, che fissò la capitale a Manila (1570) e governò fino al 1571 col titolo di adelantado. I suoi successori, e in particolare Juan de Salcedo (detto l'Hernán Cortés delle F.), Guido de Lavezaris, Francisco de Sande, Gonzalo Ronquillo e altri, consolidarono la conquista, non senza sporadiche resistenze indigene. Nello stesso tempo, agostiniani, francescani, gesuiti e domenicani condussero una vigorosa azione evangelizzatrice.

L'enorme distanza dalla Spagna (con la quale i contatti avvenivano soltanto via Messico) e le frequenti lotte contro i pirati cinesi e musulmani, nonché contro irri ducibili nemici e concorrenti europei (Inglesi e Olandesi in primo luogo), misero spesso in grave difficoltà il dominio spagnolo nel sec. XVII, tanto che all'epoca di Filippo IV si pensò di abbandonare addirittura le isole. Manila però conobbe anche momenti di fioritura economica, come centro di smistamento di prodotti cinesi e giapponesi (seta, spezie, avori, ecc.), che pervenivano in Europa tramite la famosa “nave di Acapulco”. Il progresso si accentuò nella seconda metà del sec. XVIII, con lo stabilirsi dei contatti diretti con la Spagna, via Capo di Buona Speranza; e governatori di idee “illuminate” come José Basco (1778-87) introdussero metodi moderni in agricoltura e favorirono – con l'apporto decisivo della Reale Compagnia delle Filippine, creata da Carlo III nel 1785 e operante fino al 1834 – l'esportazione di tabacco, cotone, riso, zucchero, pepe, cannella, ecc. Anche la liberalizzazione dei commerci, sebbene limitata, contribuì alla valorizzazione delle isole.

Nel sec. XIX, mentre continuava il progresso sul piano economico, il diffondersi delle idee liberali e indipendentiste provocava repressioni sempre più dure da parte dei generali spagnoli (Oraa, Primo de Rivera e Izquierdo) che fecero fucilare vari patrioti, fra cui, nel 1896, José Rizal, considerato a buon diritto il padre dell'indipendenza nazionale. In conseguenza di ciò, una grande sommossa dei Tagali, capitanata da Emilio Aguinaldo e appoggiata dagli Stati Uniti, scoppiò in coincidenza con la guerra fra questi ultimi e la Spagna. Sconfitta per mare a Cavite (1898), la Spagna dovette cedere le F. agli Stati Uniti, in virtù del trattato di pace firmato a Parigi il 10 dicembre 1898. Mentre al Senato di Washington si svolgeva il dibattito che doveva concludersi il 6 febbraio 1899 con la ratifica del trattato medesimo, nelle isole la situazione si guastava rapidamente. I patrioti filippini, insorti per ottenere la piena indipendenza, si trovavano infatti di fronte al pericolo di annessione, di fatto, agli Stati Uniti. Così, dopo la proclamazione di indipendenza dalla Spagna, l'assemblea rivoluzionaria redigeva una Costituzione, che veniva promulgata il 23 gennaio 1899, mentre Aguinaldo era eletto presidente della Repubblica.

Il 4 febbraio scoppiavano le ostilità tra gli Statunitensi, in Manila, e i Filippini che circondavano la città; il 6, Aguinaldo dichiarava guerra agli Stati Uniti. La guerra, trasformata dai Filippini in guerriglia, volse in favore degli Statunitensi, che poterono considerarla vinta nel marzo del 1901, con la cattura di Aguinaldo, anche se i combattimenti durarono sino all'aprile 1902. Intanto il presidente McKinley aveva nominato (aprile 1900) W. H. Taft a capo d'una Commissione civile per il governo delle Filippine. A Taft, dal 1904, succedette una serie di governatori generali, sotto i quali furono soprattutto curati gli interessi, preminentemente economici, degli Stati Uniti. Una limitata forma di autogoverno interno fu concesso alle F. (nel 1907 fu inaugurata una prima Assemblea legislativa), ma solo con la prima presidenza di F. D. Roosevelt il movimento per l'indipendenza trovò rispondenza a Washington. Una legge del Congresso americano, firmata da Roosevelt nel marzo 1934 e ratificata dall'Assemblea filippina il 1° maggio seguente, stabiliva che le F. sarebbero divenute indipendenti nel 1946, assumendo nel periodo transitorio la figura di un Commonwealth legato agli Stati Uniti. Nel 1935 fu approvata la Costituzione e lo stesso anno M. Quezon fu eletto presidente.

