Inoltre, più del 90 per cento dei rifiuti urbani finisce in una discarica (legale o abusiva) che, nella quasi totalità dei casi, è stata realizzata senza alcuna misura di protezione ambientale.La conseguenza di una tale politica visto il rapido esaurimento delle discariche è che in numerose regioni italiane vi è un allarmante deficit delle possibilità di smaltimento e la situazione minaccia di aggravarsi. Continuando così, l'unico risultato sarà di aumentare la pressione su alcune aree (Roma, Campania, Puglia) nelle quali ci sono discariche (pubbliche o private) ancora capienti.
Sono spreconi i consumatori? Si, ma lo sono molto di più i
produttori. Questa nuova filosofia verde si sta
facendo strada in gran parte dell'Europa settentrionale e, in
particolare, in Germania, all'avanguardia nell'inversione di
tendenza. Di che cosa si tratta? Semplicemente di non scaricare
solo sui cittadini la responsabilità dei milioni di tonnellate
di rifiuti riversati ogni anno nell'ambiente, ma di mettere sul
banco degli imputati soprattutto i produttori. Insomma, se
l'industria ha creato un prodotto deve anche essere in grado e
non gli enti locali, di tenerlo fuori dalle discariche
e dagli inceneritori. Il ribaltamento delle responsabilità si
deve ad un ordinanza del governo tedesco che obbliga gli
industriali a riutilizzare le confezioni o a pagarne il
riciclaggio.
Tuttavia, per quanto riguarda la plastica, l'industria tedesca
non ha una struttura idonea al suo recupero e smaltimento. Il
problema è stato quindi superato esportando i rifiuti
gratuitamente, se non addiritura concedendo un incentivo alle
imprese che accettano. Secondo l'ultimo rapporto della
Federchimica, l'Italia sarebbe il Paese maggiormente sommerso da
questa valanga d'imballaggi esteri di plastica.
Insomma, siamo in presenza di una vera e propria situazione di
emergenza nella quale spicca la cronica mancanza di impianti
tecnologici e discariche in cui collocare i rifiuti. Regioni come
Lombardia, Liguria e Calabria hanno una capacità di smaltimento
deficitaria e molte altre regioni avranno un periodo di autonomia
di poco inferiore ai due anni.
Il motivo? Le leggi ci sono ma non hanno funzionato perché nella
loro formulazione non sono stati previsti strumenti capaci di
farle vivere e contemporaneamente è fallita la pianificazione
locale e centrale, mentre non ha mai preso il via l'azione di
controllo (informazione e repressione) sull'applicazione delle
direttive. Il programma triennale per la riduzione dei rifiuti
(contemplato dalla 475/1988) non ha emesso alcun vagito. I
consorzi obbligatori sono stati costituiti con anni di ritardo e
tuttora presentano difficoltà di decollo. La normativa sulle
materie prime secondarie (rischiava di legalizzare l'abusivismo
dei rifiuti industriali) è stata stroncata dalla Corte
Costituzionale e mai più riformulata. Eppoi, l'obbligo di
attivare servizi di raccolta differenziata (primo gennaio 1990),
approvato con la 475/1988 e ribadito con Dm del 29-5-1991, è
quasi del tutto disatteso nei comuni del nostro Paese. In più,
le azione di controllo non esistono proprio e manca addirittura
l'Albo degli Smaltitori che potrebbe essere un utile strumento di
controllo sui servizi di raccolta, trasporto e smaltimento
finale. Dunque, un quadro di diffusa illegalità, che vede
ugualmente responsabili Usl, Comuni, Province, Regioni e
Ministero.
Le autorità competenti per giustificare ritardi e inadempienza
preferiscono scaricare la responsabilità sulla mancanza di
interesse e di coscienza ecologica della gente. In realtà,
finché le amministrazioni delle regioni più ricche preferiscono
non prendere coscienza del problema rifiuti e continueranno a
smaltirli nelle aree più povere del Paese (in qualche caso a
mille chilometri di distanza), l'emergenza non potr&agreve
che crescere inesorabilmente.
Un discorso a parte merita l'assoluta carenza di pianificazione.
Ci sono i parametri sulla collocazione di un impianto in una data
zona? È sicuro? Sono stati interpellati gli abitanti? Tutte
domande che nella stragrande maggioranza dei casi non possono
ricevere che delle secche smentite.
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