Sottratte agli Stati Uniti dall'aggressione giapponese, le F. subirono tre anni di dura occupazione, finché furono liberate nell'ultimo anno di guerra (v. sottolemma per le battaglie). Washington mantenne l'impegno di concedere l'indipendenza nel 1946 e M. Roxas fu il primo presidente della Repubblica. Il governo di Manila entrò nell'orbita americana (Patto di assistenza militare del 1947, Trattato di reciproca difesa del 1951, rinnovato e modificato nel 1958, partecipazione alla S.E.A.T.O. invio di un contingente nel Vietnam) e si mantenne su posizioni rigidamente anticomuniste. A inasprire inizialmente la situazione contribuì la guerriglia condotta, dalla fine del 1949, dal movimento detto degli hukbalahap, che aveva prima combattuto contro l'occupante giapponese e ora tentava di ottenere con la forza quelle riforme sociali indispensabili, ma impossibili da ottenere per via legale.

Gli hukbalahap, di orientamento comunista, furono sopraffatti verso la metà degli anni Cinquanta. Il malessere sociale non venne però meno e il presidente F. Marcos (in carica dal 1965), di fronte alla ripresa della guerriglia, comunista al nord e musulmana al sud, proclamò nel 1972 la legge marziale; né il varo di una nuova Costituzione (1973), la successiva abolizione della legge marziale (1981) e le elezioni presidenziali dello stesso anno (che riconfermarono in carica Marcos) mutarono il carattere dittatoriale del regime. L'assassinio (1983) del senatore B. Aquino, capo dell'opposizione democratica, che rientrava in patria dopo tre anni di esilio, segnò d'altra parte l'inizio di un rapido tracollo della dittatura di Marcos, che dopo le elezioni presidenziali del febbraio 1986, svoltesi in un clima di violenza, era costretto ad abbandonare il Paese avendo perduto anche l'appoggio statunitense. Il potere veniva assunto dalla vedova di B. Aquino, Corazón, che avviava un difficile processo di normalizzazione, contrastato dai sostenitori del vecchio regime e complicato dal persistere della guerriglia. Impegnato nel difficile confronto con forze tanto diverse, il nuovo governo fu confortato durante l'anno seguente da due consultazioni popolari che gli fecero guadagnare la maggioranza dei seggi e permisero alla Aquino la conferma della presidenza. Alla continua attività della guerriglia, interrotta solo da brevi tregue, nello stesso 1987 si aggiunsero cinque tentativi di colpo di Stato, sventati unicamente grazie alla fedeltà del complesso dell'esercito.

La morte di Marcos e le elezioni del gennaio 1989, risoltesi nel successo della compagine governativa, hanno quindi consolidato la stabilità politica del Paese, appoggiato in modo più convinto dagli Stati Uniti, permettendogli di superare anche il tentato golpe del dicembre 1989. Le consultazioni presidenziali del maggio 1992, nelle quali la Aquino non si è ricandidata, hanno visto la vittoria di Fidel Ramos, resa ufficiale, dopo una lunga opera di spoglio gravata da sospetti di frodi elettorali, nel giugno dello stesso anno.

Battaglia delle Filippine:

Serie di operazioni aeronavali, anfibie e terrestri tra Giapponesi e Statunitensi nella II guerra mondiale, tra l'8 dicembre 1941 e il 4 luglio 1945. I Giapponesi occuparono l'intero arcipelago dal dicembre 1941 al giugno 1942, piegando l'estrema resistenza americana a Bataan e Corregidor nell'aprile-maggio 1942. Il 19-20 giugno 1944 si svolse una battaglia aeronavale tra le forze dell'ammiraglio Ozawa e la Task Force 58 dell'ammiraglio Mitscher, la cui vittoria consentì agli U.S.A. la completa conquista delle Marianne. Di qui gli Statunitensi ripresero con decisione l'iniziativa e fra il 23 e il 26 ottobre 1944, con la seconda battaglia navale delle F. (battaglia di Leyte), nel corso di tre scontri (battaglie di Samar, Surigao e Capo Engano) annientarono la potenza navale nipponica. Tra il dicembre 1944 e il luglio 1945 furono successivamente occupate dagli U.S.A. tutte le isole.

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